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IL «GUERRIERO» IN PANCA


IL «GUERRIERO» IN PANCA
IL «GUERRIERO» IN PANCA

No, non è Ficcadenti. Sgombriamo subito il campo, se ne parla già tanto in questi giorni, non mi sembra il caso di tornarci su. Lui è quello che siederà sull’altra panchina sabato prossimo. Chiamato da quel Treviso, in cui aveva chiuso la sua carriera agonistica e che aveva contribuito a portare dai Dilettanti fino alla Serie B.
Il Guerriero, con la g maiuscola, è Ezio Rossi. Calcisticamente non bello da vedere, ma estremamente utile. Non elegante, ma tanto efficace. Uno senza fronzoli, lineare, sul campo e anche nella vita.

A Verona lo abbiamo conosciuto così, in quell’annata memorabile, 1990/91.
Come non ricordare quel Campionato.
Si era chiusa, con una retrocessione, l’era Chiampan, il cui ultimo atto fu l’assunzione di un tecnico fra i più affermati e premiati in fatto di promozioni dalla B, Eugenio Fascetti. Ed ecco che irrompe, nella tranquillità di Verona, una finanziaria milanese, la Invest, che non conoscendo minimamente il mondo del calcio, commette fin dall’inizio una serie di gravi errori, che fan scattare da subito denunce e indagini. Si scoprono irregolarità. Nel contempo si susseguono a ritmo frenetico le nomine per quanto riguarda presidenza, vicepresidenza, direttore sportivo, amministratore delegato. Tutta da ridere, a questo proposito, la prima apparizione del nuovo presidente, un avvocato milanese, tale Angelo Di Palermo, che si presenta alla vigilia del campionato con queste due singolari referenze: «1) Non capisco niente di calcio; 2) Tutt’al più faccio il tifo per la Juventus». Poche settimane dopo è già sparito dalla circolazione, senza lasciare più traccia. Gli succede un giovane iraniano che vende tappeti, Emil Mirzakhanian. Per farla breve, questa ridicola passerella di personaggi da baraccone porta il nostro povero Hellas al fallimento per un mare di debiti, stipendi non pagati, conti aperti. Fortuna che in panchina c’è Fascetti che riesce a tenere la squadra lontano dalla tempesta societaria. In campo si vede un gruppo unito, compatto come ai tempi delle grandi soddisfazioni. Alla fine sarà serie A e penso che sia la prima volta, nella storia del calcio, che una squadra raggiunga la promozione benché la società sia fallita e i dirigenti siano spariti.

Ma torniamo al nostro, lui ha sempre detto che l’anno di Verona, quello del fallimento, vale come tre-quattro promozioni. Solo un gruppo di veri uomini poteva uscire da una situazione come quella. A un certo punto la squadra era a un bivio, c’era chi voleva mettere in mora la società, far fallire il Verona, farlo scomparire dal calcio, farlo ricominciare dai Dilettanti e c’era chi, invece, voleva solo giocare, fare il proprio lavoro a qualunque costo.
Ezio Rossi, Piero Fanna e Tullio Gritti furono i nocchieri che convinsero la ciurma a remare insieme verso quest’ultimo porto. Era un buon Verona, diventò un Verona fortissimo. C’è un’immagine emblematica che dimostra l’attaccamento ai colori di questo atleta esemplare: è lui, Ezio Rossi, a promozione avvenuta, che guida il gruppo, tenendo bene in mano un lembo della grande bandiera gialloblù, nel giro di campo, in un Bentegodi folle di entusiasmo.
Ecco, ho voluto evocare la sua generosità e la sua abnegazione, in questi tempi grigi, chè possano essere di monito a chi oggi porta la stessa maglia e gli stessi colori con ben altro entusiasmo.

CARLO

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Hellastory, 23/11/2006

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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