Di
questa stagione è stato detto e scritto tutto. Compresi il nostro
rimpianto e senso d'impotenza. Presidente, dirigenti, allenatori e
giocatori tutti hanno mostrato il loro lato peggiore: quello
dell'arroganza e della fragilità di fronte agli ostacoli (scontri
diretti in particolare). Ora però ce ne stiamo facendo una ragione.
Bisogna guardare avanti. Siamo retrocessi (grazie a loro) e per
fortuna molte facce non le vedremo più, comprese quelle bruttissime
magliette a strisce.
Le
domande sono: con quali reali prospettive dobbiamo guardare il
futuro? Cosa porteranno di buono i figli partoriti dal paracadute
retrocessione?
Ripartiamo
dunque da Setti che, come sostiene Davide (ed io con lui) in quanto
"capo" del Verona è il principale responsabile della
retrocessione, e - aggiungo - in quanto "capo" è il punto di
partenza di ogni possibile rivincita gialloblu. Per cercare di
comprendere a pieno se la lezione è servita e quali sono le sue
reali intenzioni mi riallaccio all'esame dei numeri societari fatti
da Enrico, nostro esperto in materia, e alle perplessità di
Valeriano circa l'assunzione di Pecchia (e Fusco, aggiungo).
Nel
corso della conferenza stampa del 24 maggio il presidente ha parlato,
tra l'altro, anche della situazione economica societaria. Se,
parlando di cifre il numero uno gialloblu ci ha detto la verità, è
molto probabile che sia stato sincero anche sul resto. Certo, occorre
sempre ripulire il suo linguaggio da un politichese a volte
indisponente (non meritavamo di
retrocedere ...) ma alla fine
ne è uscito abbastanza bene: Enrico ha rilevato 5 verità, 3 verità
sostanziali e 1 solo falso nell'affermazione forse più enfatica
"La scorsa stagione abbiamo
speso 70 milioni e ne abbiamo incassati 50".
Quello che ci detto è dunque un buon punto di partenza. Sui numeri
denunciati si può cominciare a costruire un ragionamento.
A
questo punto, non rimaneva che attendere le successive decisioni per
comprendere come intendeva affrontare la nuova stagione. A Setti, nel
corso di questi anni, abbiamo sempre lamentato una certa lentezza nel
prendere decisioni importanti, ma anche una certa rapidità nel
cambiare completamente strada. Le perentorie uscite scena di Bordin e
Sogliano, non senza qualche strascico polemico, sono state
emblematiche. Al di là delle motivazioni delle quali non entro in
merito e che possono essere ben giustificate. Nell'ultima stagione,
uno dopo l'altro, ha abbandonato Mandorlini e Delneri (esattamente
il suo opposto), Gardini e infine Bigon. Personalmente non capisco
come possa una squadra come il Bologna affidarsi a uno come Bigon
dopo essere stata diretta da Corvino. Basterà Donadoni a salvare i
rossoblu l'anno prossimo?
Torniamo
alle nostre miserie. Setti, finora, ha dato sempre l'impressione di
concedere molta fiducia e spazio ai suoi collaboratori, salvo poi
tagliare la loro testa se i risultati non tornavano. È una modalità
manageriale che ha un senso e che si fonda sul principio della delega
assoluta. Guai a sbagliare, però. Perché non concede scampo.
Il
punto debole di questo approccio è la mancanza di prevenzione. Un
buon capo, a mio avviso, dovrebbe anche dare una mano in corso
d'opera, supportando il lavoro dei collaboratori e gestendo i
problemi quando ancora possono essere gestiti. L'impressione di un
osservatore distante, seduto in poltrona con il sigaro in bocca, che
guarda come va a finire può condizionare chi prova a porre rimedi. E
sicuramente non aiuta. Mandorlini non è mai stato messo sotto
pressione sulla preparazione sbagliata, sulla mancanza di
un'alternativa tattica, sulla gestione dello spogliatoio (i miei da
una parte e gli altri dall'altra). Ne avrebbe avuto bisogno e forse
sarebbe ancora il nostro allenatore in serie A. Delneri neppure è
stato supportato nella gestione del gruppo e le polemiche che sono
affiorate con Toni e Moras non hanno certo aiutato la squadra nel
momento decisivo della stagione. Bigon infine è stato abbandonato
nel suo imbarazzo comunicativo facendo capire a tutti quanto sia
stato ininfluente. Ricordo in passato, al contrario, atteggiamenti
molto efficaci da parte di Sogliano e Gardini nei momenti caldi della
stagione. Ma se Bigon non riesce a fare il Sogliano e Gardini se ne
va all'Inter, per forza occorre che sia Setti in prima persona a
sporcarsi le mani e prendere posizioni pubbliche ben precise.
Rassicuranti. Invece di quelle stucchevoli conferenze stampa nelle
quali tutto era rappresentato in maniera superficiale. Sentendolo
parlare a gennaio e a marzo avevamo forse l'impressione di essere
sull'orlo del baratro? Non c'era drammaticità, nemmeno
coinvolgimento. E dunque rispetto per i tifosi.
Ora
le cose sono cambiate. I meriti della promozione in A e della
riscoperta di un grande campione come Luca Toni se li è bruciati
totalmente con una retrocessione pietosa, mai messa in discussione da
novembre. Per questo ho l'impressione che il presidente abbia
modificato completamente strategia e, ritengo, anche l'atteggiamento
futuro. La scelta di Fusco, prima ancora di quella di Pecchia della
quale giustamente Valeriano s'interroga, segna un cambio radicale
rispetto al passato. È chiaro che tutti noi tifosi avremmo gradito
di più Iachini o Stellone, reduce da due promozioni con il Frosinone
e da un campionato in A molto più dignitoso del nostro, visti anche
i pochi mezzi a disposizione. Su De Zerbi, altro allenatore di
spicco, i playoff in corso del Foggia e l'alternativa Crotone
rendevano l'operazione più complicata. Ma Stellone era alla nostra
portata. Perchè non ha chiuso?
È
probabile che Setti non abbia dato sufficienti garanzie sulla
capacità di rilancio gialloblu. Ma forse il motivo sta altrove. A
mio avviso, molto più semplicemente, Setti non è un presidente alla
Zamparini in grado di prendere decisioni forti da solo e portarle
avanti. Con Bigon sfiduciato, Stellone poteva giustificarsi con un
direttore sportivo allineato (Gerolin?). Così non è stato. È
arrivato Fusco e lui, si sa, porta i suoi uomini. Righi, Pecchia etc.
Setti,
a mio avviso, si è fatto un film. O perlomeno - da buon emiliano -
ha rivisto con attenzione il film del Bologna di un paio di anni fa
che cercava di riconquistare in fretta la serie A proprio affidando
la direzione sportiva a Fusco. Il quale Fusco ama avere in panchina
tecnici esordienti o quasi, come Lopez. Tecnico giovane e squadra
esperta (i vari Maietta, Cacia e Matuzalem in rossoblu fanno capire
che il numero di telefono di Fusco fosse già nell'agenda di Setti)
. Quello che accadde in seguito a Bologna, con gli arrivi invernali
di Corvino e nel finale di stagione di Rossi fanno capire che le
buone intenzioni di inizio anno non si sono poi realizzate. Il
Bologna è stato promosso, ma il merito se lo sono presi altri.
Ora
Setti ha bisogno di rilanciarsi e si è affidato a Fusco che ha
ugualmente bisogno di rilanciarsi. Per fare questo entrambi si
avvalgono di Pecchia che invece ha bisogno di lanciarsi, in quanto
finora comodamente seduto dietro Simoni e Benitez, in grado di veder
giocare Cristiano Ronaldo e il Leicester di Ranieri e di vedere cosa
succede quando al maestro vanno male le cose (esonero in Spagna e
retrocessione in Inghilterra). I dubbi di Valeriano sono macigni
pesanti: dietro le raccomandazioni di essere un ottimo vice, Pecchia
non ha niente in mano. Non conosce la squadra, non ha mai gestito un
campionato intero, men che meno logorante come quello di B e in una
piazza difficile come Verona. Un salto nel vuoto.
Questo
Setti però, clamorosamente (almeno per me, conoscendomi) mi piace. È
un imprenditore. Ama rischiare. È stato accusato di non aver saputo
affrontare le difficoltà del suo Verona. Ora cambia sistema. Gioca
in prima persona una partita nuova, senza carte in mano (con tutto il
rispetto Fusco e Pecchia sono un 2 e un 7 a poker) e conta molto sul
fattore ... azzardo. Magari scopriamo che Pecchia è veramente un
fenomeno in grado di mettere in atto tutto ciò che ha imparato.
Magari scopriamo che l'intesa con Fusco è tale da mettergli a
disposizione i giocatori giusti. Magari tra tre personaggi alla
ricerca assoluta di un'affermazione nasce l'alchimia perfetta:
infondo hanno tutti solo da perdere a questo giro.
Una
cosa mi pare chiara: Fusco non è ingombrante come Sogliano e Pecchia
è molto meno referenziato di Mandorlini. Setti lo sa e mette le mani
avanti: presentando il direttore sportivo chiarisce che alla
base del nostro progetto futuro ci sono dialogo e confronto.
Con l'aria che tira a Verona e la necessità urgente di veloci
risultati positivi, Setti non può più usare la strategia
dell'osservatore/giudice distaccato. Il pandoro, a Natale, se lo
devono proprio conquistare entrambi. Inoltre l'Hellas in B è una
piazza ambita e le soluzioni a disposizione che portano ad un tecnico
esperto ed affidabile sono infinite. Ma se devo scommettere qualcosa,
oggi punto tutto sull'improbabile. Anche perché non costa niente.
Almeno a giugno.
Massimo