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HELLAS VERONA / Le Ultimissime

PAZZINI, UN GIOCATORE VERO


PAZZINI, UN GIOCATORE VERO

Scrivere di Pazzini senza cadere nella retorica: lavoro durissimo, ma qualcuno deve pur provare a farlo. Faticoso prima di tutto ammettere che a settembre non ci sarà, che non vedremo più le sue giocate da vecchio lupo che non ha perso il vizio.

Quando arrivò al Verona era già un calciatore maturo, un campione fatto seppur reduce da importanti interventi e infortuni. Entrò in un momento disastroso, durante la stagione 2015 partita con calcoli finanziari più che sportivi e una scelta tecnica purtroppo sbagliata, penalizzata da numerosi infortuni (tra cui l'idolo Luca Toni) e finita con una retrocessione ben poco dignitosa. Una situazione generale che avrebbe smontato chiunque.

Non Giampaolo Pazzini, che dalle avversità trae maggior forza e determinazione. Le prime volte in campo, a dire il vero, vederlo giocare faceva tenerezza: caparbio da sempre, tentava le "sue" giocate, il dribbling secco e quel giochino con cui sui corner sparisce dal radar dei difensori per poi apparire dal nulla e incornare. Provava con tutte le forze i suoi scatti imprevedibili e i controlli orientati, provava a fare il Pazzo che tutti conoscevano e amavamo, ma era l'ombra di se stesso. Come nelle storie dei campioni veri, però, la frustrazione ha fatto da benzina alla cattiveria e la cattiveria è diventata preparazione, allenamento, dedizione.

Tutto pronto per la redenzione vista in ogni film d'azione, con l'eroe che sconfigge i suoi demoni e torna a salvare il mondo, piccolo magari ma il nostro mondo. L'anno successivo, con 23 goal, suo record personale in una stagione, Pazzini si impone come leader e trascinatore dei gialloblù e inanella una serie di perle meravigliose. Un po' come se l'imponente presenza dell'amico Toni avesse fino allora oscurato la sua luce, il Pazzo torna a splendere e riporta il Verona al suo posto, in serie A. Ci sono molti goal memorabili in quella stagione ma mi piace ricordare la partita col Brescia nell'ottobre 2016 - il momento in cui scoprii quanto può essere esaltante un pareggio e cominciai a scrivere "non succede, ma se succede". Era chiaro che il vento fosse cambiato e che a soffiare più forte di tutti fosse proprio lui, con la sua faccia pulita trasfigurata dalla gioia di essere tornato a fare quello che sa fare.

Gli anni seguenti non sono stati molto fortunati, tra allenatori non in grado di valorizzarne il potenziale umano e sportivo, una trasferta spagnola, molte panchine e gran poche soddisfazioni. Ed è in questa fase che abbiamo scoperto l'uomo dietro il calciatore, qualcuno in grado di sopportare silenziosamente, anzi col sorriso, scelte tecniche discutibili da parte di sedicenti allenatori rampanti. E il Pazzo, anziché farsi piccolo di fronte all'arroganza, è diventato ancora più grande, imponendosi come uomo di spogliatoio, come esempio di impegno e professionalità, sempre a disposizione per un consiglio e con la casa aperta per dare il benvenuto ai nuovi arrivati.

La persona che è arrivata cinque anni fa a Verona era un campione, un grande calciatore che non voleva arrendersi a un fisico fragile e che si è tolto diversi sassolini dalla scarpa coi tacchetti; ora salutiamo un veronese d'adozione, uno che c'è sempre, per fare il bene o solo per mandare gli auguri di compleanno alla sua tifosa numero uno durante il lockdown. Se ne va qualcuno che ha lasciato un segno nei tifosi, nella città e perfino in uno tosto come Juric, cui immagino non sia capitato spesso di dire "ero prevenuto, errore mio, mi sono sbagliato". Nel calcio moderno, quello del talento sprecato ma del profilo instagram (e conto in banca) milionario, Giampaolo Pazzini si è rivelato un campione di altri tempi; fino alla fine, con una conferenza stampa sobria e piena soltanto di bei ricordi, molto diversa da altre precedenti. Davanti al nostro striscione, era sorridente ed emozionato, cercava le facce amiche nella folla e si rigirava le mani senza sapere come accogliere tutto quell'affetto. Ha ancora molto da dare, fortunato chi lo prende. Quanto a noi, ad ogni goal sbagliato del nostro Verona, continueremo a dire nostalgici "eh, se ghera Pazzini!" ancora per molto tempo.



Barbara Salazer

Hellastory, 07/08/2020

I BLOCCHI MENTALI CHE STANNO FRENANDO IL VERONA


La classifica impone subito alcune riflessioni e mostra le fragilità della squadra: il Verona non sa più vincere. Nelle 6 partite di Campionato finora giocate (alle quali dovrei aggiungere i 2 pareggi di Coppa Italia dei quali non considero l'esito finale dei calci di rigori) ha pareggiato 3 volte e perso 3. Ha esattamente la metà dei punti dell'anno scorso. Eppure, escludendo la trasferta in casa della Lazio ha sempre lottato, creato occasioni, tirato in porta. Qualcuno si scandalizza se dico che con la Cremonese meritavamo i 3 punti e con Roma e Sassuolo non meritavamo di perdere? Il Verona finora ha tirato ben 82 volte realizzando solo 1 gol su azione (Serdar) e 1 su rigore (Orban) e cogliendo 3 pali/traverse (Giovane all'Udinese, Bernede alla Lazio, Orban alla Roma) contro i 75 tiri subiti di cui 9 finiti in rete. Fa la prestazione ma manca il risultato. Ci prova ma non riesce. Tutto questo mi spaventa.

[continua]

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