Dossier 2008/09 parte 1 parte 2 parte 3 parte 4 parte 5

parte 1 - NON SI CAVA SANGUE DA UNA RAPA
di Davide

L'Hellas Verona 2008/2009

Premessa

Il Verona chiude il campionato al settimo posto. Un risultato deludente se consideriamo le legittime aspirazioni dei tifosi, ma perfettamente in linea con le aspettive della vigilia se consideriamo il lavoro svolto da Previdi l’estate scorsa, allorchè Piero Arvedi, ancora in salute ma afflitto da problemi di bilancio, lo aveva chiamato per mettere un po’ d’ordine in casa Hellas. Di soldi non ce n’erano, e l’unica prospettiva possibile era quella di pianificare la risalita con un piano pluriennale. Situazione inaccettabile per i tifosi che chiedono ad Arvedi di cedere la società e, in segno di protesta, dichiarano di voler fare sul serio con una campagna anti-abbonamento. Nel frattempo, lo spigoloso Previdi si muove sul mercato con pochi spiccioli nel borsellino, ma la competenza e le concretezza di chi nel calcio ci sguazza da tanti anni. Viene praticamente smantellata la squadra costruita da Cannella, quella che doveva essere la “Juventus della C” e che invece si era salvata per il rotto della cuffia ai play-out.

Si riparte con Remondina

Davide Pellegrini, l’allenatore che ha portato il Verona a salvarsi dal baratro della C2 alla fine di una stagione catastrofica, viene congedato, al suo posto arriva Gian Marco Remondina, tecnico emergente che in serie C ha fatto benissimo con il Sassuolo, prima di essere esonerato dal Piacenza in serie B. Il nuovo mister, presentato il 14 giugno, si porta come assistente una vecchia, e gradita, conoscenza gialloblu: Luciano Bruni.

Questa è stata la prima dichiarazione ufficiale di Remondina (dal sito ufficiale dell’Hellas):
Sono felicissimo di essere qui, mi fanno piacere le parole del Presidente, ma un allenatore deve dimostrare sul campo di essere bravo. Si tratta di una piazza stimolante, premetto che non vogliamo illudere nessuno. La campagna acquisti sarà effettuata in linea con la società, servono ragazzi motivati che facciano della squadra scaligera un punto di partenza, non di arrivo. Attueremo una politica diversa se confrontata con gli altri anni, con la volontà di lottare dal primo all’ultimo istante. Voglio giocatori giovani, di carattere, dotati di grande motivazione. Personalmente, cercherò di lavorare con un impegno doppio rispetto alle esperienze passate, sono convinto che con le idee chiare, unite alla volontà di costruire qualcosa di importante, i problemi vengono superati. L’Hellas vuole gettare le basi per creare entusiasmo, chi vince i campionati ha alle spalle un organico caratterizzato da un blocco importante, più qualche innesto mirato. Lo zoccolo duro a cui ci si riferisce si crea attraverso persone che condividono vittorie e sconfitte, perchè tutto ciò cementa il gruppo. In campo metteremo giocatori che lottano per guadagnarsi la pagnotta e meritarsi la riconferma."

Le parole del nuovo tecnico non fanno che parafrasare quanto già dichiarato da Previdi, vale a dire che non si parla più di risalita immediata, e che si lavora in un’ottica pluriennale per il rilancio della società. La scelta di Arvedi risulta obbligata considerati i problemi di bilancio e, nonostante i vari proclami, la mancanza di una reale volontà di cedere l’Hellas Verona. In casa gialloblu quindi, sono attesi tanti giovani di belle speranze che, assieme ai veterani riconfermati, dovrebbero garantire all’Hellas un campionato tranquillo di media classifica, costituendo l’ossatura per il salto di qualità futuro.

Le riconferme

C’è poco da salvare della disastrosa annata 2007-’08. Ingaggi troppo alti per la categoria e prestazioni molto al di sotto delle aspettative sono il bilancio dell’azione di Peppe Cannella in veste di DS. Previdi si trova quindi a dover sfoltire una rosa ampia e costosa. I primi da piazzare sono i “bomber” Morante e Da Silva, bidoni pagati a peso d’oro, così come Morabito che, però, a differenza dei primi due, rimarrà in rosa fino a gennaio, quando sarà ceduto al Lanciano. Se ne vanno anche alcuni protagonisti della “rimonta”, tra cui Vigna e Stamilla per i quali era già chiaro che l’impegno a termine, e Zejtulayev, l’eroe di Busto. Con la risoluzione di prestiti e comproprietà Previdi chiude il mercato in uscita, smantellando letteralmente la squadra. Nessun cambiamento tra i pali: Rafael riparte da titolare mentre Franzese continua a fare l’eterno secondo. In difesa rimangono Mancinelli, Hurme e Sibilano, quest’ultimo sarà poi vittima di un infortunio che lo terrà fuori per quasi tutta la stagione, mentre il finlandese non sarà mai impiegato da Remondina. Il reparto quindi, risulta completamente da ricostruire. A centrocampo vengono confermati Bellavista, Garzon e Corrent, il primo tecnicamente dotato e con una certa leadership, il secondo, veronese “de soca”, mediano vecchio stampo con ottime esperienze in serie C e in serie B, il terzo, altro “indigeno”, giocatore molto generoso sotto il profilo agonistico. Confermato anche Dianda che, comunque, verrà impiegato col contagocce. Il centrocampo a conti fatti è il reparto meno colpito dai tagli, ma c’è bisogno di ulteriori gregari e, soprattutto, di un play-maker che faccia girare la squadra. L’attacco risulta invece tutto da rifare. Insomma, dopo la potatura di Previdi, se quella che rimane non è una tabula rasa, poco ci manca.

Aria nuova

Previdi porta a Verona tanti giovani, alcuni con qualche esperienza di categoria alle spalle, altri provenienti dalla primavera di squadre blasonate. Per rinfoltire la difesa, arrivano Luca Ceccarelli, centrale di esperienza con qualche presenza anche in serie A, Dario Campagna, capitano della primavera della Juventus, Dario Bergamelli, Christian Conti, Ivan Loseto, Leonardo Moracci ed Emanuele Politti. Al mercato di gennaio il pacchetto difensivo verrà impreziosito dall’arrivo di Giuseppe Pugliese e da Axel Vicentini. Tanti nomi tra cui Remondina dovrà scegliere. Per rinnovare il centrocampo arrivano l’interista Puccio (autore di un gol strepitoso in un’amichevole estiva ma poco impiegato in campionato), Luisito Campisi, Franco Da Dalt e Marco Parolo. Per l’attacco, oltre al rientro dell’oggetto misterioso Luigi Anaclerio dal Perugia (il Verona riscatta il prestito) arrivano in gialloblu Matteo Scapini, Domenico Girardi, Christian Tiboni e Gomez Taleb. Nel mercato di gennaio si registrerà poi il gradito ritorno di Julien Rantier. Una squadra praticamente nuova quindi, con tante incognite e un gruppo da costruire. Mister Remondina dovrà partire da zero.

Remondina e Bruni

L’impostazione tattica

Come tanti allenatori dell’ultima generazione, anche Remondina preferisce impostare la squadra con il 4-3-3. Nel corso del campionato, tuttavia, l’impostazione tattica del Verona subirà dei cambiamenti e nella seconda parte della stagione il mister si orienterà verso un 4-3-1-2 che sostanzialmente non cambia di molto l’assetto iniziale, ma tende ad esaltare alcune caratteristiche individuali di giocatori come Parolo (schierato dietro le punte) e soprattutto di Rantier che, schierato come seconda punta a fianco di attaccanti di peso come Girardi e Scapini, ha saputo evidenziare la sua ottima tecnica individuale. Il tecnico bresciano ha variato spesso l’assetto tattico anche nel corso delle partite, con aggiustamenti e cambiamenti che a volte sono sembrati discutibili, altre volte però (come ad esempio a Novara), gli va dato atto di aver azzeccato le mosse giuste. Bisogna considerare che, a prescindere dalla caratteristiche tecniche dei giocatori e dalla capacità di un allenatore di dare una fisionomia alla squadra, un gruppo giovane risentirà sempre di variabili psicologiche e motivazionali difficilmente gestibili. Remondina ha lavorato molto bene sul piano dell’affiatamento, dimostrandosi molto professionale nella gestione dello spogliatoio e nell’impostazione degli allenamenti, ha saputo creare un buon gruppo, motivato e determinato, che però, nel complesso ha palesato limiti di mentalità e di esperienza, limiti a mio avviso imputabili solo in parte a Remondina, ma soprattutto limiti tecnici. Fin dalle prime apparazioni, a prescindere dai risultati (pessimi ad esempio in Coppa Italia) la squadra è sembrata organizzata, con punti di riferimento ben definiti nei vari reparti. La difesa a 4 prevede due centrali con compiti prettamente di marcatura sulla punte avversarie, e due esterni che chiudono le fasce e si propongono come supporto al centrocampo e all’attacco. Tra i centrali, quello che ha dato più sicurezza è stata senza dubbio Bergamelli, mentre dal più esperto Ceccarelli ci si aspettava di più. Per quanto riguarda gli esterni, sulla sinistra Moracci, impiegato parecchio ad inizio stagione, è apparso discontinuo, così come Mancinelli, con l’arrivo di Pugliese a febbraio, Remondina ha trovato il “fluidificante” giusto. Sulla destra invece, si è messo in buona evidenza Campagna. La difesa gialloblu, con 32 reti subite, è risultata la sesta del girone. Un dato a prima vista positivo, ma che in realtà ha influito sulla classifica finale, soprattutto se consideriamo singoli episodi che sono costati cari. La difesa gialloblu è risultata spesso insicura sui calci piazzati (anche per colpa di un Rafael tanto bravo tra i pali quanto imprevedibile nelle uscite) e in difficoltà di fronte ad attaccanti esperti e tecnicamente dotati. Il centrocampo è apparso invece il settore più solido e sicuro, con Bellavista e Garzon che hanno tenuto per mano tutta la squadra. Tuttavia, è mancato un vero faro del gioco, un giocatore in grado di cambiare il ritmo della partita, capace di verticalizzare l’azione e di dare profondità alla manovra, creando gli spazi con rapidi cambiamenti di fronte. Il centrocampo gialloblu si è dimostrato molto arcigno e anche in grado di fare un buon possesso palla, ma sempre troppo prevedibile. L’attacco è stato invece il reparto più altalenante e, nonostante sia risultato alla fine come il quinto più prolifico del girone con 38 reti all’attivo (anche grazie alla mattanza di Legnano), a mio avviso è risultato ancora il punto più dolente della squadra. Per vincere i tornei amatoriali che d’estate abbondano, la regola numero uno è questa: ci vuole un gran portiere e uno là davanti che la butta dentro! Con tutti gli annessi e connessi del caso, ritengo che tale regola valga per ogni categoria, e la lega Pro non fa eccezione, soprattutto in un campionato equilbrato come questo. Al Verona è mancata la punta che garantisce i 13-15 gol, soprattutto è mancata la punta che non sbaglia il gol determinante. Il buon inizio di Tiboni, che con 8 gol è risultato il miglior marcatore gialloblu, ha fatto ben sperare, ma la giovane punta bresciana si è poi persa per strada, e non solo per questioni legate all’infortunio, ma anche perchè forse si è sentita addosso troppa responsabilità. Nella seconda parte della stagione è uscito fuori Girardi, da cui comunque ci si aspettava di più, mentre Rantier, autore di gol splendidi e pesanti, è un peccato non sia arrivato prima. Attenzione però, perchè il francese, pedina importantissima per lo scacchiere gialloblu del futuro, non è certo la punta “che la butta dentro” di cui si parlava più sopra. Per Scapini, generosissimo anche in virtù delle origini veronesi, l’aggettivo che mi viene spontaneo è “acerbo”, molto impreciso sottoporta, ha anche una scarsa visione del gioco di sponda. Difficile invece farsi un’idea su Gomez e Anaclerio, visto poco in campo. Tra centrocampo e attacco, la manovra gialloblu è passata dai piedi di Campisi e Parolo, giocatori a cui Remondina ha dato molta fiducia. Entrambi, pur con caratteristiche diverse, hanno mostrato una tecnica discreta per la categoria, ma sono stati anche abbastanza discontinui nel rendimento.

Difficoltà a "fare la partita"

Nonostante la mancanza di un faro a centrocampo e di una punta di “peso”, il Verona di Remondina ha comunque sempre cercato di fare gioco, mostrando, pur con tanti limiti, una proprio identità, privilegiando l’attacco centrale o il lancio lungo sulla punta rispetto alla manovra sulle fasce. A prescindere dalla tattica, il limite di questa squadra è sempre stato la prevedibilità, con il risultato di non riuscire a “fare la partita” contro squadre che si chiudevano per giocare di rimessa. Questa difficoltà alla lunga è risultata cronica ed è stata palese nel rendimento dell’Hellas: tanto brillante in trasferta quanto deludente al Bentegodi. Contro squadre come il Pergocrema, il Lumezzane e il Portogruaro, tanto per fare gli esempi più eclatanti, il Verona non ha saputo fare risultato pieno. A mio avviso, questa incapacità è attribuibile solo in parte al tecnico, perchè in larga parte deriva da evidenti limiti tecnici dei giocatori, e dalle lacune di organico già analizzate più sopra. Del resto, anche nei frangenti in cui il Verona ha mostrato il gioco migliore (in trasferta e/o contro squadre che aggredivano o comunque giocavano apertamente), i limiti tecnici, in tutti i reparti ma soprattutto in attacco, sono apparsi evidenti. Tuttavia, dopo le difficoltà iniziali, la squadra è riuscita a darsi una continuità nei risultati, mettendo in fila due lunghe strisce senza sconfitte, segno tangibile che Remondina è riuscito, almeno in parte, ad appianare gli alti bassi tipici di una squadra giovane ed umorale. Non va sottovalutato in questo senso, che il “fattore Bentegodi” può aver influito sul rendimento di alcuni giocatori in senso negativo, infatti, il sostegno di migliaia di tifosi nella cornice di uno stadio prestigioso, può essere un formidabile detonatore d’energie, ma può anche produrre ansia da prestazione e difficoltà di concentrazione che influiscono sul rendimento. Sia quel che sia, il dato è certo: il Verona ha deluso le aspettative proprio nelle partite che sembravano maggiormente alla sua portata, dando invece il meglio contro avversari più quotati, specialmente in trasferta.

Un giudizio su Remondina

La maggior parte dei tifosi è contro Remondina. Lo si ritiene un allenatore senza mentalità vincente, cervellotico nei cambi e anche piuttosto carente nella comunicazione, giacché sembra dire sempre le stesse cose in tutte le interviste. Credo che più o meno palesemente, il giudizio negativo su Remondina, nasca dalle aspettative che i tifosi ripongono, sempre e comunque, in questa squadra. Aspettative di una risalita immediata che non è arrivata. Aspettative assolutamente legittime che il sottoscritto, in virtù di tifoso, condivide in pieno. Un giudizio obiettivo sul tecnico bresciano, però, deve tener conto di più fattori, in primis la qualità della squadra messa a disposizione dalla società ad inizio stagione, e gli obiettivi per i quali era stata costruita questa squadra. La permanenza in serie C ha radici che vanno oltre l’operato di Remondina, in primis l’allestimento di una squadra non all’altezza, di cui è stato responsabile Arvedi. Se è stato giusto indignarsi con la dirigenza quando è stato espresso come obiettivo un campionato di transizione, non ritengo giusto adesso prendersela con Remondina se alla fine il risultato è stato proprio quello. A mio avviso il tecnico ha lavorato bene creando un buon gruppo e dando comunque un’impostazione alla squadra, non sono convinto che altri avrebbero fatto tanto meglio di lui da portarci nei play-off con questa squadra. Credo inoltre che Remondina stia pagando il fatto di non aver dato troppa confidenza ai tifosi, cosa che altri prima di lui (ad esempio Ficcadenti e Pellegrini), avevano fatto. Non ha mostrato un particolare appeal negli interventi, probabilmente preparati quasi sempre a tavolino, è apparso sempre piuttosto distante, poco sanguigno, troppo ingessato, perfino snob. Troppo professionale forse? Il mio giudizio complessivo su Remondina è positivo, per me ha lavorato bene su un gruppo da cui non si poteva cavare molto di più. In giro ci possono essere anche allenatori migliori, ma ci sono anche, sicuramente, giocatori migliori, e sono quelli che servono prima di ogni altra cosa per far risalire il Verona.

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