1998-...: Il Verona di Pastorello |
![]() Tempi da Cagni
L’avventura di Pastorello in gialloblu inizia nell’autunno del 1997. Il Verona è reduce da una brutta retrocessione dalla A ed è in preda ad una crisi societaria. Mazzi e Ferretto, i proprietari del club, dopo i primi tempi vissuti tra grandi progetti ed ambizioni hanno subìto un brutto colpo dalla retrocessione tanto da indurli a decidere di lasciare il club. E’ così a sorpresa che all’inizio della stagione 1997/98 viene manifestata al pubblico l’intenzione di cedere l’Hellas. La notizia almeno all’inizio sembra non suscitare grandissimo interesse. I pensieri dei tifosi infatti sono tutti rivolti alla squadra che, nonostante la discussa riconferma di Cagni è partita alla grande e punta alla serie A. E invece la proposta si rivela più concreta che mai e dietro le quinte nascono le prime trattative che nel giro di pochi giorni diventano un affare fatto: già a novembre l’Hellas passa ufficiosamente nelle mani di Pastorello, l’ufficialità arriverà solo qualche mese dopo, nel gennaio del 1998. Verona ai vicentini ![]() Il business man vicentino però sa il fatto suo e senza dare grossa importanza alle voci che circolano in città tira dritto per la propria strada convinto di riuscire a conquistare in fretta con i risultati la piazza gialloblu. La sua promessa all’esordio è roboante: «Riporterò il Verona in A e da lì non si muoverà più». I tifosi lì per lì la buttano sull’ironia ma poco a poco cominciano a credere al sogno pastorelliano. Il vicentino infatti nei suoi primi mesi di presidenza non sbaglia una mossa. A febbraio dopo l’ennesima sconfitta dei suoi (in casa con il Venezia) caccia con autorità il retaggio più ingombrante della gestione Mazzi, quel Cagni che nel giro di un anno e mezzo è riuscito solo a creare danni portando il Verona dal sogno di una tranquilla salvezza in A all’incubo della retrocessione in C. Per sostituirlo rispolvera dall’armadio la vecchia bandiera Maddè ed è una mossa azzeccatissima. Il nuovo mister infatti trova subito la ricetta giusta per rivitalizzare la squadra che grazie ad uno splendido filotto di quattro vittorie nelle ultime quattro giornate sale addirittura fino al sesto posto. Nelle mani di Brocchi
Maddè si aspetta la riconferma. Che non arriva. Pastorello infatti si è già mosso in altra direzione e, sorprendendo tutti ha puntato su Prandelli, giovane e rampante mister dal curriculum imbarazzante: due siluri su due a Bergamo e Lecce. Con loro arrivano l’esperto Filippini dal Venezia, Cammarata di ritorno da Torino, Laursen dal Silkeborg, Foglio dall’Atalanta, Falsini dal Padova e dal Lumezzane Brocchi. Insomma una campagna acquisti non certo di grido nel quale a risaltare sembra essere soprattutto il sinistro cognome di quest’ultimo. E invece questa schiera di carneadi ai quali per la verità si aggiungono in ottobre, nel mercato di riparazione, Marasco, Guidoni e Melis parte a razzo e tra novembre e dicembre infila una incredibile filotto di otto vittorie consecutive. L’Hellas è la sensazione del momento, gioca divinamente e stacca di netto la concorrenza issandosi solitario al primo posto in classifica. Prandelli dopo le perplessità iniziali è osannato dalla tifoseria, la squadra è piena di giovani stelline per le quali molti club sarebbero pronti a svenarsi (strepitosi Brocchi, Falsini, Italiano, Cammarata e Marasco) e a Pastorello non resta che godersi il meritato ed inaspettato successo dopo che le sue profetiche parole estive («Questa è una squadra giovane, con pochi elementi di categoria ma con tanta gente capace di giocare a calcio. Sarà una rivelazione!») si sono meravigliosamente tramutate in realtà. I gialloblu subiscono in primavera un brusco rallentamento ma alla fine raggiungono l’obiettivo: l’Hellas, dopo due anni e al primo tentativo di Pastorello, è in serie A, per di più da capoclassifica. Progetto vincente
![]() Tutti gli uomini del presidente
![]() E allora ecco come viene riempito il carrello della spesa nell’estate 1999: in porta come secondo viene scelto il baby Frey (in prestito dall’Inter), per la difesa si punta sull’ex «enfant prodige» Diana, sul promettente croato Seric (via Parma), gli esperti Apolloni e Franceschetti e le scommesse Mezzano ed Anastasi, a centrocampo arriva dal Cesena l’estro di Salvetti (oltre all’inutile Romano), mentre in attacco si punta tutto sul «brasileiro» Adailton e sull’oggetto misterioso Spehar. Prandelli, e non solo, mostra di non gradire più di tanto il «carrello», che soprattutto in attacco offre solo incognite. Troppo poco Adailton, Spehar, Cammarata e Aglietti per pensare di dormire sonni tranquilli. L’impressione è che almeno che non succeda qualcosa di straordinario trovare la via del gol diventerà per il Verona un problema quasi insormontabile. Nelle braccia di Morfeo
![]() I rapporti diventano sempre più tesi e quando in gennaio si corre al mercato di riparazione Pastorello estrae dal cilindro il solo Morfeo reduce da un’inizio di stagione inguardabile a Cagliari e acquistato su consiglio di Prandelli. Il talento bergamasco diventa in pratica l’oggetto della sfida tra i due, la prova che Prandelli vuole dare per dimostrare come sarebbero andate le cose se le scelte di mercato fossero fin dall’inizio passate dalla sua approvazione. Grazie alla grinta, la classe e il carisma di Morfeo la squadra si trasforma. Prima nel gioco, poi, dopo la splendida e soffertissima vittoria per 4-3 sul Parma anche nei risultati. Il Verona macina punti su punti, uscendo così dalla zona retrocessione nel quale era stato fino ad allora pienamente invischiato. E lo fa con un gioco spettacolare soprattutto in mezzo al campo dove Brocchi a destra, Falsini e Melis a sinistra, Colucci e Marasco in mezzo e Morfeo davanti si intendono a memoria e dominano qualsiasi avversario, Lazio e Juventus comprese. Il Verona infatti infila altre due vittorie memorabili (dopo quella di Parma), schiantando di netto la Lazio (che vincerà lo scudetto) e la Juventus. La squadra è un’autentico spettacolo che fa sensazione a livello locale e nazionale concludendo con una striscia record di quattordici partite senza sconfitte. Roba da Bagnoli! C’eravamo tanto amati
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