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IL SASSUOLO SCOPRE LA POCHEZZA DEL VERONA


IL SASSUOLO SCOPRE LA POCHEZZA DEL VERONA

Il Sassuolo ha evidenziato definitivamente la crisi del Verona. Ora l'alibi delle squadre di rango non regge più. Il furore agonistico scatenato dalla motivazione degli emiliani che volevano assolutamente uccidere l'avversario più debole, quello ferito e in crisi d'identità (dove sono finite le forze? E la presunta esperienza di tanti veterani in campo?) è stato evidenziato dall'ennesimo blackout gialloblu di parte del primo tempo e gran parte della ripresa. Non c'è più nemmeno il talento a difenderci (Nico Lopez era in campo?). Eppure eravamo partiti bene con quel vantaggio insperato collezionato da Lazaros e Moras, gli ultimi ad alzare bandiera bianca, e concretizzato grazie ad una dormita collettiva dei padroni di casa. Eppure ci eravamo anche resi conto che, quando riuscivamo a tener su la squadra, potevamo metterli in difficoltà. Perché non è successo? Perché il Verona è in lento ma progressivo declino, incapace di reggere la benché minima sollecitazione avversaria, esposto a tutta una serie di fragilità emotive (Tachtsidis, inguardabile, è l'emblema di questa involuzione collettiva). Quel che è più grave, Mandorlini non ha più in mano la squadra: se non gli aveva dato un gioco finora, adesso non riesce più nemmeno a trasmettere fiducia e sicurezza. È un condottiero solo che vede impotente i suoi ragazzi andare al macello. Una gara dopo l'altra.

Non doveva essere questa la partita della riscossa? Non dovevamo forse essere stati preparati a sufficienza per riscattare il recente passato e dare una svolta alla stagione? C'era un'infinità di tifosi a sostegno, c'era la fortuna della traversa presa da Magnanelli. Il gol di vantaggio. Stava andando tutto come doveva andare. E poi? Ma se non riesci neppure a trattenere la fortuna, allora perdi due volte: con te stesso e il destino.

Mandorlini, preoccupato, finalmente ammette ciò che andavamo ripetendo da un mese a questa parte. Ammissione però che sa tanto di resa. Difatti, la crisi gialloblu sta contaminando più situazioni. La difesa è solo un'ipotesi, siamo fermi a marzo della scorsa stagione. Rafa Marquez e Toni, che dovevano essere le nostre guide in campo, mostrano 10 anni di più: il primo, lentissimo, nuovamente in ritardo nella chiusura in occasione del pareggio, il secondo imprigionato da catene avversarie che l'anno scorso riusciva facilmente a spezzare. Oramai gli avversari sanno esattamente cosa fare: mettono contro il messicano i giocatori veloci (Sansone ha fatto quello che voleva) o quelli forti di testa, tanto non li prende mai; Toni è marcatissimo negli spazi stretti e quindi si neutralizza tre quarti del potenziale offensivo gialloblu. Oltre a questo continuano ad aggiungersi infortuni, a volte traumatici a volte muscolari. Uno poi si chiede come mai, quando le cose vanno bene nessuno si rompe, mentre quando non gira i giocatori si rompono come cristalli. Questo può andar bene forse per Martic, Jankovic, Sorensen, Marques e Ionita, ma le continue ricadute di Obbadi e Sala fanno dubitare anche sulla bontà delle cure.

Per fortuna il mister non ha impiegato Saviola. Lui, che non è pronto per il 4/3/3 di Mandorlini più che per il calcio italiano (grrr ...), è l'unico a non rimetterci e riesce a non svalutare il proprio cartellino. Meglio così, una minusvalenza in meno per il mercato di gennaio: si sta preparando per la Spagna o il Portogallo. Magari anche per le coppe europee.

Nel frattempo, mi chiedo, la società dov'è? Il Presidente tace, Sogliano (in parte responsabile della situazione) tace. Solo Gardini, in settimana, è uscito con affermazioni completamente fuori luogo che se volevano rassicurare: Momento difficile? Non credo proprio, la squadra sta facendo bene hanno finito per incupire ancora di più i tifosi. Per poi passare ad illuminate lezioni di Psicologia di Base: Dire ‘non è un momento facile' va riferito in relazione a quello che ognuno si aspetta, all'obiettivo che si ha in testa ! dobbiamo saper guardare dentro i risultati, leggere dentro le prestazioni, capire quali possono essere gli errori e i pregi della squadra. Tutto questo fa capire quanto siamo lontani dalla comprensione della situazione e dalla risoluzione dei problemi.

O forse no. Il mister è sempre più solo nell'incomprensione della malattia e della cura. E' completamente abbandonato al suo destino. Questa mi pare l'unica vera strategia in atto.

Massimo

Colonna sonora: Go back, Tony Allen (feat. Damon Albarn)



Hellastory, 01/12/2014
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L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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