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6. Il Campionato in finanza geometrica – I CERCHI

 

Il nostro grande editorialista Massimo mi fa sapere che l'analisi tecnica viene utilizzata dagli investitori per ridurre le perdite e massimizzare i guadagni. E' una forma rigida di comportamenti che analizzano i trend di mercato e aiutano, almeno in parte, a limitare sorprese pericolose. Anche in un orizzonte temporale piuttosto lungo. Pur non avendoci capito molto, mi limito ad analizzare la chiusura dei cerchi.

L'insperata salvezza della stagione 2022-23 chiude almeno un paio di gaps.

In ordine temporale, il primo è quello legato alla stagione 2001-2002, quando il Verona di Malesani riuscì a dilapidare un ottimo girone di andata finendo in serie B dopo aver perso 3-0 a Piacenza lo scontro diretto dell'ultima giornata. In quel campionato, il Verona non era mai stato coinvolto nella lotta per non retrocedere, se non nelle ultimissime giornate. Dopo una stagione vissuta sempre al di sopra della linea di galleggiamento, bastò un filotto negativo nel mese di aprile per rovinare tutto. Era una squadra piena di talento (Oddo, Gilardino, Mutu, Camoranesi, Italiano). Qualcuno di noi, in redazione, aveva ancora il cadavere in garage. Ora può seppellirlo, accettare il lutto e guardare avanti. E fu così che nacque Hellastory.

Quest'anno, il campionato ci ha risarcito di quell'affronto. Se escludiamo le primissime giornate in cui il Verona è stato anche dodicesimo (dopo la vittoria casalinga con la Sampdoria), siamo stati virtualmente retrocessi dalla ottava alla trentatreesima giornata, ovvero per un periodo infinito di sette mesi, grazie anche al magnifico intermezzo del campionato del Mondo. Abbiamo rialzato la testa solo con la vittoria di Lecce, che aveva significato un +3 sullo Spezia, subito azzerato la settimana dopo dalla vittoria del Torino al Bentegodi e dalla vittoria spezzina sul Milan. L'ultima giornata di campionato poi, l'unica con le gare di Verona e Spezia in contemporanea, è stata un vero stillicidio. Spezia in vantaggio a Roma dopo 6 minuti, Verona virtualmente in B. Nelle alternanze di gol che si sono succeduti a Milano e Roma, siamo stati con un piede in B per oltre un'ora. I 15 minuti di recupero concessi dall'arbitro Maresca a Roma hanno fatto registrare un notevole aumento del rischio cardiovascolare e delle bestemmie nella provincia di Verona.

L'altro cerchio (o gap, che si voglia) che si chiude è quello che aveva lasciato aperto il Verona di Ventura nel 2007 nello spareggio per non retrocedere in C contro lo Spezia. Si giocò allora in 2 gare, e quella di andata al Picco ce la ricordiamo ancora a distanza di 16 anni per lo sciagurato errore di Cutolo sotto porta quando il Verona era già in vantaggio per 1-0 grazie alla rete di Sibilano. Saverino e Do Prado ribalteranno la gara nel finale ma, al Bentegodi, nella gara di ritorno, ci sarebbe bastato vincere con il minimo scarto per rimanere in B, in virtù del miglior piazzamento in campionato. Novanta minuti di confusione, di nulla cosmico, di tentativi di buttare il cuore oltre l'ostacolo, che non sfociarono in nessun gol. Finì 0-0, Spezia salvo, e Giampiero (S)Ventura a battersi il petto sotto la Sud, ignaro del destino che avrebbe coniato per lui il detto "dallo Spezia alla Svezia, di spareggi non ci capisci un cazzo".

E' opportuno ricordare come arrivammo a quello spareggio per circostanziare il quadro psicologico. Lo Spezia, a quello spareggio, non sarebbe nemmeno dovuto arrivare, essendo atteso all'ultima giornata dalla trasferta di Torino con la Juventus, dominatrice del campionato, con uno score di 17 vittorie e 3 pareggi nelle 20 gare casalinghe. Gli scenari più plausibili, nel caso in cui i gialloblu avessero superato al Bentegodi il Bari, erano: Verona salvo con 5 punti di vantaggio sulla quartultima, o spareggio Verona – Arezzo se i toscani fossero riusciti ad imporsi a Treviso. In effetti il Verona regolò 4-2 il Bari, l'Arezzo andò a vincere a Treviso, ma il vero colpo della giornata fu il successo 3-2 dello Spezia in casa della Juventus. Ennesima prova di stile della "vecchia Signora" che onorò il campionato fino all'ultimo.

Lo Spezia, all'ultimo giro di orologio, era in serie C. Il gol al 90' di Nicola Padoin (ahimè, modesto carrettiere di centrocampo, nulla a che vedere con il più famoso Simone) consegnò alla squadra di Soda un'insperata coda-spareggio, a cui i liguri arrivarono da miracolati, e quindi con nulla da perdere. Un po' come il Verona quest'anno. A novembre, ultimo in classifica e staccato di 8 punti dalla salvezza, nessuno avrebbe scommesso una lira su di lui. Da questo punto di vista, è impossibile dare torto a Zaffaroni quando dopo la sconfitta con il Milan smorzava i toni e dichiarava che dovevamo già essere contenti di esserci arrivati, allo spareggio. La pressione era tutta dalla parte dello Spezia, dove Semplici si appellava alla giustizia divina dicendo che la sua squadra meritava di più la salvezza. Come i preti del 700 che davano la benedizione alle fanterie prima del massacro perché, da ogni parte si vedesse la ragione, Dio è con noi. Questo perché non aveva studiato la storia e si era dimenticato che 16 anni prima lo Spezia non meritava forse niente, ma si era trovato salvo grazie al gentilissimo regalo della Juventus di Giancarlo Corradini.

Commentare questo campionato è difficile, e ammetto in tutta onestà di non averci mai capito niente. A partire dall'inizio, dove era impossibile non rilevare l'incompetenza di Marroccu, mentre avevo qualche buona sensazione su Cioffi, alimentata dalla positiva presentazione di Valeriano, che parlava a luglio di "sguardo indagatore e fulminante" e ci rassicurava sul fatto che non avessimo di fronte il nuovo Di Francesco.

Poi, dopo la sconfitta casalinga con lo Spezia, ero straconvinto che fossimo già in B, e mi preparavo alla solita seconda parte di stagione condita di impresentabili giocatori arrivati a gennaio a intascarsi qualche gettone, pronti a fare giocate di fino sul punteggio di 3-0 per gli avversari, e il Bentegodi nuovamente deflorato da cani e porci.

Non è stato così, pur con l'indecente eccezione dello 0-6 incassato dall'Inter, e sono contentissimo di essermi sbagliato. Ma non sono in grado di archiviare questa stagione come positiva. Salvo solo il risultato finale, ma non dimentico l'improvvisazione, lo smantellamento della rosa in estate, un direttore sportivo deleterio, l'autogestione dei giocatori con Bocchetti in panchina, e certe partite imbarazzanti come quelle di Genova, Cremona, o quelle in casa con Fiorentina e Inter (mettiamoci pure quella con il Sassuolo).

Va dato merito alla squadra di essere rimasta viva, e di aver onorato la stagione fino in fondo. Il merito della salvezza però, bisogna ammetterlo, non è solo del Verona. E' anche, in buonissima parte, della quota salvezza a 31 punti (anzi 32, se si voleva evitare lo spareggio), ovvero ad una quota che si era vista solo lo scorso anno (Salernitana salva pur perdendo all'ultima giornata 4-0 in casa). Tanto per dare un'idea, tralasciando la nostra retrocessione a 39 punti nel 2002 (allora ad andare in B erano 4 squadre), basti pensare che il Carpi nel 20015-16 andò in B con 38 punti! Mai come quest'anno, possiamo dire che ci siamo salvati perché ce n'erano tre peggio di noi. A maggior ragione, se si consideri che – a rincorsa pressoché compiuta – abbiamo fatto 1 punto nelle ultime 4 partite, quando le motivazioni avrebbero potuto ribaltare i valori in campo.

Da gennaio in avanti, è pur vero, si è cambiata marcia. Gli artefici? Difficile da dire. C'è chi è pronto a giurare che Sogliano facesse pure la formazione. Io sono più propenso ad individuare in Zaffaroni l'uomo che ha saputo ricostruire lo spogliatoio, ma soprattutto la cultura del sacrificio in allenamento. Non avrà esperienza in A, ma è un uomo con molta esperienza di calcio e di spogliatoio. Può sembrare blasfemo l'accostamento, ma 30 anni fa, quando giocavo nei dilettanti qualcosa come 7 categorie sotto la massima serie, capitò un campionato in cui eravamo ultimi con 3 punti dopo 9 partite. Facevamo allenamenti bellissimi, pieni di novità atletiche e tattiche, ci divertivamo un sacco e il mister era un nostro ex-compagno. Dopo l'ennesima sconfitta, arrivò un allenatore che cominciò a spremerci fino all'osso e appese un cartello alla porta con scritto "sudore e lacrime". Ci salvammo con una rimonta incredibile, anche se nessuno si divertiva più agli allenamenti e ci era pure passata la voglia di andare a cena insieme.

Non credo che le dinamiche motivazionali cambino molto dal calcio professionistico a quello dilettantistico. Sono sicuro che i giocatori del Verona non si siano mai tanto divertiti in allenamento quanto nel periodo di gestione Bocchetti. E sono anche sicuro che si impegnassero e fossero convinti di dare il massimo, ma la verità del campo era che gli avversari arrivavano sempre prima sulla palla. Serviva una svolta. Qualcuno in grado di spremere il massimo dai giocatori oramai incanalati sulla strada della retrocessione con applausi della stampa. "Bella prestazione, peccato" i commenti più gettonati dopo le sconfitte sotto la guida di Bocchetti.

Sarà un caso, ma la partita meglio gestita anche in termini di cambi, è stata proprio lo spareggio dove Bocchetti era fuori. La notizia migliore dell'ultima giornata era stata l'espulsione con conseguente squalifica di Bocchetti. Ci diranno nuovamente tutti che è un predestinato e che farà strada. Tanti auguri, per me la facesse pure lontano da qui. Non posso fare a meno di pensare ad un paragone per Bocchetti allenatore: è come se la Juventus mettesse ad allenare Pinsoglio. Il fatto che sia il primo a scattare dalla panchina non fa di lui un mister, piuttosto un capo ultrà delocalizzato. Bocchetti sembrava tarantolato, incapace di star fermo, e inevitabilmente propenso a classificare ogni partita come uno spareggio, con la conseguenza di caricare troppo la tensione, ma di fatto senza nessun risultato evidente. Non regge nemmeno la scusa del calendario difficile. Con lo Spezia in casa prima della sosta si doveva vincere, punto.

In quanto a Sogliano, non so quanti siano in effetti i suoi meriti. Esce comunque da vincitore e da salvatore della Patria. Sogliano è l'amico di qualche anno più grande che, alla festina di fine anno, ti dice che a portare le fighe ci pensa lui. Arriva in ritardo con un pulmino di ragazze annoiate e stra-truccate, ma in mezzo al mucchio in effetti un paio di gnocche ci sono. Lui spara nel mucchio e almeno un Ngonge lo pesca, per la gioia nostra che potremo vedere il 33simo campionato di serie A nella storia gialloblu, e di Setti che sulla vendita (o svendita) di Ngonge costruirà la sua fama di indefesso tirchio di successo per un'altra stagione. Ho scritto di successo anziché di culo per pure ragioni di metrica. Quanto a noi tifosi, forse è meglio che cerchiamo di goderci la serie A per quello che è, ovvero la massima espressione del calcio italiano, capace di portare 3 club nelle finali europee ma anche di non qualificarsi agli ultimi due Mondiali. Godiamoci la serie A per quello che è, piuttosto che coltivare solo desideri bellicosi ma provinciali di fare lo sgambetto alle odiate "strisciate". Con cui quest'anno abbiamo fatto zero punti. In 8 campionati di A sotto la gestione Setti non abbiamo mai battuto l'Inter. Presidente, lo metta un premio per la prossima stagione!

Ho voluto parlare non a caso dei cerchi chiusi, per convincermi che non siamo in credito con la fortuna. Che in finanza, prima o poi i cerchi si chiudono sempre, almeno così dice Massimo. E io mi fido. La salvezza di quest'anno ci ha ripagato, almeno parzialmente, della sfortuna del 2002 e del 2007. Ad essere in credito con la fortuna è solo il presidente Setti. Speriamo che sappia dimostrare di essersela meritata.

Paolo




Hellastory, 26/06/2023

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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