LUIGI ZANETTI: l'intervista |
L'AC Scaligera di Luigi ZANETTI
Com’era quel Verona che retrocesse in serie C? “Ho fatto il campionato di serie B, 40-41 e a metà campionato sono stato chiamato alla scuola allievi ufficiali restando a Verona. Quindi quell’anno sono riuscito a giocarlo tutto segnando 19 gol in 32 partite. E’ stato un anno nero per il Verona, culminato con la retrocessione in serie C. Non cominciammo male però poi strada facendo molti giocatori ci abbandonarono perché furono chiamati alle armi, Andreis, Sabadini, Pincelli, Bedosti, Facci… In compenso però il mio fu un campionato molto buono.L’anno dopo invece finito il corso mi hanno spostato a Biella e mi hanno proposto il Novara. Per caso ho conosciuto il presidente del Novara e mi ha detto “vuoi giocare? Allora domani vieni al campo!”.Così sono rimasto a Novara fino alla fine della guerra. Praticamente in prestito, visto che avevo ancora il contratto con il Verona. Quanto guadagnava un giocatore del Verona all’epoca? “Il primo anno al Verona ho preso 5000 lire alla firma del contratto e poi 800 lire al mese...pensate che il direttore della banca di Isola prendeva 450 lire al mese, ma giocare a calcio non era un lavoro sicuro come lavorare in banca!” Era tutto un altro calcio quello degli anni quaranta… “Si giocava al vecchio Bentegodi e nonostante la guerra le tribune erano sempre piene. Il pubblico ce l’avevamo addosso ed è sempre stato caloroso. Al debutto ho fatto tre gol, contro il Liguria. Uno su rigore, uno su rapina e uno su tiro... sbagliato! Già perchè spesso si segna anche con la fortuna. Però bisogna tirare. Io arrivavo in zona e tiravo, sempre. Il mio primo allenatore, Chiecchi, mi diceva “il centravanti deve solo tirare... quindi appena puoi, tira!” . Io non me lo facevo ripetere e appena avevo l’occasione, io tiravo! Non aspettavo certo il passaggetto a due metri dal portiere. Non sono mai stato alto e solo una volta ho segnato di testa, di nuca! C’è poco da fare nel gioco del calcio bisogna impegnarsi e rincorrere anche quei passaggi che sembrano troppo lunghi.“ Praticamente il tipo di attaccante che servirebbe al Verona! “Son convinto che il Verona pian piano si salverà...se alcuni giocatori hanno giocato in serie B e serie A non possono aver perso valori ed entusiasmo! Poi ci vuole anche una società seria e dei dirigenti che tengano compatto lo spogliatoio e facciano andar d’accordo i giocatori. Anche ai nostri tempi si litigava tra giocatori, magari per una partita di carte. Quando si andava in trasferta col treno si metteva una valigia sopra l’altra e si faceva una piccola bisca giocando qualche lira. Cicconi era uno dei più accaniti e ogni tanto si litigava per una mano persa, però poi finiva tutto lì, non ci si vendicava certo con i dispetti in campo, anche se su Cecconi se ne raccontavano di storie...” Tanti ricordi dei compagni di squadra... “Sono tra i più vecchi giocatori ancora vivi, forse resta ancora Nereo Righetti. Ricordo Conti, detto “Pastina”...era una ala veloce, mi ha fatto tantissimi cross e devo essergli riconoscente per i gol che mi ha fatto fare. Anche Di Prisco ha fatto una bella carriera, ha vinto anche il titolo nazionale e poi è diventato avvocato. Ho giocato con Pellicari, anche lui poi è andato in serie A...era un bel terzino! Mi ricordo anche Luigi Sabaini “il rosso” che poi ha fatto una brutta fine. Finita la guerra per una stupida lite alcuni sbandati l’hanno buttato nel fossato di Castelvecchio...brutte cose.Per fortuna non ho molte brutte storie da raccontare, non c’erano molti eccessi come ora. L’unica, riguarda i tempi della Scaligera; contro il Minerbe c’è stato negato un rigore: i compagni di squadra e gli amici al seguito hanno preso l’arbitro Perucci in calzoncini corti e l’hanno seduto sulla stufa a legna! Per il resto solo tanto baccano ma nulla di più”. Dopo la guerra come mai non giocò più nel Verona? “Finita la guerra a Isola della Scala arrivarono gli americani. Per disgrazia il cassiere della allora Banca Mutua rimase ucciso a causa di un colpo partito per sbaglio e hanno chiesto a me di prendere il suo posto in banca. Io dissi di no ma mio padre ha insistito ed ho ceduto. Il Verona continuava a mandarmi lettere perchè mi presentassi agli allenamente ma non ho mai risposto alle chiamate, a quei tempi si ubbidiva ai genitori. Ho continuato a giocare nella Scaligera e devo dire che avevamo una bella squadra fatta anche di tanti ex giocatori del Verona, abbiamo fatto diversi bei campionati e ho giocato fino a 30 anni finendo nella Scaligera assieme a vecchie glorie come Paluzzi e Di Prisco. La banca dove lavoravo non dava tanti permessi. Non ero mica come l’arbitro Tassini. Lui lavorava per un’altra banca, più permissiva. Pensate che l’allora presidente del Verona Carteri (primario a Bussolengo) andò a supplicare il capo del personale ma non ci fu niente da fare: o el zuga al balon o el laora, che el se decida. Altri tempi.” Nel calcio di allora si utilizzavano schemi o accorgimenti particolari? “Niente schemi, ognuno giocava secondo la sua indole, chi in attacco chi in difesa. Certo, l’allenatore dava gli opportuni consigli ma alla fine il vero allenamento era solo atletico. Giri di campo perchè bisognava far fiato per poter correre tutta la stagione. La vita del calciatore non era rigida come adesso, io ad esempio andavo avanti e indietro tutti i giorni da Isola della Scala col treno”. Qualche rimpianto per una carriera solo accarezzata? “Ho raccontato che ho smesso col calcio che conta solo per una fortuita coincidenza ma non mi posso certo lamentare perchè poi ho fatto una bella carriera come direttore di banca. Mi sono sposato ed asssieme a mia moglie abbiamo costruito una famiglia stupenda, i figli sono cresciuti bene, hanno studiato e mi danno molte soddisfazioni. Non ho alcun rimpianto per una carriera che magari mi avrebbe portato lontano da Verona da mia moglie e dalla famiglia. Quindi mi ritengo tuttora molto fortunato. Adesso ho un nipote che gioca a calcio come attaccante nella Virtus. E’ di proprietà del Chievo ed ha giocato anche nel Chiasso in Svizzera. Però mentre gioca va avanti con l’università. Spero di avergli trasmesso i valori giusti.” VALERIANO |
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