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BILANCI 2012-2020: ANALISI DEGLI 8 ANNI DI GESTIONE SETTI

Parte 1

 

 

SETTI SULL'OTTOVOLANTE: Fare il Presidente del Verona non è mai stato facile: come per tutte le squadre che hanno una tifoseria calorosa, i momenti esaltanti vissuti nei periodi di successo lasciano presto il passo alle contestazioni non appena gira il vento. La storia del club gialloblu lo insegna ed anche Setti non ha fatto eccezione. Il bilancio della sua gestione sportiva è sotto gli occhi di tutti e ha poco senso dilungarsi: in 8 stagioni concluse il suo Verona ha ottenuto 3 promozioni in serie A (2012/13, 2016/17 e 2018/19; nessuno ci era riuscito a Verona) e 2 retrocessioni in serie B (2015/16 e 2017/18). Ha raccolto una squadra reduce da un quarto posto con sconfitta ai playoff in Serie B (stagione 2011/12) portandola oggi al nono posto in Serie A. Provando a fare una valutazione spassionata, per quanto possibile, si tratta di un bilancio certamente con segno positivo, e non solo perché a quasi nove di distanza l'Hellas si trova molto più in alto rispetto a dov'era partito. Certo le due cadute del Verona di Setti sono state fragorose ed umilianti per come sono venute ed hanno inevitabilmente portato a contestazioni molto pesanti (gli adesivi sparsi per tutta la provincia ne sono ancora una testimonianza), tuttavia il carpigiano ha sempre saputo rialzarsi, capitalizzando al meglio i generosi paracaduti del calcio moderno e dimostrando un'innegabile capacità di re-inventarsi e rilanciarsi nelle difficoltà. Ed in questo ottovolante tra serie A e serie B, il Verona di Setti ha anche regalato momenti capaci di reggere il paragone con il miglio passato della storia del club, come la prima serie A con Mandorlini, Toni ed Iturbe e l'esaltante traiettoria del Verona di Juric.
Se il bilancio della gestione sportiva di Setti è ben noto, non è forse ancora stato sufficientemente approfondito il bilancio della sua gestione economica. In realtà mai come nel calcio moderno, in cui le squadre di calcio sono diventate società per azioni che devono innanzitutto muovere denaro e far quadrare i conti, l'attenzione anche agli aspetti contabili delle vicende del club gialloblu è stata così viva e capace di suscitare discussioni. Ogni anno, in occasione del rilascio del bilancio d'esercizio, sui social vengono pubblicati articoli, come quello degli amici de "Il Verona col cuore", che sviscerano le principali informazioni ricavabili dalla lettura dei documenti contabili. Il Verona di Setti ha poi attirato più volte l'attenzione della stampa nazionale, per via dei rapporti che eufemisticamente potremmo definire opachi con Gabriele Volpi, facoltoso presidente dello Spezia calcio ed imprenditore chiacchierato per i suoi traffici con l'Africa e presunte irregolarità nella gestione della società di pallanuoto Pro Recco. Quello che forse è mancata finora è, però, una visione d'insieme di tutti gli anni della gestione Setti, capace di analizzare i dati dei bilanci d'esercizio in un'ottica pluriennale, slegandosi dalle preoccupazioni che inevitabilmente accompagnano l'interpretazione della singola stagione. E' quello che proveremo a fare in questo speciale di Hellastory in 3 puntate, cercando di usare un taglio che sia allo stesso tempo analitico ma anche facilmente comprensibile a tutti.

I 4 VERONA DI SETTI: Il Verona di Setti ha vissuto finora quattro diverse fasi, contraddistinte ciascuna da una diversa gestione tecnico-sportiva. La centralità della figura del direttore sportivo, in una società che ha una proprietà senza grandi mezzi propri da investire (così come segnalammo ancora all'inizio dell'avventura di Setti in gialloblu, può essere difficilmente ignorata. Nel caso del Verona negli anni si sono succeduti Sean Sogliano, Riccardo Bigon, Pietro Fusco ed infine Tony D'Amico: i risultati sportivi di queste gestioni li conosciamo bene, ma che dire di quelli economici? Per darci una risposta, abbiamo riportato nel grafico seguente il valore della produzione ed i risultati ante-imposte del Verona negli anni di presidenza Setti (le barre piene indicano le stagioni in Serie A, le barre punteggiate le stagioni in Serie B).

Tabella 1. Valore della produzione e risultati ante-imposte Hellas Verona negli anni di Setti
Tabella 1. Valore della produzione e risultati ante-imposte Hellas Verona negli anni di Setti

Per valutare il risultato economico della gestione abbiamo preso a riferimento il risultato ante-imposte perché, non essendo "sporcato" da logiche fiscali, riteniamo rifletta meglio l'effettiva capacità della gestione di produrre o distruggere valore.
Ebbene, cosa dicono i dati? Una prima cosa balza subito agli occhi: i tre anni di gestione Sogliano, sportivamente esaltanti, "bruciarono" più di 15 milioni di Euro dal punto di vista economico. L'anno della risalita in Serie A, il 2012/13, si chiuse infatti comprensibilmente con una perdita di 7,2 milioni di Euro, per i forti investimenti che la Società effettuò in estate per risalire subito nel massimo campionato senza potersi giovare dei paracadute che hanno generosamente sostenuto i successivi campionati di serie B. La prima esaltante stagione in A, quella di Toni ed Iturbe, per intenderci, vide un bilancio solo "contabilmente" positivo con un risultato netto ante-imposte di circa 15,5 milioni di Euro; senza la plusvalenza straordinaria e non legata alla gestione sportiva di circa 16 milioni di Euro legata alla cessione ad una società neo-costituita (la Hellas Verona Marketing & Communication) del marchio Hellas Verona, e nonostante la cessione milionaria di Jorginho, il risultato sarebbe stato infatti negativo di circa 0,5 milioni di Euro. Il bilancio 2014/15, infine, registrò una nuova perdita ante-imposte pesante, questa volta di 8 milioni di Euro circa. Alla luce di questi numeri, diventa maggiormente comprensibile la scelta di Setti che, nella primavera 2015, decise di chiudere il rapporto con Sogliano, nonostante gli indubbi risultati positivi raggiunti sul piano sportivo ed il forte feeling a livello umano. Sogliano aveva un modo di gestire la società caratterizzato da un gran numero di operazioni di mercato, di cui solo una parte qualitativamente efficace, e con una certa attenzione per i grandi nomi (qui probabilmente però c'era anche lo zampino di Setti) che, semplicemente, non era più sostenibile per una realtà come quella di Verona. Sebbene alcuni "vedovi" del bello e carismatico Sean (che nei due anni di Serie A maturò un compenso lordo di 920 mila Euro l'anno, corrispondenti grosso modo ad una retribuzione netta per il dipendente di 520 mila Euro) sembrano non esserne ancora resi conto, il periodo di Sogliano, nella storia del Verona di Setti, può essere visto come quello degli anni ruggenti della giovinezza che non conosce domani. Li ricordiamo con nostalgia, ma ad un certo punto tocca fare i conti con la realtà, lasciando spazio al raziocinio ed alla prudenza degli adulti.

Fu così che Setti decise di affidare la gestione a Riccardo Bigon, uomo dal volto grigio e l'espressione da burocrate, con cui il patron carpigiano sembrò voler demarcare anche a livello estetico un netto distacco dalla gestione "brillante" dell'era Sogliano. Una scelta all'insegna anche della riduzione dei costi: il bilancio 2015/16 segnalava spese per direttori sportivi complessive per 645 mila Euro, includendo forse anche una quota di buonuscita riconosciuta a Sogliano. Il risultato fu disastroso sia sul campo, dove l'Hellas retrocesse senza quasi mai giocarsela, che dal punto di vista economico: per "salvare" il bilancio, che chiuse con un utile ante imposte di 662 mila Euro, in Società furono costretti a ricorrere alla triste prassi delle plusvalenze "fittizie" per 4,5 milioni di Euro, ottenute scambiando con società compiacenti a valori gonfiati dei tesserati sconosciuti (nel caso in specie i carneadi Lancia ed Andriuoli). In estate arrivò inevitabile la bocciatura per il direttore sportivo figlio d'arte, e Setti si affidò all'arte di arrangiarsi napoletana, incarnata da Pietro Fusco, dirigente con una sola fugace esperienza a Bologna, presentato in gialloblu insieme al nuovo mister Fabio Pecchia. Il compenso riconosciuo a Fusco fu di 273 mila Euro nell'anno della Serie B e 431 mila Euro in quello di Serie A, valori corrispondenti ad una retribuzione netta per il dipendente rispettivamente di circa 155 e 245 mila Euro. Dal punto di vista del grigiore, il duo Fusco-Pecchia mantenne gli standard elevati del predecessore Bigon ed anche sul campo le cose non cambiarono granchè: in Serie B, dopo un avvio brillante, il Verona, pur disponendo di una rosa superiore alle concorrenti, soffrì terribilmente fino alla fine per spuntare la promozione; l'anno successivo, in serie A, fu una caporetto, con una retrocessione senza appello ancora peggiore di quella dell'era Bigon. Fusco ebbe almeno la capacità, operando sul mercato praticamente senza budget con prestiti, parametri zero e scambi, di far quadrare i conti senza ricorrere a trucchetti contabili: i due bilanci della sua gestione si sono chiusi infatti con un utile ante-imposte rispettivamente di 707 mila Euro (nel 2016/17) e di 676 mila Euro (stagione 2017/18).

Setti, per la quarta volta, ripartì da zero nell'estate 2018: la scelta degli uomini sembrò malauguratamente ripercorrere le logiche della gestione precedente. Come nuovo direttore sportivo il presidente decise di promuovere il giovanissimo Tony D'Amico, già in società da un anno come braccio destro di Fusco, mentre in panchina, a forte richiesta dello stesso D'Amico si sedette Fabio Grosso che, come Pecchia, vantava ottime referenze a Coverciano e pessimi risultati sul campo. Una scelta low-cost: i compensi al direttore sportivo sono infatti stati pari a 266 mila Euro nel 2018/19 ed a 286 mila Euro nel 2019/20 (valore quest'ultimo in qualche modo stimato, perchè il dato in bilancio non è chiarissimo), corrispondenti ad una retribuzione netta per il dirigente di circa 150 e 160 mila Euro; cifre importanti ma decisamente inferiori rispetto a quelle dei predecessori. D'Amico, com'era accaduto con Fusco-Pecchia, risultò da subito legatissimo a Grosso (in passato i due erano stati compagni di squadra al Chieti) ed ancora una volta questo legame rischiò di essere fatale per il più bravo dei due (D'Amico): a disposizione di Grosso venne messa una squadra con tutte le carte in regola per la promozione diretta ed anche nel mercato di gennaio D'Amico si mosse benissimo, portando a Verona Faraoni, Vitale e Di Gaudio. Ciononostante la squadra sul campo dimostrò di non avere né capo né coda, senza che qualcuno in società si decidesse a mandar via un Grosso palesemente inadeguato. Solo quando venne superata ogni limite di decenza, Setti affidò finalmente la squadra ad un onesto mestierante della cadetteria come l'ex gialloblu Alfredo Aglietti. Bastò un minimo di raziocinio e le potenzialità della rosa emersero con una fantastica cavalcata che portò alla promozione ai play-off ed al notevole risultato, sotto il profilo contabile, di un bilancio in utile ante-imposte di 1,4 milioni di Euro. Siamo così arrivati alla storia recente; Setti, con la sua migliore intuizione da quando è a Verona e contro il volere di tutta la piazza, nell'estate 2019 decide di portare sulla panchina gialloblu mister Juric, reduce da diverse esperienze negative al Genoa ma che in passato con Mantova e Crotone aveva dimostrato di essere uno degli allenatori emergenti più interessanti in assoluto del panorama italiano. Nella scelta del mister croato, comunque, un ruolo rilevante lo svolge proprio D'Amico, convinto che Juric sia un fuoriclasse ancora inespresso. Juric si dimostra presto una sorta di Re Mida, capace di trasformare in oro il materiale messo a sua disposizione, sia sul piano sportivo che economico. Le cessioni di Rrhamani ed Amrabat a fine stagione regalano un risultato economico record per il Verona nel bilancio 2019/20, che chiude con un utile ante-imposte di 9,8 milioni di Euro, ottenuto scontando anche 3,06 milioni di Euro di remunerazione dell'amministratore Setti e una seconda parte di stagione gravemente penalizzata dalla pandemia da Covid-19 con almeno 3-4 milioni di ricavi sottratti dalla chiusura degli stadi e gli sconti sui diritti televisivi. Molto merito, lo abbiamo detto, va a Juric, ma D'Amico dimostra ancora una volta di sapere costruire squadre competitive operando quasi a costo zero. Qualità confermate al momento anche nella stagione 2020/21, della quale ovviamente non esiste ancora un bilancio, ma che, come vedremo più avanti, si profila altrettanto ricca dal punto di vista del risultato economico.
In breve potremmo allora riassumere così le "pagelle" dei direttori sportivi succedutisi alla guida dell'Hellas.

Tabella 2. Le pagelle dei direttori sportivi negli anni di presidenza Setti
Tabella 2. Le pagelle dei direttori sportivi negli anni di presidenza Setti

Per chiudere, facciamo un breve cenno in merito al chiacchieratissimo (in questi ultimi giorni) generoso compenso che l'Hellas Verona ha riconosciuto all'amministratore unico Maurizio Setti, che nella stagione 2019/20 è risultato il secondo più pagato in assoluto tra i dirigenti ed amministratori di Serie A, dietro solamente al CEO del Milan Gazidis (3,15 milioni di Euro) e davanti a Paratici della Juventus (2,88 milioni di Euro). Spulciando nei bilanci passati non c'è traccia di compensi agli amministratori del Verona fino al bilancio 2016/17 (si tratta di un'informazione che dovrebbe essere fornita obbligatoriamente per cui si può presumere che il CdA non maturasse compensi in quegli anni); nel 2017/18 il costo sostenuto dalla società per il compenso riconosciuto all'amministratore unico Setti fu di 202 mila Euro, mentre nel 2018/19 salì a 209 mila Euro (si tratta di valori lordi, a cui devono essere tolti i contributi in carico all'azienda ed all'amministratore e le imposte personali in carico all'amministratore). Il compenso 2019/20, così elevato, è stato quindi un fatto eccezionale, reso possibile dall'ottimo andamento del bilancio gialloblu e, forse, legato alla necessità da parte del patron carpigiano di accantonare risorse per gestire le possibili difficoltà di altre società di sua proprietà anche in ragione degli effetti economici della pandemia da Covid-19.

 

Enrico


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Hellastory, 07/01/2021

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

Qual è stato il miglior gialloblu in campo in

H.Verona-Milan?



H.Verona    Milan


Cabal J.

Centonze F.

Coppola D.

Dawidowicz P.

Duda O.

Folorunsho M.

Lazovic D.

Magnani G.

Mitrovic S.

Montipò L.

Noslin T.

Serdar S.

Silva D.

Suslov T.

Swiderski K.

Vinagre R.


 


Riepilogo stagionale e classifica generale




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