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HELLAS VERONA / Flashback

A SCUOLA DA NONNO LIDDAS

Hellastory: Flashback

A SCUOLA DA NONNO LIDDAS
A SCUOLA DA NONNO LIDDAS

Terza ed ultima puntata dedicata alla Stagione 1967/68. Abbiamo iniziato rievocando l'emozionante finale di campionato con la storica vittoria di Bari per 2 a 1, poi abbiamo posto la nostra attenzione sull'importanza storica del Presidente Garonzi, oggi ci occupiamo dell'aspetto tecnico-tattico di quella formazione per scoprire i giocatori che ne facevano parte e il modo in cui erano schierati in campo. Sarà molto interessante verificare non solo la modernità degli schemi predisposti da Liedholm, ma anche la loro indubbia efficacia. Inoltre, conoscere un pochino di più i giocatori di quella rosa, rappresenta un riconoscimento assoluto verso calciatori che, nel decennio successivo, hanno difeso con successo i colori del Verona ai massimi livelli.

Alcune precisazioni per iniziare. A partire dal 1950, il Metodo aveva lasciato spazio al Sistema e, dopo qualche tempo, alla sua filosofia. Dapprima abbiamo assistito infatti a una interpretazione piuttosto rigida ed ortodossa del famoso WM, poi abbiamo avuto una serie di evoluzioni e di variazioni sul tema derivanti dall'applicazione sempre più diffusa della tattica. Le soluzioni offerte, rivenienti dalle diverse interpretazioni culturali, hanno evoluto la teoria originale in una maggiore partecipazione di tutta la squadra alla fase difensiva e a quella offensiva. La morte del concetto assoluto di «difesa» (W) e «attacco» (M) rappresenta in questo periodo la nascita di nuovi ruoli - proiezione di un maggiore senso pratico - e di nuovi atteggiamenti - proiezione di maggiori consapevolezze tecniche.

La rosa a disposizione di un'intera stagione (38 partite di campionato più un paio almeno di Coppa Italia) era limitata a non più di 18-19 calciatori; non era attuabile la gestione delle sostituzioni di giocatori in panchina durante la partita per modificare l'assetto originale della squadra; la farmaceutica sportiva, scienza agli esordi, non sosteneva la resistenza e lo sviluppo muscolare degli atleti. Era accettato un calo di rendimento fisico durante la stagione, lungo anche 8-10 domeniche, come fase di recupero atletico e mentale. Ma nei momenti decisivi, all'inizio e nelle fase culminante del torneo, gli uomini migliori dovevano trovare in loro stessi e nel loro fisico, tutte le energie necessarie per dare il meglio di sé. Un dettaglio non insignificante infine: nonostante tutto ciò, la durata media della carriera di un calciatore era maggiore rispetto a quella attuale di circa 2,5 campionati. E non è poco.

Fatte queste premesse simuliamo ora di assistere, come facciamo spesso, all'ultima rifinitura prima di una partita importante. Una quindicina di giocatori in tuta gialloblu, come estensione del concetto di titolari, e un grande maestro a dirigerli, il migliore teorico in circolazione: nonno Liddas (Nils Liedholm).

LA DIFESA. In porta De Min, portiere un po' discontinuo ma in possesso di buona tecnica, discreto nelle uscite e agile tra i pali. Ingaggiato durante l'estate dopo una bella stagione a Pisa, quella attuale e la successiva in serie A rappresentano il culmine della sua carriera. Ma all'inizio il mister gli preferisce Bertola, meno funambolico ma altrettanto affidabile, titolare nella precedente stagione. Saranno i suoi numeri, nel corso del Campionato, a fare la differenza.

Davanti a lui Savoia, nell'innovativo ruolo di libero. Esistono due concezioni in merito: quella di difensore aggiunto; oppure quella di regista difensivo. Quando Cadè, nel campionato 1964/65, aveva introdotto a Verona il ruolo di libero, lo aveva fatto per rinforzare una difesa titubante impiegando Peretta, il difensore più esperto della rosa. Recentemente, gialloblu impegnati in questa posizione con finalità analoghe sono stati i vari Apolloni e Angan, anche se non è più di moda considerarli tali. Dell'altra categoria fanno parte invece gli estimatori del grande Franz Beckhembauer, un talento inimmaginabile, semplicemente il più forte difensore di sempre. Scirea e Franco Baresi appartengono a questa scuola di pensiero, mentre la più grande espressione gialloblu di questo modo di giocare è stato senz'altro Roberto Tricella ai tempi di Bagnoli. Savoia, come lui, nasce centrocampista, ha buoni numeri ed è dotato di un ottimo senso della posizione. Liedholm pertanto non ha dubbi: gli piazza il numero 5 sulle spalle, quello del campione tedesco, e lo arretra di 20 metri. Da lui devono partire tutte le azioni di gioco.

Ma avere un difensore così tecnico e per molti versi atipico implica la necessità di uno stopper roccioso e capace di gestire da solo le situazioni più critiche. Questo Verona può contare sul grintoso Ranghino e, come cambio, sul giovane talento Batistoni. Quest'ultimo diventerà uno dei migliori difensori centrali della storia del Verona: fortissimo di testa, dotato di buona tecnica, non ha paura di nessuno.

I due terzini esterni, secondo Liddas, devono sapere difendere e anche partecipare alla manovra: sovrapposizioni, buon possesso di palla e gioco di prima. A destra gioca il giovane Maggioni, di scuola juventina, sostituito nei momenti più difficili dal più esperto Tanello, coriaceo mediano capace anche di arretrare in marcatura e in grado di spingere con continuità sulla fascia; a sinistra l'eccellente Petrelli, mancino puro pieno di classe bravissimo anche a venire giù e crossare.

Vedo già qualcuno che sbarra gli occhi: ma questo Verona sembra quasi difendersi a zona. Attenzione, la difesa a zona nasce negli anni 30 e 40 con il Metodo, sarà poi il Sistema a opporre difensore a attaccante. Ma è sempre stato importante coprire gli spazi presidiando tutte le zone del campo. Sarà il mister a decidere poi di incollare Ranghino o Batistoni o Maggioni addosso agli attaccanti avversari più pericolosi. Purché qualcun altro, al suo posto, copra la zona rimasta isolata. Qualcuno pensava forse che gli olandesi, alcuni anni dopo, avessero scoperto da soli l'acqua calda?

CENTROCAMPO. Una fissa del nostro allenatore è il possesso di palla. Lui vince le partite a centrocampo e schiera sempre 3 giocatori in grado di costruire gioco. Del resto, sono i risultati a dargli ragione: il Milan Campione d'Italia del 1978/79 disponeva di Baresi- De Vecchi - Rivera; la Roma del 1982/83 di Di Bartolomei- Falcao - Prohaska. Il Verona del 1967/68, di Savoia -Mascetti - Maddè.

Per questo inventa Savoia libero e chiede a Garonzi due giocatori in grado di attuare il suo modulo: arrivano a Verona Mascetti dal Pisa e Maddè dal Milan. Mascetti e Maddè sono stati la migliore coppia di centrocampisti che abbia mai vestito la maglia gialloblu. Longilineo il primo, testa alta, lancio lungo, giocatore in grado di realizzare 6-7 reti a stagione, bravissimo a calciare i rigori. Di Mascetti, il capitano per eccellenza, dovremmo fare una monografia: oltre ad essere stato il migliore in assoluto nel suo ruolo, Ciccio (come era soprannominato) ha altri 2 record ad oggi imbattuti: il numero di presenze in serie A (232) e quello di reti realizzate (35). Al suo fianco Maddè, giocatore dotato di buona tecnica e molto dinamico; nato come esterno destro, coprirà di seguito tutti i ruoli di centrocampo sempre con risultati eccellenti. Insieme si integrano alla perfezione e costruiranno, in pratica, l'ossatura del centrocampo gialloblu per l'intero decennio di Garonzi.

Tanto potenziale tecnico ha bisogno di essere sviluppato: occorre il costante contributo dei terzini sulle fasce e di giocatori rapidi e concreti a metà campo. Sulla fascia destra Liedholm arretra di qualche metro Sega, in passato attaccante puro; sulla sinistra può contare sul dinamismo di Bonatti (6 gol in 31 partite): Sega e Bonatti sono le 2 frecce gialloblu. Quante sgroppate sulle fasce, quanti cross, quante triangolazioni!

Qualcuno avrà senz'altro notato, in questo progredire, un modulo tanto caro anche ai giorni nostri: stiamo vedendo, nel terreno di gioco, una sorta di 4/4/2 molto offensivo. Il nostro maestro, grandissimo giocatore del Milan e vice campione del mondo con la sua nazionale nel 1958, sta plasmando una squadra che obbedisce ai pilastri, più che alle regole, del gioco del calcio.

ATTACCO. In pratica, Liedholm costruisce una macchina da guerra potente e micidiale al tempo stesso. Chiede a 7 giocatori di partecipare al gioco: 3 devono tessere le trame, 4 le devono attuare; ma ha assoluto bisogno di qualcuno che concretizzi tutto questo potenziale. Garonzi si presenta ai tifosi gialloblu, fresco di Presidenza, con il migliore in assoluto: Gianni Bui. Immaginate un gigante alto 1,85, ben 10 centimetri più della media degli altri giocatori, eccezionale nel gioco di testa, fortissimo di sinistro, immarcabile in area di rigore. Bui è un cacciabombardiere: 12 gol in questa stagione; ben 15 (in 26 gare e 0 rigori) l'anno successivo (media di 0,57 gol a partita!) in coppia con Traspedini, vice capocannoniere della serie A dietro a Gigi Riva; 5 nella terza e ultima stagione condizionata da incomprensioni con il tecnico dell'epoca (Lucchi). Al suo fianco giocano Nuti (6 gol in 27 partite), un buon attaccante talvolta discontinuo, oppure Flaborea, giocatore alla fine della carriera ma molto dotato tecnicamente.

Alla fine del nostro allenamento virtuale abbiamo visto tutto quello che il calcio moderno in quei giorni poteva offrirci: una squadra praticamente perfetta, un grande allenatore, giocatori giovani e motivati, pieni di talento e con la mentalità giusta. Al momento non lo sanno ancora, ma stanno per portare il nostro Verona al traguardo della promozione in serie A, e avranno tutti un avvenire pieno di soddisfazioni e di successi professionali. C'è da essere orgogliosi di loro.

Massimo

N.B.: Nel riquadro qui a fianco: in piedi: Bertola, Rinero, Sega, Petrelli, Bui, Mascetti; accosciati: Maddè, Ranghino, Bonatti, Savoia, Flaborea.

[Leggi la scheda di Nils Liedholm]



Hellastory, 04/05/2004

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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