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PROSSIMO IMPEGNO
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A fine stagione, Garonzi parte per Pisa con Fausto per convincerlo ad accettare il trasferimento alla società nerazzurra, con la quale il Verona intrattiene da anni ottimi rapporti. E’ ancora Elena a raccontarci della trattativa che portò il figlio in Toscana: “Garonzi aveva venduto un giocatore che aveva sotto contratto al Pisa, e aveva già incassato i soldi. Poi saltò fuori che il trasferimento non si poteva fare. Garonzi, pur di non dover restituire i soldi, qualcosa doveva inventarsi, quindi promise Fausto al Pisa. La dirigenza toscana lo aveva visto giocare e ne era entusiasta. Noi molto meno, perché era ancora minorenne e l’idea che andasse a giocare così lontano da casa non ci piaceva. Fu una trattativa estenuante, con l’ultima telefonata di Fausto da Pisa verso le 2 di notte: ci prese per sfinimento e convinse me e mio marito che avrebbe accettato il trasferimento a Pisa.”.
“Ma poi cosa succede?” chiese Fausto a Garonzi.
“St’an che vien te torni al Verona”.
E invece, l’anno dopo Fausto Nosè rimane in Toscana. A Pisa, Fausto passa quattro anni indimenticabili. Ancora oggi è uno dei calciatori con più presenze nella storia della formazione pisana, dove disputa quattro campionati di serie C, girone B, totalizzando 118 presenze, che lo piazzano fra i primi 50 “alfieri” con più presenze in maglia nerazzurra.
Il primo anno a Pisa gioca con l’amico Dino Gobbi, che aveva già condiviso con lui l’esordio in casa della Juventus nel febbraio del ‘71, e con un altro ex, Sandro Joan, che dal 1963 al 1967 aveva realizzato 20 reti in serie B con il Verona. In quel Pisa c’era inoltre il futuro gialloblu Klaus Bachlechner, classe 1952, agli esordi di carriera.
Ma anche qui, pur sceso di categoria rispetto alla serie A solo “assaggiata” con il Verona, e nonostante la stima della dirigenza toscana, Fausto finisce ad un certo punto sotto esame. Il caso vuole che, nella stagione 1973-74, arrivi a Pisa una vecchia conoscenza: l’allenatore Ugo Pozzan. “La prima volta che lo lasciò in panchina, partii per Pisa e affrontai Pozzan dicendogli che non ricominciasse con la solita storia di lasciarlo fuori.” racconta sempre la madre Elena “Dopo qualche mese Pozzan morì, e mi dispiacque molto, mi sentii un po’ in colpa per averlo trattato male.” Ugo Pozzan infatti fa in tempo a sedersi sulla panchina del Pisa per poche volte, poi gli viene diagnosticata una leucemia che, nel volgere di un mese, lo porta alla morte avvenuta il 4 novembre 1973.
Nel frattempo, anche se a distanza (“Magari proprio per questo, a volte la distanza riesce a rendere più uniti”), Fausto aveva stretto il rapporto con Zelinda, conosciuta una sera ad una festa a Verona insieme coi compagni di squadra, che diventerà poi sua moglie. Al matrimonio fecero da testimoni gli amici del calcio Bergamaschi e Perusi. “Pisa fu davvero un bel periodo: capitava che ogni tanto frequentassimo i giocatori con le loro moglie e fidanzate, era un gruppo ben affiatato, conserviamo bei ricordi” conferma Zelinda.
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L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.
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