domenica 17, h 15:00  

HELLAS VERONA

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MILAN3

PROSSIMO IMPEGNO
  lunedì 1, h 15:00  
CAGLIARI 

HELLAS VERONA

 
Hellas Verona english presentation

1. Avanti i Blu!

La natura non delude mai. Sappiamo che per quanto possa essere scura, la notte finirà e tornerà la luce del giorno: è naturale che sia così. Così come il moto perpetuo terrestre si esprime perfetto da milioni di anni nell'alternarsi del buio e della luce, anche il Verona, il nostro Verona, è tornato dove tutti sapevamo che, prima o poi, lo avremmo rivisto: è naturale che sia così. Certo la notte è stata buia, tempestosa e, soprattutto, lunghissima, ma alla fine la natura ha fatto il suo corso ed è tornata la luce. Ora ci aspettiamo una giornata estiva, di quelle calde e molto lunghe.

Il buongiorno, sempre per rimanere in zona metafora, arrivato alle prime luci dell'alba tanta era la voglia di godersi la luce, è stato di ottimo auspicio: doppietta di Luca Toni e Verona che torna fatale al Milan. In pratica, la prima partita in serie A dopo 11 anni di oblio, ci ha riportato subito nel clima dei tempi migliori, siamo arrivati al culmine della passione senza passare per i... preliminari. E così è stato per tutta la stagione, non solo per i risultati ottenuti sul campo, quanto per il trasporto che la squadra ha saputo creare nei tifosi, trascinandoci partita dopo partita in una corsa imprevedibile, fatta di vittorie memorabili e batoste altrettanto memorabili. La regolarità di questo Verona è stata la sua irregolarità, l'alternanza dei risultati più che delle prestazioni. Una continua discontinuità insomma che non ha mai mancato di tenere alta la tensione: da questo Verona ci si poteva aspettare di tutto, nel bene e nel male. Alla fine il bilancio è decisamente positivo, con una salvezza raggiunta con largo anticipo e il profumo dell'Europa costantemente a portata di narici. Abbiamo ammirato una squadra che ha giocato sempre per vincere, e infatti ha vinto molto, perso anche molto, pareggiato pochissimo, segnato tanti gol, ne ha subiti ancora di più, ma certamente non ha mai annoiato. Credo che la forza di questa squadra, a prescindere dal valore aggiunto di un'ossatura già ben rodata e dagli innesti ad hoc, Toni e Romulo su tutti, con cui Sogliano ha impreziosito il gruppo, sia stato proprio l'atteggiamento, l'assenza di quei timori reverenziali che ci si potrebbero aspettare da una provinciale neopromossa. C'è da chiedersi casomai il motivo per cui in certi frangenti, la squadra sembra non essere nemmeno scesa in campo, dimostrandosi del tutto irriconoscibile. Ma come già scritto più sopra, anche gli episodi peggiori, proprio perché imprevisti, hanno contribuito a tenere sempre alta la tensione. Ecco, direi che è stato questo il sapore che mi ha lasciato una stagione che a conti fatti è stata di gran lunga superiore alle attese (quantomeno alle mie) e che a memoria, proprio per l'altalenarsi dei risultati, è molto difficile assimilare ad altre.

Si sono sprecati fiumi di inchiostro sull'altare metastasiano (neologismo per il quale chiedo licenza poetica) dei "corsi e ricorsi storici", come se la ricerca di similitudini o tratti comuni con campionati e situazioni del passato possano essere interpretate alla stregua di "auspici", tirando in ballo la stagione 1982-'83. Ora, anche solo per il fatto che quel Verona straordinario di Bagnoli rappresentasse per la nostra storia un fatto assolutamente nuovo e clamoroso è di per sé un unicum, le sensazioni di allora erano quelle di una squadra che, dopo anni di alternanza tra serie B e serie A (dove aveva spesso raggiunto salvezze tranquille ma niente di più), si trovava a braccetto con le "grandi" e chiudeva con la prima qualificazione UEFA e con una finale di Coppa Italia. Il Verona di Mandorlini, per quanto al di sopra delle attese, ha comunque uno storico di grande squadra a cui attingere, il che rende irripetibile l'atmosfera di trenta e passa anni fa. Ma anche sforzandosi di cercare altre similitudini, non è che ne trovi molte, faccio fatica, ad esempio, a paragonare Penzo (carneade ai margini del calcio nostrano prima della cura Bagnoli e poi repentinamente tornato nell'anonimato appena lasciata Verona) con il Toni nazionale e, non me ne vogliano gli estimatori di Mandorlini, anche il paragone tra il tecnico ravennate e l'Osvaldo, mi sembra decisamente fuori luogo, per quanto l'allenatore attuale abbia dimostrato sul campo tutto il suo valore e instaurato un rapporto con la squadra e la piazza per certi versi molto simile a quello dell'illustre predecessore. L'andamento stesso del campionato è stato del tutto diverso: quel Verona, quello del primo Bagnoli di serie A, ebbe nella continuità il suo punto di forza, inanellando ben 17 risultati utili consecutivi dalla 3^ alla 19^ giornata (record stagionale per la serie A) e un calo vistoso a fine stagione che gli permise comunque di accedere all'Europa. Secondo me, tanto per essere chiari, l'unica cosa che veramente il Verona 2013-'14 ha avuto in comune con quello 1982-'83 è stato il fatto di aver fatto un ottimo campionato alla prima stagione di serie A dopo anni di purgatorio e di inferno. Piuttosto, per alternanza di risultati e per quell'Europa sfumata nelle ultime 2-3 gare, questo Verona mi ha ricordato quello del 1983-'84, dei "puffi al tritolo" Iorio e Galderisi per intenderci, e farebbero anche trent'anni esatti.

So benissimo, peraltro, che fra trent'anni, le medesime considerazioni le potremo fare su questo campionato appena finito, lo ricorderemo come il "Verona di Toni e Iturbe" e faremo chissà quante altre considerazioni, con il senno di poi. È giusto che sia così, la memoria e il suo utilizzo "creativo" fanno parte del vincolo passionale che lega il tifoso ai colori della propria squadra.

L'ultima considerazione che mi sento di fare, prima di lasciare spazio al pagellone, alle statistiche e ad altri punti di vista dei colleghi del team, è che ritrovare la serie A dopo 11 anni, per chi come il sottoscritto ha seguito solo di riflesso campionati che non fossero quelli dove era impegnato il Verona, è stato piuttosto shockante. Già non mi entusiasmava l'aria di inizio millennio, ormai profondamente intrisa di pay-tv ma con blog, forum e social network ancora di là dall'assumere il peso odierno, tendenza in costante aumento via via che passavano i lustri e, pur frequentando altre categorie, si capiva che il calcio sport era stato soppiantato dal calcio spettacolo, il tifo passione da quello "pantofolaio", con largo corredo di agguerrite tifoserie da tastiera, insomma che in buona sostanza il calcio cambiava profondamente. Tuttavia, per quanto ormai accertato il fenomeno di destrutturazione del giocattolo che per decenni aveva dato, nel bene o nel male, possibilità di affrancamento popolare, la ritrovata serie A mi è risultata di gran lunga peggiore di quella che avevamo lasciato nel 2002. A parte il basso livello tecnico globale e l'evidente assurdità di un torneo a 20 squadre, è stato il corollario a nausearmi. Troppo calcio in tv? Sicuramente, ma soprattutto troppo calcio scritto e parlato, in tv e sul web, con un esercito di "peones" (con tutto il rispetto per i soggetti da cui ne deriva l'etimologia) che sopravvivono a forza di masturbazioni vocali sullo stato di un giocatore, sull'applicazione del 4-3-1-2 rispetto al 3-4-2-1 , sulle interpretazioni del labiale di un allenatore durante l'allenamento, nonché sul gossip tout court fino ad arrivare agli scoop clamorosi. Tali fenomeni, se a livello nazionale hanno ampliato nettamente il divario tra le solite strisciate e qualche altra aspirante al rango di "grande", con il resto del circo, ormai relegato a fare da sparring partner, sono già ben insediati anche in terra scaligera ed hanno trasformato il Verona, con l'ausilio di schiere, legittime peraltro, di nuovi tifosi o tifosi redivivi destati dalla sirena della Serie A, in una sana mucca da mungere fino in fondo. Tuttavia, se questo non è sport, non è nemmeno passione. Quindi, non mi piace.

Mi piace però pensare che, in qualche modo, la natura ha sempre ragione, e come il giorno che segue sempre la notte, così come il Verona è tornato a casa, in serie A, prima o poi questo giocattolo fatto di giornate di campionato a grappoli, di partite a mezzogiorno e infrasettimanali, di intere programmazioni televisive che sono la trasposizione del bar sport di paese (con meno fantasia e competenza però), di scribacchini scartati dalla cronaca nazionale (e locale) che si inventano il ruolo di opinionisti seri, di tifosi da social network e altri ammennicoli vari, questa roba che si ostinano a chiamare "calcio moderno" si romperà sotto il peso dell'esasperazione del nulla e si tornerà all'antico, a quel modo di vivere il calcio ed il Verona che, tanto tempo fa, mi fece innamorare di questi colori. In attesa che la natura faccia il suo corso, attendendo con la classica "moderata" ansia del tifoso la campagna acquisti e l'inizio di una nuova stagione, voglio comunque esprimere un grazie sincero ai giocatori, a Mandorlini, a Sogliano e a Setti, senza però dimenticare (non dobbiamo farlo MAI) Martinelli e il Conte Arvedi. Avanti i blu!

Davide

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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