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UNO SCHIAFFO AL VERONA
26/05/2008

Non so se è giusto, però funziona così. Quando nostro figlio combina una delle sue, la nostra reazione di genitore è direttamente proporzionale al livello di autocontrollo che abbiamo in quel preciso istante. Questo a prescindere dal perdono, che è sempre dietro l'angolo. Hanno un bel dire i pedagogisti, gli psicologi e gli educatori. Voglio vedere loro, nel privato, se non vanno mai via di testa… Se poi nostro figlio, sbagliando, mette a repentaglio anche la sua incolumità fisica, allora la nostra risposta è uguale da tutte le parti. Prima ci assicuriamo che stia perfettamente bene, poi lo abbracciamo forte per fargli sentire quanto siamo stati in pena per lui, infine si scatena in noi una reazione emotiva – talvolta anche violenta – nei suoi confronti, che vuole dire in stretta successione: 1) “mi hai fatto preoccupare, lo sai o no?” 2) “che non accada mai più!”. Sono 2 concetti che non hanno alcun significato logico se proiettati nel futuro, lo sappiamo bene. Ma hanno il pregio di rassicurare un po' il nostro presente quando vengono pronunciati. Chi recita la parte di papà queste situazioni le ha sicuramente provate almeno una volta. Chi recita invece quella di figlio imparerà a provarle più in là, quando modificherà il suo ruolo.

Il Verona esce indenne dallo spareggio salvezza. Lo fa perché ha avuto il pregio di non mollare mai; perché gente come Bellavista, Mancinelli, Zeytulaev e Morante indossa la maglia gialloblu; perché ha giocato 2 partite praticamente in casa propria; perché la Pro Patria ha gettato via la salvezza per colpa della sua incapacità cronica di chiudere la partita (ricordo che non vinceva in casa dallo scorso novembre).

L'ABBRACCIO PER IL PRESENTE Questo playout è stato, per molti versi, un dejà vu. Ha vinto la squadra più forte, o forse – meglio – quella che non poteva in alcun modo perdere. Nonostante se stessa e le complicazioni che si è creata, era logico che finisse così.

Ciò non significa che non abbiamo sofferto come cani durante le due partite. Ci mancherebbe altro: uno spareggio è sempre uno spareggio, il gioco è mancato totalmente e l'estetica è scappata via di fronte al panico. Del resto, non si salva mica il più bello o il più simpatico, ma solo quello più forte. Di testa e di cuore. La testa è stata la lucidità che hanno avuto Morante prima e Zeytulaev poi di centrare la porta avversaria; il cuore è stato quello di non arrendersi mai sotto la spinta dell'eccezionale tifo gialloblu. Certo, per colpa delle nostre carenze offensive, al Bentegodi abbiamo raccolto molto meno di quanto meritavamo. Allo Speroni poi abbiamo impiegato un sacco di tempo prima di riorganizzarci e solo negli ultimi 10 minuti siamo riusciti a concepire l'idea di assalire la porta avversaria. Ma il Verona questa volta non poteva retrocedere in C2.  Era scritto.

A Manfredonia ha scelto di affrontare l'avversario emotivamente più fragile. Quello che affidava tutto sul collettivo, sulla freschezza atletica (via via perdutasi) e sull'entusiasmo dei propri giovani. La Paganese, a partire da aprile, aveva imparato a vincere in casa e il Lecco era guidato da un tecnico molto esperto e poteva contare su qualche veterano pericoloso. Erano avversari troppo rischiosi per noi.

Anche Macalli, nella sua ottusa coerenza, ci ha dato una mano. Come negli anni precedenti, ha vietato la prelazione agli abbonati e ha imposto la vendita libera dei biglietti. Di fatto, ha consentito ai tifosi veronesi di seguire in massa la propria squadra. Ma anche questo è un film già visto. Un dirigente del Monza mi ha raccontato che l'anno scorso, durante i playoff, si presentarono al Brianteo 10.000 pisani che sommersero letteralmente il tifo dei 2.500 supporter locali. “Potevamo farcela, secondo lei?” mi ha chiesto sconsolato. No, non ce la potevano fare. E neppure la Pro Patria, che si è trovata di fronte un valanga assordante di tifo contro. Se pensiamo che domenica scorsa il Bentegodi ha fatto più pubblico delle altre 3 partite di spareggio messe insieme ci rendiamo conto dello spreco di questa società in C1. Lo spreco e l'interesse che porta insieme. E così, anche lo Speroni si è trasformato di fatto in un catino gialloblu.

In queste condizioni impari, è bastato che i 2 arbitri giudicassero gli interventi di gioco in maniera equidistante (non dico che abbiano arbitrato in maniera impeccabile, dico solo che non hanno fatto troppi danni), concedendoci il vantaggio psicologico dell'espulsione di Candrina in casa e di qualche ammonizione inibitrice in trasferta. Anche se poi, per colpa delle nostre carenze offensive, non siamo stati capaci di approfittarne.

Infine, come ho avuto modo di dire in precedenza, noi potevamo contare anche sulle zampate di leone della nostra superiorità tecnica. Gli sforzi prodotti dai bustocchi, durante 180 minuti di gioco, si sono vaporizzati di fronte al gesto individuale di qualche giocatore dotato di esperienza e di qualità maggiore della media. Anche se disarmati davanti e paralizzati dalla paura di non farcela, il pugnale nella manica l'avevamo noi. E' bastato cercare il corpo a corpo per sferrare, 2 volte di seguito, i colpi mortali. E portare a casa la più faticosa delle battaglie.

LO SCHIAFFO PER IL FUTURO Questo Verona, che ha sprecato tre quarti della stagione dietro la propria arroganza e superficialità, ha avuto la capacità di capire in tempo utile che stava rischiando seriamente la seconda retrocessione consecutiva. E così, con un finale obiettivamente molto efficace, è riuscito a salvarsi.

Ci mancherebbe altro, aggiungo io! Questa è la mia indignazione.

Ci sono voluti ben 36 giocatori, 4 allenatori (3 più un ritorno) e 3 direttori generali diversi per frenare la caduta. Numeri impensabili. Ma ci rendiamo conto che, da 6 anni a questa parte, il Verona non lotta mai per migliorarsi, ma solo per non precipitare più in basso?! A parte quella stagione, unica e irripetibile, nella quale abbiamo sfiorato i playoff con Ficcadenti in panchina (e Cassani, Adailton, Behrami, Bogdani, Pegolo, Rosina, Italiano e Mazzola … in campo) ogni volta abbiamo mostrato sempre il lato peggiore di noi stessi. Non è un caso se ci siamo salvati all'ultima giornata in B con Malesani, Maddè e Ficcadenti e quest'anno con Pellegrini per non retrocedere in C2. Un cammino vergognoso il nostro, veramente indecoroso.

La società Hellas Verona e i suoi pessimi rappresentanti hanno un debito infinito di riconoscenza nei riguardi dei tifosi gialloblu. Chissà dove sarebbe finita senza di noi! Invece, come ogni genitore, abbiamo accudito e sopportato con amore e pazienza nostro figlio complessato, sfaticato e senza carattere. Potevamo vivere sereni con l'orgoglio di borse di studio, campus universitari e stage all'estero, invece siamo qui ad abbracciarci commossi per una sufficienza sofferta ottenuta all'ultima interrogazione dell'anno.

Non può andare avanti in questo modo. Siamo esausti. Il Verona ha giocato i playout con gente che ha calcato campi di A e B, ma ha trovato la forza di reagire solo quando ha seguito il buon senso del suo tecnico della Berretti, ovviamente esordiente assoluto. Ricordate il cinghiale che si doveva arrampicare sul platano? La sua missione impossibile? E poi c'è voluta la saggezza di un vecchio marinaio di cose gialloblu, Previdi, per mettere insieme i cocci. Ma tutto questo significa che forse non ci voleva molto per recitare un ruolo diverso in questa stagione disastrosa. Bastava solo scendere in campo con maggiore umiltà e attaccamento alla maglia.

Adesso, la domanda che viene spontanea è la seguente: cari i miei giocatori e dirigenti, vi siete spaventati abbastanza? Che campionato dobbiamo aspettarci l'anno prossimo? Un cammino in C1 che assomiglia a quello decadente e disgraziato della B, oppure qualcosa di diverso? Qualcosa da Hellas Verona?

Non mi interessa affrontare in questo momento argomenti relativi al passaggio di proprietà oppure alla volontà di rilancio del Conte. Adesso mi interessa solo che ognuno si assuma le proprie responsabilità e faccia fino in fondo la sua parte perché trasferte come quella di Busto Arsizio non si debbano più ripetere in futuro.

L'abbraccio e il sollievo sono finiti dopo il fischio finale di domenica pomeriggio. Sono rimasti invece il risentimento per l'occasione perduta e la grande paura patita. E' già umiliante di suo sopportare di vedere il nostro Verona giocare in C1, di più non potevate chiederci.

Massimo




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