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LE IMPERFEZIONI
09/04/2019

E' ufficiale: ci giochiamo tutto nei playoff. A cinque giornate dal termine del campionato non abbiamo più nulla da scoprire. E nemmeno più nulla da dire. Del resto, non vinciamo da un mese esatto. Questo perché il Verona è una squadra imperfetta. Accreditato di un rosa di vertice non ha mai espresso realmente il suo potenziale, propone un gioco insulso, fastidioso, subisce continue amnesie difensive e incassa reti assurde pur avendo il migliore portiere del campionato. Non tira mai in porta. In ogni partita hai sempre l'impressione che gli assenti abbiano ragione: ieri si sentiva la mancanza di Matos e Crescenzi, oggi quella di Zaccagni, domani quella di Pazzini e così via. Ma anche questo non è poi sempre vero: a Perugia, senza 6 titolari (titolare? concetto oscuro e non appartenente a Grosso) ha sfoderato la più bella prestazione dell'anno. Manca di continuità questa squadra, è immatura, confusa dentro perché ha l'ossessione di recitare un unico copione. Non necessariamente quello che porta poi al risultato. Quante occasioni abbiamo sprecato? Un'infinità. Il problema di fondo è che Grosso è un allenatore imperfetto. Complicato, contorto, incapace di trovare una strada da seguire. Avrà pure vinto il Mondiale e tanti scudetti da calciatore, ma da allenatore è rimasto prigioniero della logica dei pupazzetti della Playstation. Per noi, che abbiamo visto campioni veri in panchina come Bagnoli, Prandelli e Mandorlini che vincevano campionati con 15 o 16 giocatori al massimo (e come loro anche Cadè e Valcareggi) il socialismo tattico di Grosso appare non solo incomprensibile, ma anche una mortificazione nei riguardi del talento vero. Avesse a disposizione 50 giocatori, tutti troverebbero posto. Magari scoprendosi impiegati in due o tre ruoli diversi. Non importa. Il caos viene esaltato ad espressione di qualità e valore. Pazzesco. E i risultati sono davanti agli occhi.

Grosso è responsabile del fallimento stagionale di Di Carmine, un giocatore irriconoscibile. Non solo. Non distingue neppure il valore di Pazzini. Non sa esprimere un gioco decente. Ma soprattutto, il peccato mortale di Grosso è quello di mettere in campo una squadra che non emoziona. E, di conseguenza, che non riesce ad emozionarsi giocando. Ecco perché sa solo pareggiare e non riesce a venirne a capo. Sono soli in campo i gialloblu, abbandonati in panchina e in tribuna. Contratti, bloccati mentalmente, inespressi. Penosamente imperfetti.

E' curioso che quest'estate tutti scommettevano su Hellas, Benevento e Palermo per la promozione diretta. Un fallimento completo. Eppure avevano dalla loro investimenti nel mercato (soprattutto le due retrocesse), tradizione e pubblico. Come noi, anche loro hanno scoperto le proprie imperfezioni. Differenti dalle nostre, eppure altrettanto reali. Fatto sta che squadre normali, compatte e orgogliose come Brescia e Lecce ci hanno messo tutti in fila. Ma cosa hanno più di noi? Il Brescia ha semplicemente una dirigenza intelligente che, appena ha capito che la scommessa Suazo non riusciva a valorizzare il gruppo messo a disposizione, lo ha cambiato con Corini e la squadra ha iniziato a decollare. Miracolo? Macché, solo buonsenso. Noi invece, la nostra scommessa (persa) in panchina ce la siamo tenuta stretta fino in fondo ... per mancanza di alternative. Che fenomeno Setti! Non si smentisce mai. Il Lecce, neopromosso, pieno di carica emotiva e guidata da un guerriero come Liverani vola col vento in poppa di chi non ha nulla da perdere e una tradizione importante da recuperare. Ricorda tanto l'entusiasmo del primo Verona cadetto di Mandorlini. Altro calcio, quello. Era sempre spettacolo. E poi ci sarebbe il Pescara, salvato da Pillon l'anno scorso e lanciato quest'anno verso percorsi sconfinati. Senza fare mercato. Tutta un'altra storia rispetto alla nostra presunzione, al nostro narcisismo, alla nostra incapacità di crescere. E, se penso a chi prende le decisioni, alla nostra incompetenza.

Non mi interessa chi la spunterà alla fine nella lotta che porta alla promozione diretta. Non mi interessa perché noi non ci saremo. Adesso ci toccano i playoff. Per colpa nostra. Mai protagonisti. Mai pronti. Mai veri.

E qui comincia un'altra storia. Un campionato a eliminazione diretta pieno di trappole, completamente diverso. Tutto ciò che è accaduto finora non conta più. Tu puoi aver deluso tutta la stagione, ma trovare quell'energia positiva che ti rende imbattibile. Una battaglia dopo l'altra. L'anno scorso, in Lega Pro, il Cosenza qualificato quasi per caso all'ultimo posto disponibile infilò una dopo l'altra tutte le corazzate che si è trovato davanti conquistando un'incredibile promozione. E il Portogallo campione d'Europa? Chi ci avrebbe scommesso? I playoff resettano tutto. Si ricomincia tutto d'accapo. E' la rivincita morale dei perdenti. C'è spazio per tutti. Compreso per il Cittadella dei ragazzini terribili di Marchetti e Venturato che Setti non è riuscito a portare a Verona per affidarsi poi a D'Amico e Grosso. Pensa tu.

Purtroppo a questo dobbiamo attaccarci. Ferocemente. Per noi sarà l'ultima speranza di dare un senso a tanta sofferenza. E per Grosso l'ultima possibilità di dimostrare di essere un allenatore decente. Che tristezza, però.

Massimo

Colonna sonora: Correct me if I'm wrong, Freddy Cole.




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