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INTRODUZIONE  
QUELLA PRIMA MAGLIA BIANCONERA...  
L'INCONTRO CON PAOLO MAGGIORE E LE GIOVANILI DELL'HELLAS  
LA STAGIONE 1970-71 E LE GIOVANI SPERANZE GIALLOBLU  
IL DEBUTTO A TORINO CONTRO LA JUVENTUS  
TRAFERIMENTO A PISA, UN BLITZ DI GARONZI  
DISCESA FRA I DILETTANTI, GLI ANNI DI MONSELICE  
IL CHIEVO DI GARONZI E L'ESPERIENZA DA ALLENATORE «
PAPA' MAFALDO  
 

Il Chievo di Garonzi e l'esperienza da allenatore

Da Garonzi a Garonzi, ci diceva mamma Elena.
Dopo la brillante esperienza al Monselice, Fausto torna a Verona per vestire la maglia del Chievo, che milita in serie D, alla corte di mister Dario Baruffi. “Lui e la moglie ci aiutavano con nostra figlia Elisa ai tempi in cui gestivamo l’albergo Posta a Verona (l’attuale Bar Coloniale). In quel Chievo giocava anche Gianfranco Conati, attuale primario di Geriatria a Belluno, una persona che ci è stata molto vicina all’inizio della malattia”.

Il Chievo in serie D. Sembrano passati anni luce, ora che anche i “cugini” sono in serie A, eppure è parlare di 30 anni fa. Garonzi aveva già posto le basi per un nuovo miracolo sportivo, completato poi dall’opera dei Campedelli padre e figlio.
E’ proprio un litigio violento con Garonzi, al termine di una partita, a far decidere Fausto che ne ha abbastanza con il calcio giocato. Garonzi, al termine di una partita non esattamente esaltante, entra negli spogliatoi e ne ha per tutti, Fausto compreso. Lui si toglie le scarpe da calcio, le getta via di fronte al presidente, e gli fa sapere che non giocherà più. Chiude con il calcio giocato a 33 anni, dopo 4 stagioni nel Chievo, la prima in serie D, le altre 3, dopo la riforma dei gironi, in Interregionale. Smessi i panni di calciatore, inizia subito ad allenare nelle giovanili del Chievo.

Già nel 1985-86 ottiene il primo successo alla guida della Primavera: la vittoria nel campionato, ottenuta pochi mesi dalla scomparsa di Garonzi, morto in un incidente a marzo 1986, e proprio nella stessa stagione in cui la prima squadra ottiene la storica promozione in serie C2. Nella finale dello Stadio dei Pini di Viareggio, il Chievo di mister Nosè si impone sul Curi di Pescara con 2 reti del “rosso” Vaccari, una vita da bomber fra i dilettanti negli anni successivi. Come ricordava Nosè durante un’intervista a L’Arena di qualche anno fa, “c’erano dei ragazzi molto promettenti come Vaccari e Roncolato, ma nessuno ha fatto una carriera particolarmente brillante. Spesso le aspettative non vengono rispettate.” Parole di grande attualità, oggi che la Primavera del Chievo ha vinto il campionato dei club di serie A, ma nessuno dei giovani è finito nella rosa della prima squadra. “Una volta, almeno nelle giornate di fine campionato, i ragazzi venivano provati”.

Chievo Primavera campione d’Italia di serie D nel 1985-86
Il Chievo Primavera campione d’Italia di serie D nel 1985-86, In piedi da sinistra: Vaccari, Riolfi, Pienazza, Zambelli, Pagani, Pennella, Martino, Caprini, Pasetto; accosciati: mister Nosè, Dolci, Bianchi, Zambaldo, Peretti, Micillo, Roncolato, Gianuzzo..

Dopo l’esperienza al Chievo, Fausto Nosè accetta la sfida di allenare il Tregnago in Promozione. Alla fine del campionato 1987-88 arriva un’incredibile promozione in Interregionale, dopo lo spareggio di San Bonifacio contro le Officine Bra allenate da Adelchi Malaman. Al Tizian decide un gol di Guglielmoni davanti a oltre 4.000 spettatori, numeri da brividi per una gara dei dilettanti. “Fu una giornata memorabile, una festa che non finiva mai” ricorda Zelinda.

Il nuovo successo in panchina non sfugge agli addetti ai lavori: Nosè viene cercato da società importanti, ma decide di rimanere a Tregnago per l’amicizia che lo lega al Presidente Cona. L’anno successivo è decisamente più difficile, il salto di categoria si fa sentire e il Tregnago retrocede.

Arriva però un’offerta di quelle a cui non si può dire di no: lo chiama l’Hellas Verona per allenare la Primavera gialloblu. Fausto accetta subito, è praticamente un “ritorno a casa” dopo quasi 20 anni di esilio cominciati con il “blitz” notturno a Pisa con Garonzi. Purtroppo il momento non è dei migliori, è la stagione 1989-90, che si conclude con la retrocessione in serie B della squadra di Bagnoli e con il fallimento societario. Chi arriva dopo, in società, vede come fumo negli occhi qualsiasi contratto che sia stato siglato da Polato. Compreso il contratto di Nosè come allenatore: la nuova dirigenza onora il triennale, ma lo “retrocede” dalla Primavera agli Allievi e, allo scadere dei 3 anni, è già sottinteso che non gli sarà proposto alcun rinnovo.
Da lì in avanti, accetterà di allenare pressoché solo formazioni giovanili, nonostante non manchino le proposte e a Tregnago lo riprenderebbero anche a occhi chiusi.

“Fu anche una scelta di vita, perché dal 1991 al 2000 abbiamo gestito una pasticceria, e allenare i ragazzi consentiva a Fausto anche di seguire l’attività di famiglia” spiega Zelinda.

Fra le squadre giovanili allenate si ricordano Sona Mazza, Bardolino, Avesa, gli esordienti sperimentali del Chievo, San Giovanni Lupatoto, Raldon. Negli ultimi anni da allenatore lo affianca Raffaele Castellini, ex gialloblu, accomunato a Fausto Nosè da un analogo destino: 1 sola presenza in campionato con il Verona. Per Castellini fu nel campionato di serie B 1965-66, all’ultima giornata: 19 giugno 1966, Novara – Verona 2-1.

“Ma tanti altri amici che il calcio ha lasciato in eredità a Fausto andrebbero citati: Nevio Vinciarelli, Luca Alimonta, Manuele Bettinazzi, Gigi Manganotti.” prosegue Zelinda “Il calcio, in pratica, non ha mai abbandonato la sua vita”.

Nelle esperienze di allenatore dei ragazzi, Fausto Nosè non trascura l’aspetto dello studio da parte dei suoi giovani calciatori.
“Si faceva consegnare le pagelle dai ragazzi: prima i risultati a scuola e poi il calcio. Ne ha impiegato un po’ di tempo, per imparare, ma l’ha fatto!” sorride Elena.


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L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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