1998-...: Il Verona di Pastorello - parte 4 |
![]() I conti tornano, ma non i risultati
Della serie al peggio non c’è mai fine in estate Pastorello, sempre più a corto di idee e di soldi, decide di affidare all’incognita Salvioni la missione di portare quella ventata di novità e di freschezza necessaria all’ambiente dopo il soffocante e nevrotico biennio targato Malesani. Con lui arriva finalmente anche un ds. A coprire il vuoto lasciato da Foschi Pastorello infatti chiama il rampante Gibellini, strappandolo a suon di “nostalgia gialloblu” dall’Alto Adige, dove, pare, abbia fatto miracoli. La svolta dovrebbe finalmente giovare ad una squadra che appare ancora troppo legata ai fantasmi del passato. A livello di giocatori approdano in riva all’Adige gli attaccanti Myrtaj e Mihalcea, i giovani Cassani ed Agnelli e ritorna Salvetti. Parte invece uno dei protagonisti della stagione precedente: Cassetti (sponda Lecce). L’obiettivo è quello di fare un campionato tranquillo. E invece la tranquillità viene subito meno. Il presidente a settembre, in protesta con le decisioni della Lega calcio si dimette e a dicembre (dopo lo scandalo Parmalat) dichiara la sua intenzione irrevocabile di cedere la società al termine del campionato. Al suo posto, alla presidenza del Verona viene messo il conte Arvedi d’Emilei. ![]() Si Salvioni chi può!
A livello sportivo le cose non vanno di certo meglio: Salvioni dimostra subito di aver ben poco di positivo da proporre all’Hellas (a parte l’irrisorio ingaggio) e dopo un avvio incerto, naufraga impietosamente in una crisi di gioco e di risultati con pochi precedenti. Mancano le geometrie, manca la grinta, manca l’entusiasmo e la voglia. Il bonus di credibilità del tecnico bergamasco si esaurisce in fretta e già a novembre lo spogliatoio comincia a remargli apertamente contro. Se ne accorgono tutti tranne la dirigenza che aspetta una serie terrificante di 1 vittoria in 15 partite prima di decidersi a dare, in un drammatico finale d’anno, il benservito al tecnico bergamasco. Si chiude così un 2003, che come il 2002 ha tutti i connotati dell’“annus horribilis”. Difficilmente si può cadere ancora più in basso. ![]() I tre tenori
![]() E’ l’ennesimo affronto ad una piazza sempre più esausta ed impaziente. Pastorello è ormai agli occhi di (quasi) tutti i tifosi la causa delle mille delusioni che hanno accompagnato gli ultimi due campionati e mezzo e anche per un uomo “dalle spalle larghe” come lui, l’aria diventa così pesante da cominciare a farsi insopportabile. Pastorello allora cerca la via di fuga. In estate arrivano nuove offerte d’acquisto della società e il presidente, a giugno, subito dopo la conclusione del campionato, arriva a dichiarare a più riprese di essere sul punto di partenza, affermando addirittura che il prossimo raduno della squadra per il ritiro sarà presieduto dal nuovo patron dell’Hellas. La campagna acquisti viene in pratica delegata al ds Gibellini che, d’accordo con Pastorello, dà il benservito a Maddè (che dopo esser stato per la seconda volta salvatore è anche per la seconda volta “trombato” senza tanti complimenti), mette “fuori rosa in attesa di sistemazione” i contratti più pesanti (Colucci, Seric, Salvetti ed Italiano) e chiama a Verona il promettente ed economico Ficcadenti, tecnico tutto cuore, carattere e grinta, reduce da una buona stagione a Pistoia. Senza spendere un euro vengono presi in prestito i giovanissimi Behrami e Guarente, il difensore Gervasoni e l’ariete Bogdani. Partono invece Mihalcea, Minelli, Almiron, Pisanu, Lomi e tre dei quattro “esosi” (rimane il solo Italiano, mestamente fuori rosa in attesa di rivedere il suo ingaggio). L’ennesimo calciomercato “low profile” insomma ma del resto le attenzioni di Pastorello sono tutte rivolte alle trattative per la cessione societaria che sembrano farsi sempre più concrete. Tanto che ad ottobre escono finalmente allo scoperto i nomi: per l’acquisto del club ci sarebbero da una parte il solito Paiola aiutato da importanti partner e dall’altro il misterioso trio costituito dagli imprenditori brianzoli Barzaghi, Tosi e De Biasi. Ad inizio novembre sembra finalmente arrivato il grande momento, ma ancora una volta all’ultimo momento il castello crolla. Le ragioni? Non si conoscono, ma il teatrino di accuse, ricatti e smentite che segue destano nei tifosi il legittimo dubbio che forse in giro c’è pure chi sarebbe in grado di far rimpiangere Pastorello. Ed è tutto dire. ![]() Non rompere il Giocattolo
La squadra del Ficca intanto dopo una partenza raggelante (con 5 sconfitte consecutive tra Coppa Italia ed inizio campionato) inizia ad ingranare, ed esplode nei mesi di novembre e dicembre grazie ad un potenziale offensivo devastante. E’ Bogdani il grande protagonista e con lui emergono le figure di Italiano, decisivo con il suo rientro nel dare una svolta alla squadra, le prodezze del brasiliano Adailton e la sorprendente esuberanza tecnica ed atletica del giovanissimo Behrami (ennesima scoperta a costo 0). La squadra con loro quattro gioca che è un piacere, al Bentegodi si tornano a vedere partite memorabili (incredibili il 5-3 al Vicenza e il 2-0 al Torino) e prodezze ormai dimenticate da troppo tempo (le punizioni di Adailton, le rete di Behrami al Pescara). Insomma per gli irriducibili 11.000 del Bentegodi, si ritorna a respirare aria di bel gioco ed alta classifica, con un tecnico e dei giocatori capaci di far sognare. Con una aggiustatina nel mercato di gennaio la serie A non sarebbe più un sogno. ![]() Ora non si sa che idea di follia o di giocattolo avesse in testa Pastorello, ma di certo quando a fine gennaio Italiano se ne va al Genoa (anche grazie ad una clausola con la quale la società si impegnava a cederlo in caso di offerte importanti), la sensazione di gran parte dei tifosi è cha ancora una volta una promessa sia stata delusa. Italiano lascia un Verona al terzo posto in classifica, a due punti dal secondo. Una posizione che l’Hellas non rivedrà più. Anche perché in pochi giorni cadono altre tre tegole sulla testa di Ficcadenti. Uno dopo l’altro spariscono dalla scena Guarente (per una malattia misteriosa), Adailton (per un strappo mal curato che lo terrà fuori in pratica fino a fine campionato) e Behrami. Rimane il solo Bogdani che però senza rifornimenti (che non possono certo arrivare dai mediocri neo-acquisti De Simone, Soligo, Pizzinat e Rosina), finisce per sparire ancor di più dei suoi compagni infortunati. Il sogno della serie A si spegne così, lentamente, con una lunga agonia fatta di tanti orgogliosi pareggi, testimonianza di una squadra e di un allenatore dal carattere d’acciaio ma che deve arrendersi all’impotenza dei mezzi a disposizione. L’Hellas chiude settimo a 13 punti dal Torino terzo in classifica. Lontanissimo dalla A. Almeno finchè in estate i fallimenti di Torino e Perugia, e l’illecito del Genoa non cambieranno le carte in tavola. A festeggiare saranno però Treviso e, per un punto, l’Ascoli. A Verona rimangono solo i rimpianti. La fretta, brutta consigliera
![]() Ficcadenti con grande orgoglio rimane comunque al timone e, chiamato per l’ennesima volta a “far le nozze con i fichi secchi”, cambia il volto della squadra, adattandone l’atteggiamento alla mancanza di una prima punta. Il modulo rimane quindi il 4-3-3 ma con una mentalità decisamente più difensiva. I risultati pagano: il Verona non ha più il gioco brillante dell’inizio della stagione precedente, anzi spesso provoca più sbadigli che non applausi, tuttavia i risultati arrivano e fino ad inizio dicembre i gialloblu si trovano sorprendentemente in zona play-off. Poi complice anche una serie di episodi sfortunati (arbitrali e non) ed un calendario particolarmente difficile i miracoli di Ficcadenti faticano sempre di più a realizzarsi e l’Hellas si riposiziona in una più consona (per lo scarso materiale a disposizione) metà classifica. “Se si vuole essere ambiziosi sono necessari dei rinforzi” predica il mister in vista del mercato di gennaio. Parole destinate ancora una volta a rimanere in buona parte disattese. |
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