Hellas Verona 1984/85

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MARCIA TRIONFALE

CAMPIONATO / IL PUNTO

di Carlo F. Chiesa

A un terzo del torneo i primi verdetti: sono in crisi le grandi favorite e il Verona prende il largo con un ritmo da primato


UN VERONA così è da dieci in pagella. Che poi vuol dire, né più né meno, chiare, fresche e dolci acque da scudetto. In dieci giornate, diciassette punti e solo tre pareggi (a Roma coi giallorossi, a Milano con l'Inter carrozzata Rummenigge e in casa con la Samp «Pershing due» di Bersellini); nessuna sconfitta, gioco e gol seminati in casa e fuori tra grandi e meno grandi con la disinvoltura di chi punta senza mezzi termini al raccolto più ambito: quello di primavera. La media attuale dei gialloblù prescinde da qualunque considerazione sulla crisi delle grandi «storiche»: è una marcia trionfale, da 51 punti finali, quelli che segnarono nel '76-77 il record della Juve. Le tre lunghezze di vantaggio degli scaligeri su Sampdoria e Torino d'altronde mandano inequivocabili sentori di fuga, mentre la graduatoria comincia a sgranarsi in testa e in coda, delineando ritardi precisi e annunciando i primi verdetti. Con il campionato che si è ormai lasciato alle spalle un terzo del cammino e nel momento in cui già sembrano lanciate le volate che contano, tentiamo una prima lettura tra le righe della classifica.

VERONA. L'ennesimo esame, forse il più difficile, l'ha superato frantumando ogni ostacolo e andando a far violenza a una regola, quella del Comunale granata, che stava diventando da tre domeniche una legge spietata. Mancavano Elkjaer e Ferroni, la squadra era reduce dal primo punto perso al Bentegodi e il calendario proponeva addirittura il Toro tritatutto da stuzzicare nella sua tana minata: in settimana il povero Bagnoli era stato dipinto da molti nelle scomode vesti di chi si prepari a uscire di casa durante un bombardamento aereo fidando nella protezione di un robusto parapioggia. Niente di più sbagliato: ai profeti di sventura che aspettavano il crollo gialloblù la squadra ha fornito l'ennesima risposta a muso duro: due a uno e tutti a casa, a meditare sulla forza di un complesso che si ostina a non mostrare effettivi punti deboli. Sul campo del Torino gli uomini di Bagnoli hanno a tratti fatto scintillare gli inequivocabili balenii dello strapotere: cosciente tranquillità in ogni fase di gioco, implacabile capacità di insinuarsi fulmineamente tra le pieghe di ogni minimo sbandamento avversario, estrema disponibilità ad affrontare l'avversario su ogni piano tattico. Da qualunque parte lo si rigiri, il gioiello di Bagnoli si mostra inattaccabile, impermeabile a qualunque intrusione. Il Torino non è stato certo a guardare: i suoi flutti furiosi si sono infranti a lungo sui contrafforti della diga gialloblù, il suo spumeggiare offensivo ha invaso ogni anfratto di partita con occasioni da rete, ma non c'è stato niente da fare. Si ha un bel da dire che la rosa a disposizione del tecnico made in Bovisa è ristretta, che mancano i rincalzi, che il bel castello di carte da primato rischia di infrangersi al suolo al primo refolo di vento contrario. La verità è che questo Verona dispone di pochi uomini, ma fidati e pronti a tutti gli usi: per un difensore che manca, sono disponibili Volpati o addirittura Briegel a proporre lussuose soluzioni di ricambio; per un attaccante che dà forfait, ecco servita l'agilità di Turchetta a provocare lo scompiglio giusto per consentire ai ciabattari di complemento – Briegel e magari Marangon – di infilare in rete maligni siluri. La mentalità della squadra è ormai la stessa in casa e fuori, e anche la lieve flessione delle ultime settimane è stata scrollata di dosso, assieme al Torino: la grande fuga è cominciata.




Dal «Guerin Sportivo» n. 48 del 28.11-04.12.1984

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