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PROSSIMO IMPEGNO
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Ogni comunità sociale (gruppo di lavoro, di intrattenimento o familiare che sia) per funzionare ha bisogno che, al suo interno, vengano ricoperti una serie di ruoli specifici. È infatti necessaria la presenza di colonne, ovvero soggetti affidabili e risolutori, di sarti silenziosi in grado di cucire le relazioni con la loro disponibilità e capacità di adattamento, di almeno un leader emotivo che prende le decisioni e trascina verso l'obiettivo e perfino di un bastian contrario, ruolo positivo quando finalizzato a mettere in discussione processi e decisioni troppo accomodanti e poco profittevoli. I ruoli non vengono assegnati a tavolino, emergono spontaneamente a seconda dell'indole e può accadere che se ne copra occasionalmente più di uno. Escludendo in partenza l'individuazione del bastian contrario per ovvi motivi, Il Verona di quest'anno ha ben identificabili le proprie colonne (Faraoni, Veloso, Lazovic, Ilic, Magnani, Barak) e i sarti silenti (Tameze, Ceccherini, Casale, Dawidowicz, Gunter). In prospettiva, anche i nuovi arrivati Hongla, Montipò, Caprari e Frabotta potranno assumere un ruolo specifico. Manca però il leader emotivo. Non lo è certo Lasagna che continua a nascondersi e nemmeno Simeone che deve prima riconquistare se stesso a suon di gol e di prestazioni. Nelle ultime due stagioni lo è stato Juric, e lo sarebbe potuto essere Zaccagni se non avesse preferito la via comoda dei soldi e del palcoscenico laziale. Questo è un problema però perché viene a mancare una sorte di equilibrio interno nelle dinamiche di gruppo che può avere conseguenze anche nelle prestazioni.
Quando il Verona non ha avuto il suo leader emotivo ha sempre fallito e manifestato problemi di identità. Tornando un po' indietro nella recente storia gialloblù, il Verona di Pecchia era così mal assemblato che mancavano tutti i riferimenti (non solo il leader ma anche le colonne) ed è stato abbandonato subito al suo destino. Mandorlini, col passare del tempo e dopo aver trascinato la squadra a suon di successi incredibili, ha abbandonato il faticoso ruolo di leader per scivolare in quello più comodo di semplice colonna, ma nemmeno un grande come Toni (assolutamente in grado di esserlo) ha potuto sostituirlo, a causa dei continui infortuni. Men che meno un personaggio rigido e distante come Delneri. Più recentemente, col buon senso Aglietti ha preso in mano una nave senza rotta e capitano e ha cambiato il corso degli eventi. Più leader di così ...
Come è facilmente intuibile, il ruolo di leader non si inventa. O lo si è o non lo si diventerà mai. Ci si può scansare, quando le responsabilità aumentano e non ne vale più la pena, ma occorre prendere coscienza del fatto che senza leader non si va da nessuna parte.
Questo è il Verona di Di Francesco. Non ci sono dubbi. Ha preso la squadra di Juric, ne ha conservato lo spirito, ma piano piano sta lavorando per renderla più confacente ai suoi principi calcistici. Più possesso palla, meno rigore tattico, maggiore partecipazione collettiva. Oggi, abbiamo la sensazione che il Verona tiri di più in porta. Il problema è che si sono persi alcuni punti di forza della versione precedente: il rigore difensivo, l'aggressione individuale. Contro Sampdoria (in amichevole), Sassuolo e Inter abbiamo preso gol evitabili a seguito di errori individuali e tattici che gli stessi difensori non avrebbero mai concesso in passato.
Attenzione: non è un atto di accusa, ma una semplice constatazione. Il cambio di panchina necessita di un periodo di transizione e il confronto vero e non emotivo cominceremo a farlo a fine ottobre, a metà girone di andata. Del resto, a difesa del mister, l'Hellas uscì sconfitto l'anno scorso in entrambi i confronti al Bentegodi con Sassuolo e Inter incassando complessivamente 4 reti e realizzandone solo 1 (Ilic all'Inter). Oggi, ne abbiamo presi 6 con 3 reti a favore (e una traversa gigantesca). A conferma di quanto visto, in qualche modo, se è vero che sbrachiamo dietro, davanti siamo più presenti.
Il problema è che Di Francesco deve diventare subito il leader emotivo che manca. Si è presentato in tono dimesso, ha ammesso degli errori (segno di intelligenza), ma ora deve offrire un'immagine vincente, più sicura di sé. Nelle conferenze stampa è molto presente e disponibile. Ma si vede che ha paura di sbagliare. Sembra sempre sul filo del rasoio. Eppure, sono in molti ad apprezzarlo. Ho amici, tifosi della Roma, che ne tessono lodi dal punto di vista caratteriale. Gran lavoratore, grande conoscitore di calcio.
Servono risultati a Di Francesco per sbloccare lui e la sua immagine. Come al Verona, di conseguenza. Purtroppo, al momento il percepito segue direzioni che non sono completamente quelle reali. Ad esempio, ci siamo dimenticati del rotondo successo in Coppa Italia contro il Catanzaro. Eppure, l'esordio in Coppa non è stato sempre brillante con Juric: la Cremonese ci ha eliminato in casa il primo anno e abbiamo domato il Venezia solo ai rigori in quello successivo. Vogliamo parlare del primo tempo contro l'Inter? Perfetto. Eppure, ci rimangono in testa solo il risultato finale, gli errori individuali, l'immagine sofferta a dover giustificare la sconfitta. Nemmeno il calendario ci ha aiutato. Dopo il doppio esordio terribile si va a Bologna e poi arriva la Roma di Mourinho. Il rischio di girare a 0 punti dopo 4 gare è concreto se non recuperiamo in fretta la solidità difensiva e non emerge qualche personaggio nuovo (Simeone, Caprari, Cancellieri, Ilic ...) in grado di compensare il vuoto lasciato da Zaccagni.
Non ho dubbi che il Di Francesco che ha battuto il Barcellona in semifinale di Champions League o che ha lanciato tutti gli attuali campioni del Sassuolo sia stato un grande allenatore. E neppure del fatto che Verona sia la piazza ideale per fargli ritrovare quella energia positiva in grado di ripetere grandi risultati. Ma il tempo gioca contro ed è necessario invertire subito la rotta. Forza mister: strappa le catene e portaci via da qui.
Massimo
Colonna sonora: What will give, The Radio Dept (pezzo stupendo ...)
Lazio e Torino, che peraltro sono formazioni superiori, hanno evidenziato un tema già affrontato durante l'estate: la difesa. È innegabile che Sogliano abbia lavorato con maggiore attenzione alla scoperta prima e all'arrivo poi di giocatori di qualità a centrocampo e in attacco, in ottica plusvalenze. E si vede. Ogni partita scopriamo un gesto tecnico superiore alla media da parte di Harroui, Kastanos, Tengstedt, e perfino di Livramento e Mosquera. Altri ne arriveranno da nuovi giocatori che al momento non conosciamo bene perché si stanno ancora integrando. Per non parlare dell'evoluzione esponenziale di Belahyane che creerà non pochi, ma piacevoli, problemi di turnover al mister al rientro di Duda e Serdar. Sulla difesa invece non si è lavorato. O non abbastanza. Gli arrivi nel finale di Daniliuc e Bradaric non sembrano decisivi in un reparto dove Frese e Okou faticano ad adattarsi al livello del nostro campionato. E neppure i ritorni di Faraoni (bloccato a Verona solo a causa di un ingaggio pesante) e Ghilardi (mai veramente preso in considerazione) sembrano essere un valore aggiunto.
[continua]Qual è stato il miglior gialloblu in campo in
Como-H.Verona?
Riepilogo stagionale e classifica generale
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