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Introduzione

Sergio Girardi

Nome: SERGIO
Cognome: GIRARDI
Nato a BELFIORE (VR) il 26 marzo 1946
Club scuola: MANTOVA

Esordio in serie A: 1 ottobre 1967, Mantova – Inter 0-0

Ha giocato con il Mantova fino alla stagione dell’esordio (1964-1968), poi 2 stagioni nell’Inter (1968-1970), 4 stagioni a Palermo (1970-1974), 6 stagioni nel Genoa (1974-1980), ancora 4 stagioni a Mantova (1980-1984) e infine un ultimo campionato al Ravenna (1984-85)

Vanta anche 4 presenze nell’Under 23.

"El Verona ai veronesi!" tuonava il Conte Arvedi, scatenando l'ironia di Roberto Puliero che metteva in scena spassosi dialoghi fra il Presidente dell'Hellas e il suo Direttore Sportivo Peppe Cannella. Oggi che la società è nelle mani di un modenese, ma ha riguadagnato un posto di diritto in serie A, abbiamo accettato di buon grado l'idea che il Verona possa essere non solo dei veronesi. Piuttosto, ci siamo chiesti che cosa ne è dei veronesi al Verona, oggi che nessuno dei giocatori della rosa gialloblu è nativo della provincia.

Hellastory ha una sezione dedicata ai veronesi che hanno vestito la maglia gialloblu. Logico che la maggior concentrazione di veronesi nell'Hellas si abbia a inizio Novecento; con l'avvento del professionismo le cose sono cambiate, anche se fino a tutti gli anni Settanta era abbastanza facile trovare uno zoccolo duro formato da giocatori nativi della provincia. Per molti che sono arrivati a giocare in gialloblu, tanti altri veronesi non hanno mai avuto occasione di difendere i colori della squadra della loro città. L'elenco sarebbe lunghissimo: fra questi ci sono giocatori che hanno scritto pagine importanti del calcio italiano, fra cui Mario Corso, di San Michele Extra, vincitore di due Coppe Campioni con l'Inter di Herrera negli anni Sessanta, oppure Romeo Benetti, di Albaredo d'Adige, protagonista di un grande Mondiale in Argentina nel 1978.

Fra i veronesi che non hanno mai trovato fortuna in terra scaligera c'è anche Sergio Girardi, classe 1946, originario di Belfiore, portiere che ha attraversato 3 decenni di calcio professionistico, giocando in serie A con le maglie del Mantova, dell'Inter, del Palermo e del Genoa.
Una vita sempre sopra le righe, quella del portiere: il ruolo più individualistico che esista nello sport di squadra per antonomasia. Non potrebbe essere altrimenti, quando vedi il mondo solo dallo spazio vitale disegnato dai pali e dalla traversa, con il resto dei 21 giocatori in campo sempre davanti, e qualche migliaio di persone alle tue spalle a rumoreggiare, a tifare per te o contro di te. Una continua dicotomia scandita ad intervalli di 45 minuti: un tempo con i tuoi tifosi a sorreggerti dietro alle spalle, e un tempo con i tifosi avversari che non sperano altro che in una tua giornata storta, in un tuo intervento maldestro, per gioire delle tue disgrazie.

Sergio Girardi ha affrontato questa "dicotomia" con lo stile di chi è sempre stato innamorato del calcio e lo ha concepito come uno spettacolo di cui era parte. Quando entrava in porta sotto la curva dei tifosi avversari, rivolgeva anche a loro un saluto di cortesia. All'inizio i tifosi avversari rispondevano con fischi, poi capirono il significato del gesto e per Girardi cominciarono ad arrivare timidi applausi che oggi si direbbero "bi-partisan". Lo stadio non è mai stato un mondo perfetto, ma sono diversi i portieri che si sono meritati il rispetto delle tifoserie avversarie. Nel suo libro "Dura solo un attimo, la gloria", Dino Zoff racconta di come il presidente Boniperti non gli abbia mai perdonato il fatto di non venire insultato dalle curve avversarie: "Hai qualcosa che non va, un vero juventino deve essere odiato". Al di là della maglia, i tifosi hanno sempre saputo distinguere l'uomo e portare rispetto a chi ne aveva verso di loro. D'accordo, era un altro calcio, basti pensare che c'era ancora il retropassaggio al portiere, roba che oggi ci sembra preistoria. Oggi il portiere si prende insulti e cori offensivi ad ogni rinvio dal fondo in molti stadi, anche senza aver fatto nulla per perdere tempo o per provocare la platea avversaria.

Un po' diversa era la situazione nel ventennio dal 1964 al 1985, periodo nel quale Sergio Girardi ha calcato i campi da calcio, partendo da Mantova in serie A, fino a chiudere in serie D con il Ravenna.
Una volta ritiratosi nel 1985, Girardi ha iniziato l'attività di osservatore e allenatore di portieri nelle squadre giovanili, attività che ha svolto partendo dal Parma, passando per il Verona, il Mantova e, fino ad un paio di anni fa, il Brescia. In questi anni ha allenato, fra gli altri, i talenti di Micai, Valentini, Pegolo, Leali, Cragno e Minelli.

Girardi vive a Mantova e ha accettato di raccontare a Hellastory la sua storia di veronese che ha trovato fortuna solo fuori da Verona.

Paolo


- foto dell'Inter tratte dal sito interfc.it
- foto del Palermo tratta da Wikipedia
- foto del Ravenna tratta dal sito lamagliadelravenna.sitiwebs.com

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LA STRATEGIA DI PRESIDIO E UN MERCATO FATTO DI PRESTITI


Povero Verona ... Prima la fragilità (tecnica e mentale) dimostrata all'Olimpico che conferma che anche quest'anno dovremo soffrire. Poi i rifiuti di mercato (Baldanzi, Richardson, Faivre) che, per motivi diversi, hanno tutti snobbato il Verona. Verona è una piazza poco appetibile o offre troppo poco? Comunque sia, per i tifosi del Verona ogni stagione è un continuo succedersi di momenti di passione con alternati picchi depressivi (molti) ed esaltati (pochi): si parte in estate con l'allestimento di una squadra decente in grado di salvarsi e si finisce con il riscontro sul campo. Il problema è che questo stress si risolve sempre solo negli ultimi giorni di trattativa e nelle ultime partite di campionato. Se questa è una situazione alla quale non finiremo mai ad abituarci, anche vedendo come si muovono nel frattempo le nostre avversarie dirette, credo che debbano essere rivisti i criteri che guidano le linee guida societarie e delle quali subiamo ansiogene conseguenze. Il Verona fa di un vanto la propria gestione oculata in termini di ingaggi e contenimento di costi. Corretto. Aggiungo che l'autofinanziamento nel mercato (compro sulla base di quanto riesco a vendere) è una regola quasi decennale introdotta da Setti che aveva un capitale limitato e anzi sosteneva se stesso con il risultato economico positivo della società. L'alternativa è prendere a prestito, magari con l'opzione del riscatto. Il Verona ha una struttura fragile e non può permettersi di sbagliare mercato, per questo punta su giocatori potenzialmente interessanti, magari provenienti da stagioni sfortunate. Spendere 10 milioni per un potenziale talento che poi o si infortuna o non riesce ad esprimersi sarebbe deleterio per il bilancio. Riuscire invece a strappare un'opzione ad una cifra prefissata aiuta la gestione societaria nel valutare l'opportunità di un successivo riscatto. Un buon esempio è stato il Cagliari che quest'estate ha riscattato Piccoli, Gaetano e Caprile spendendo subito 26 milioni e successivamente ha ceduto Piccoli alla Fiorentina per 25 ripagandosi di fatto l'intera operazione con il vantaggio di aver acquisito 2 giocatori (per loro) importanti.

[continua]

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