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1. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

Dopo il ritorno in serie A con il botto nella stagione 2013-'14, con il redivivo Toni che infilava a raffica, le sortite incontenibili di Iturbe, la squadra stabilmente nella parte sinistra della classifica e la zona “Europa League” sfumata di pochissimo, abbiamo fatto tutti uno sforzo notevole, l'estate scorsa, per tornare con i piedi per terra.
“La seconda stajon la sarà dura assè, emo dato via i piassè forti, Toni el gavarà un ano de più, non gavaremo più dala nostra el fato de essar ‘na sorpresa etc.” Era questo il leit-motiv pre-campionato e, se da una parte erano riflessioni oggettive, dall'altra palesavano il chiaro intento di mettere la mani avanti e, appunto, i piedi per terra. Ma, sotto sotto, ci si sperava eccome ad un altro mezzo miracolo! Infatti, quando all'inizio, nonostante un'evidente involuzione del gioco, la squadra ha cominciato a fare punti e si è trovata, dopo le prime giornate, nella parte alta della classifica, altro che piedi per terra: sembravamo, chi più chi meno, delle mongolfiere piene di elio.
Sappiamo che le cose in seguito andarono diversamente, che in 8 partite, dopo la sofferta vittoria sul Cagliari, il Verona raccoglie solo 3 punti e perde posizioni su posizioni chiudendo il girone di andata con una classifica tranquilla per una squadra che, a conti fatti, deve salvarsi, ma con un gioco approssimativo e un atteggiamento mentale che destano qualche preoccupazione.
A metà stagione, insomma, dopo l'illusione iniziale, non c'è da fare più nessuno sforzo per restare con i piedi per terra, al contrario, c'è già chi prospetta la retrocessione dietro l'angolo e se la prende con tutti, nessuno escluso, iniziando dalla dirigenza, passando per Sogliano, per i giocatori e non lesinando nemmeno critiche a Mandorlini, fino a quel momento in odore di santità.
Guardandolo con il senno di poi è tutto nella norma: il tifoso è tale proprio perché ci vuole un attimo a passare dall'entusiasmo alla depressione.
In realtà nella parte centrale del torneo il Verona soffre, innanzitutto, i tanti infortuni. Senza fare troppe disamine, basta citare le assenze di Sala e Obbadi, alla vigilia dati per titolari certi, oppure i frequenti stop di Juanito. Mettiamoci anche che l'investimento in “esperienza” che Sogliano ha azzeccato con Toni, non è stato all'altezza con Marquez, spesso determinante in negativo, mentre Saviola rimane, almeno per il sottoscritto, un grosso punto di domanda, non tanto sulle sue capacità tecniche e sul fatto che Mandorlini avrebbe potuto farlo giocare maggiormente nei periodi di vacche magre, la domanda è un'altra: cosa l'ha preso a fare Sogliano? Cioè, con l'allenatore si erano parlati prima di portarlo a Verona? Il dubbio sorge spontaneo perché Mandorlini il buon Javier non l'ha cagato proprio, nemmeno a fine stagione quando ormai i giochi sono fatti. Per Saviola un po' mi dispiace perché come arrivo dell'ultimo minuto mi attizzava. Mi ricordava, da nostalgico quale sono, l'annuncio dell'ingaggio di Dirceu, nel lontano 1982, inizialmente osteggiato da Bagnoli che brontolò non poco ma, di fronte all'evidenza del valore del giocatore, cambiò il modulo e non lo tolse più dal campo. Le poche similitudini tra le vicende si fermano però qui, quello era un altro calcio, altri uomini, altro clima e sono convinto che i corsi e i ricorsi, almeno in ambito sportivo, li trovi solo se li cerchi e li spingi a forza dentro paradigmi che non hanno nessun valore statistico. Nel nostro caso, se li applicassimo come regola, ad esempio, al prossimo anno di serie A, considerato come il terzo dopo una promozione, dovremmo aspettarci una salvezza tranquilla come nel 1970-'71, lo scudetto come nel 1984-'85 oppure una retrocessione assurda come nel 2001-'02?
Meglio tornare alla stagione appena conclusa e lasciare il fascino delle previsioni all'estate piena.
Nel girone di ritorno, la musica inizia a cambiare, non di molto per la verità, almeno sotto l'aspetto del gioco, ma qualcosa di diverso si vede quantomeno nell'impegno in campo. Arriva qualche nuovo innesto, anche se nessuno di travolgente, ma in generale cambia il ritmo della squadra e mettiamo in cascina qualche risultato positivo che serve a tenere ancora più distante il terz'ultimo posto. L'infermeria comincia a svuotarsi, Mandorlini può ridisegnare la squadra che aveva in mente, con il suo modulo, le sue tattiche ed i suoi equilibri, soprattutto, ma probabilmente è anche una diretta conseguenza di quanto sopra, Toni comincia a fraccare con una regolarità impressionante.
La salvezza arriva con parecchie giornate di anticipo e l'impressione è che non ci sia mai stato un vero pericolo in tal senso, che solo l'ansia dettata da tristi deja-vu difficili da estirpare dal nostro bagaglio emotivo abbia dato linfa alla paura. Di fatto, nonostante la matematica consigli moderazione, con la vittoria di Cagliari si mette il sigillo sulla permanenza in serie A, e mancano ancora 13 partite alla fine...
Salvezza tranquilla doveva essere e salvezza tranquilla è stata, impreziosita anche da qualche buon risultato, come la vittoria sul Napoli e il pareggio in pieno recupero contro la Juve.
Considero un risultato importante anche la conquista del titolo di capocannoniere da parte di Luca Toni. Per la prima volta un giocatore che indossa la nostra maglia è il miglior realizzatore del campionato di serie A. Bravo Luca, ma brava tutta la squadra, perché se è vero che parecchi gol se li è inventati lui, è anche vero che tutto il gioco del Verona convergeva lì, sul centravanti vecchia maniera che lavora di spalle, sull'attaccante di peso che la prende di testa, sul bomber di razza che quando gli dai palla qualcosa riesce sempre ad inventare.
Era già successo in serie B l'anno della promozione, con Cacia, anche lui primo gialloblu ad aggiudicarsi il titolo di capocannoniere, seppure tra i cadetti. Forse vuol dire qualcosa, e non semplicemente che negli ultimi anni, dopo una serie di attaccanti innominabili che avrebbero fatto miglior figura in carico all'AMIA, abbiamo avuto degli ottimi giocatori in quel ruolo: vuol dire che il gioco di Mandorlini certe caratteristiche le esalta.
Se l'attacco, grazie a Luca Toni, ha lasciato il segno, la difesa, al contrario, è stata il tallone d'Achille, e anche questa purtroppo non è una novità. Si è detto che abbiamo difensori scarsi singolarmente, un centrocampo che non filtra, un modulo di gioco che lascia troppo spazio alla manovra avversaria e a forza di essere schiacciati il gol lo prendiamo per forza. Io direi che ci sta un po' di tutto, ma considerando che anche l'anno scorso il passivo è stato notevole, non è facile dare tutta la colpa ai singoli. Alcuni errori dei nostri difensori sono stati, effettivamente, imbarazzanti, roba da torneo estivo amatoriale, e praticamente nessuno ne è stato immune, tantomeno Marquez che, evidentemente, messo sotto pressione e con una squadra attorno che non è il Barcellona o qualche patinata compagine messicana, ha mostrato enormi limiti. Tuttavia, è anche vero che se i portatori di palla avversari li affronti a pochi metri dal limite della nostra area è chiaro che i palloni pericolosi diventano tanti e prima o poi il gol lo si prende. Quindi, vada per i difensori “tristi”, ma anche l'atteggiamento tattico non ha aiutato.
C'è poi da fare un discorso particolare sulle “debacle”. Anche quest'anno abbiamo preso qualche bella goleada. Sei peri a Napoli, cinque a Genova e con la Juve addirittura dieci in due partite ravvicinate tra Coppa e Campionato. Per me, più che di manifesta inferiorità, peraltro scontata quantomeno con Napoli e Juventus, si è trattato di manifesta mancanza di personalità, tra l'altro nei confronti di compagini tra le più detestate dal tifoso gialloblu. Queste imbarcate mi hanno infastidito parecchio e non salvo nessuno, ne i giocatori, ne l'allenatore, ne chi dalla stanza dei bottoni doveva richiedere a voce alta un minimo di dignità. Perdere si può, ma c'è modo e modo.
È stata, in poche parole, una stagione che, pur chiudendosi positiva rispetto agli obiettivi, un po' di amaro in bocca lo lascia, almeno a me: si poteva fare meglio o abbiamo raggiunto il massimo?
Eccoci quindi al gioco dei “se” e dei “però”. Un gioco che denota ulteriormente la propensione ottimista o pessimista, a seconda del tipo di tifoso, nel considerare il bicchiero mezzo pieno o mezzo vuoto.
Ad esempio, quanti ne ho sentiti dire: “Si, semo stadi brai, ma se non ghera Toni che le metea drento ndavene driti in B.” Appunto, rispondo io, se non c'era Toni, ma per fortuna c'era, mica giocava per gli altri, quindi?
Più sottile allora: “Vera, ma se el se fasea mal? Cei che zugava al so posto?”
Si, ma non si è fatto male, quindi di cosa parliamo? Al massimo di sostituti non all'altezza che, peraltro, non abbiamo nemmeno potuto giudicare (a parte Nené, del quale ricorderemo nei secoli dei secoli l'esultanza dopo il gol inutile in Coppa contro la Juve) più di tanto.
In buona sostanza, per certi è andata bene perché siamo stati fortunati ad avere Toni e ad averlo sempre sano, come se il fatto di averlo preso proprio perché facesse gol non fosse da considerare.
Per altri invece, l'annata positiva è stata dettata anche dalle pecche altrui, visti i guai del Parma, la debolezza del Cesena e l'annata storta del Cagliari. Vero anche questo ma, a parte che a conti fatti sotto di noi c'erano altre 4 squadre oltre le retrocesse e il divario di punti rispetto al Cagliari è stato comunque di ben 12, le condizioni negative di alcuni avversari non fanno parte del gioco?
Insomma c'è chi questa salvezza tranquilla la considera quasi una botta di culo.
Per me invece, ma lo avrete già capito dalla mia analisi, il condizionale va usato in altro senso.
I miei “se” sono diversi: se non avessimo avuto tutti quegli infortuni? Se Mandorlini avesse avuto più elasticità, soprattutto più convinzione, nel cambiare un po' più spesso il modulo di gioco? Se avessimo giocato con meno paura certe gare e con meno superficialità certe altre?
Io il bicchiere, soprattutto se è di vino buono, tendo sempre a vederlo mezzo vuoto perché in genere mi piace riempirlo.
È il gioco del senno di poi, quello che non lascia mai vinti o vincitori, perché non c'è nessuna riprova concreta se non la convinzione individuale di quello che poteva essere. Però è un gioco che si presta perfettamente alle ciacole tra tifosi. E noi, alla fine, siamo qui per questo: per ciacolar amabilmente di qualcosa che ci mette d'accordo tutti: l'amore per i colori gialloblu.
Il gioco adesso ricomincia, finita l'eco del campionato appena finito, si guarda al futuro: se Mandorlini non firma? Se Setti vende? Se Toni l'anno prossimo non fracca più? Se torna “Giorgino”?
Lo abbiamo già fatto questo gioco, ricordate? Se Morante segnasse... se Da Silva fosse un giocatore di calcio... se Pastorello pensasse al bene del Verona...
Basta questo per farmi rivedere la mia posizione sulla quantità di vino nel calice e rettifico: il bicchiere è mezzo pieno! Ed è bellissimo ciacolar di Juanito che la fracca a Buffon al '93, di Toni capocannoniere, di Rafael che para i rigori e del fatto che, per il terzo anno consecutivo, i “se” e i “però” saranno riferiti ad una squadra che gioca in serie A.
Quindi avanti i blu! E avanti con la bottiglia che non voglio vedere bicchieri mezzi vuoti...

Davide

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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