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CANONE INVERSO: DUE PAROLE SULLA FUSIONE CHIEVO-HELLAS VERONA
29/01/2004

Il ritorno di fiamma che abbiamo percepito in questi ultimi giorni, sulla possibile fusione tra Chievo e Hellas Verona, amplificato da Mediaset e ribadito di recente dall'Arena e oggi dalla Gazzetta dello Sport, merita dunque un approfondimento.



Nessuno sa esattamente lo stato effettivo della trattativa, ma così come ci viene proposta, lascia intendere che possa essere conclusa in tempi ragionevolmente rapidi. Tutta la faccenda sembra seguire un preciso piano di adesione e di coinvolgimento. All'inizio, e mi riferisco ai primi timidi annunci avvenuti circa 40 giorni fa, si è pensato a lanciare l'idea per conoscere la reazione dei tifosi; poi, e veniamo ai giorni nostri, si è rilanciato il piano coinvolgendo anche il pensiero degli opinionisti e degli addetti ai lavori. Infine, nessuno delle parti chiamate in causa, ha smentito sdegnosamente. A breve, a questo punto, è molto probabile che il progetto si chiuderà.



Una situazione analoga si era presentata circa un anno fa a Genova con l'ipotesi di fusione tra Sampdoria e Genoa, società entrambe in crisi economica e di risultati, che aveva coinvolto media, operatori e tutti i tifosi della città ligure. Poi, come sappiamo, non se ne è fatto nulla per il semplice motivo che entrambe le società hanno cambiato proprietario: Garrone ha acquisito la squadra blu cerchiata e l'ha portata in serie A; Preziosi ha salvato quella rossoblu. A questo punto, l'onore è salvo e tutti nemici più di prima.



A Verona invece la voce regge perché il Chievo, in serie A, soffre il male del calcio, sbilanciato nella endemica limitatezza dei suoi ricavi e nella pericolosa crescita dei costi; l'Hellas, d'altra parte, con una proprietà a scadenza, non vede l'ora di trovare un nuovo assetto societario.



In fondo, parliamoci chiaro, fusioni come queste, anche se mai così clamorose, le abbiamo viste anche quest'estate. Come altro definire il (contestato) ingresso nel Modena da parte del calciofilo Preziosi (sempre lui!): una fetta di minoranza della quota azionaria, liquidi iniettati subito in bilancio, e l'arrivo in dote di 4 o 5 giocatori di «sua» proprietà a rinforzare la rosa di Malesani.



Tornando a Verona, se guardiamo in giro, tutti sono concordi sulla bontà dell'iniziativa. Tranne i tifosi. Anzi, tranne alcuni tifosi, visto l'esito assolutamente non plebiscitario dei vari sondaggi proposti. Insomma, anche tra di noi, il 20-30% vede di buon occhio la fusione col Chievo, purché il Verona venga promosso d'ufficio in serie A e la nuova squadra mantenga il suo nobile nome. Per i colori sociali, poi, non c'è nemmeno problema.



Io, da parte mia, non sono assolutamente d'accordo. E con me ci sono quei nostalgici che non accettano di buon cuore questa soluzione. L'Hellas Verona ha una sua storia, un suo valore, una sua tradizione. Da questo punto di vista, è giusto in futuro farsi rappresentare dai dirigenti e dai giocatori della società che divide e contende oggi la città di Verona? Quanto della nostra identità possiamo riconoscere nel nuovo mostro che si creerebbe? Ve lo immaginate, la domenica sera, Del neri o Campedelli parlare della vittoria dell'Hellas Verona con gol di Italiano? Forse, fuori dalla città e in giro per l'Italia, nessuno se ne rende effettivamente conto, i cronisti neppure se ne accorgerebbero, ma io, personalmente, avrei un senso di confusione e di fastidio.



Se ci tolgono il nostro orgoglio di essere hellassini, pur con tutte le difficoltà che stiamo vivendo sul campo e fuori in questi giorni, cosa ci rimane?



Nemmeno dalla parte dei tifosi clivensi, immagino, la cosa è molto gradita: una squadra come la loro, seguitissima e apprezzata a livello internazionale, diluita e confusa in un'altra. Con la conseguente perdita di quei significati e di quell'unicità che li ha portati a essere, fino a questo momento, originali e rari.



Qui non si tratta di fondere insieme Roma e Lodigiani; Fiorentina e Rondinella; Milan e Pro Sesto; Perugia e Gualdo. Qui vi sono due realtà analoghe, di pari seguito, valore e contenuto, che verrebbero mescolate e fuse in un nuovo prodotto diverso dall'attuale e distinto dal passato.



E' una novità assoluta questa, nel mondo del calcio. E occorre che tutti, prima di accettarla di buon grado, pensino bene a quello che significa cancellare, in un colpo solo, Hellas Verona e Chievo insieme. Perché di questo si tratta.



Nel frattempo, non possiamo che prendere nota di quello che tutti i fautori dell'iniziativa dichiarano per giustificane l'utilità. E sono molti, come potete notare.



-Piace a Pastorello che liquida la società con una uscita geniale. Ve lo immaginate, avrebbe pure il coraggio di dirci che lascia l'Hellas in serie A•….

-Piace a Campedelli che vedrebbe raddoppiato o quasi il numero di abbonati e la disponibilità di denaro fresco derivante dalla cessione dei giocatori in esubero.

-Piace a Sartori che si trova in dote proprio i giocatori che servono al suo Chievo: un portiere (Pegolo) per il decano Marcheggiani; un regista (Italiano) che insegue da tempo; un attaccante (Waigo) giovane e promettente adattissimo al modulo di Del neri. E in più un parco giovani del Settore Giovanile di buon valore.



Ma siamo così certi che il nuovo Verona, oltre a non essere assolutamente rappresentativo di tutti i suoi tifosi, riesca in questo modo a risolvere in maniera definitiva i suoi problemi e non semplicemente a rinviarli?



Guardate che fondere insieme 2 società, non vuol dire sommare i punti in classifica e nemmeno il patrimonio da gestire. Non vorrei che poi, finita la passione e il disonore dell'atto legale e finanziario, ci troviamo ancora una volta una nuova società limitata e comunque in lotta per non retrocedere. Allora, ne valeva davvero la pena?



Certo che, se qualcuno (Garonzi?), con l'orgoglio dell'essere tifoso hellassino e i soldi necessari, impedisse la creazione di questa mostruosità•…



E credetemi, non importa se ricominceremo il prossimo campionato dalla serie C1 o dalla serie B. Basta che ci sia ancora il nostro vecchio Hellas Verona, unico e inconfondibile, onorato e patito da tutti noi con le nostre bandiere, i nostri cori, la nostra fierezza. Tutte cose queste che non possono essere cedute a nessuno, per niente al mondo.



Massimo



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