IL CALCIO MODERNO | |
Che differenza c’è, dal punto di vista letterale, tra tattica e strategia? La prima rappresenta l’insieme di soluzioni adottate per ottimizzare un obiettivo (sportivo, militare, economico, commerciale) prefissato. La strategia invece, al pari della tecnica, l’organizzazione di supporto, l’allenamento, la logisticasono le singole componenti che rendono possibile, in maniera differente tra loro, questa realizzazione. Estremizzando e semplificando il concetto: la tattica si occupa di concretizzazioni di lungo termine e va impostata per tempo; la strategia, al contrario, rappresenta una soluzione contingente e va applicata all’occorrenza, secondo le necessità. Questo concetto applicato al mondo del Pallone mi consente di affrontare, in questa penultima puntata, alcune tematiche di natura strategica. Finora ci siamo occupati di come nascono i moduli, come si affrontano, gli schemi che vengono applicati, i pro e i contro di ogni impostazione, le loro principali applicazioni pratiche nel Calcio nazionale, internazionale e gialloblu. Oggi mi interessa focalizzare due aspetti sempre piuttosto sentiti e dibattuti: l’assetto difensivo e il numero ideale di attaccanti con cui giocare. LA STRATEGIA COME SUPPORTO DELLA TATTICA In genere, un Torneo nazionale è caratterizzato da un lasso temporale molto lungo, si estende nell’arco di almeno 3 stagioni e le gare vengono affrontate settimanalmente. In questo contesto viene privilegiato il comportamento regolare della squadra. Le partite potranno pure combinare tutti i risultati possibili, ma difficilmente vengono considerate estreme, come degli autentici spareggi, tranne nella fase finale della stagione e durante i confronti diretti per la lotta dello scudetto, della retrocessione, della promozione. Forse, solo i derby accendono sempre una certa tensione. Per il resto, cambiano gli avversari, ci si alterna in partite casalinghe e in trasferta, il punteggio finale è espressione del valore mostrato in campo. Per tutti questi motivi, il Campionato di calcio mette alla prova l’affidabilità complessiva degli organici e la tenuta fisica e mentale della squadra. Per ottenere risultati in campo nazionale, devi essere un maratoneta, non un velocista. Ma le partite più emozionanti, quelle che contano veramente, sono di natura internazionale. Non c’è stata novità tattica che non sia stata avvalorata anche da un Campionato del Mondo, o Europeo per nazionali o per club. Ciascuno può pensare di aver scoperto la Scienza Assoluta del Calcio, ma per trovare un seguito e una legittimazione, deve dimostrarlo vincendo all’estero. Infatti, solo in un confronto internazionale giocato con partite a eliminazione diretta o con il classico abbinamento andata/ritorno si può verificare l’efficacia del modulo impiegato. La tensione nervosa alza i toni della prestazione, i giocatori impiegati sono sempre i migliori, non si corre il rischio routine o turnover delle rose, pena l’esclusione immediata e il discredito. Ecco perché certe espressioni tattiche (come ad esempio la ZONA PURA) sono ancora diffuse all’interno di competizioni di carattere nazionale, ma vengono trascurate nei tornei internazionali. La difficoltà di applicarci sopra soluzioni strategiche efficaci, costringe molti allenatori e selezionatori a non ritenerle troppo idonee. Del resto, più l’impianto organizzativo tende ad avere una sua natura teorica e meno si mostra adattabile alle esigenze del “dentro o fuori”. Tenuto conto il rischio che c’è in ballo. Viceversa, la flessibilità del modulo è condizione necessaria per importare nuove cognizioni capaci di sorprendere l’avversario. Se con la Tattica migliore si vince la guerra, con la Strategia più efficace si vincono le battaglie. Il Campionato Mondiale Nippo-Coreano, quello Europeo del 2004 e infine quello Africano concluso pochi mesi fa hanno sancito cosa si intende oggi per fare calcio. Quello tedesco che inizierà fra pochi giorni, o verrà chiamato a confermare le proposte in essere, o introdurrà nuovi comportamenti adeguando e uniformando gli addetti ai lavori. Chi vince, impone sempre le regole della propria superiorità. COME SI DIFENDE OGGI Ovviamente non esiste una difesa perfetta e impenetrabile. Molto dipende dalla bontà dei difensori a propria disposizione, dal valore tecnico degli avversari, dal loro schieramento abituale. Tuttavia, esistono un paio di regole pratiche, dettate cioè dall’esperienza maturata in campo, alle quali oramai non si può prescindere. Primo. Già da qualche anno è stata abbandonata la difesa a 3 (o, peggio ancora, quella a 5): nonostante il tentativo di imporla a cavallo della fine dello scorso secolo, ci si è resi conto di un paio di complicazioni che non sono mai state sufficientemente risolte:
Secondo.La ZONA MISTA (o pragmatica) si è sostituita sempre di più a quella PURA (fondamentalista) nell’assetto difensivo. Questo significa che èdiventato uso comune, oggi, staccare all’indietro il centrale difensivo per dare profondità e maggiore copertura dietro; e riprendere la vecchia marcatura ad uomo nel caso in cui l’attaccante avversario lo meriti. Dal punto di vista strategico, esistono 3 differenti soluzioni difensive legate all’impiego comune della ZONA. Le prime 2 vengono adottate lontane dall’area di rigore e si configurano con un atteggiamento più o meno aggressivo verso la squadra avversaria, la terza è sintomatica di un assetto esclusivamente difensivo:
Al di là dei metodi applicati negli ultimi 25 anni, meno lontani di quello che si possa immaginare, il miglior uomo sicurezza che abbia mai vestito la maglietta gialloblu è stato Roberto Tricella. Un mito per me. Cambiano le mode, cambiano i sistemi di allenamento, ma avere una buona difesa vuol dire trasmettere sicurezza a tutta la squadra. E senza un grande reparto difensivo, non si vince niente. E’ MEGLIO ATTACCARE CON 1, 2 O 3 PUNTE? Bastasse il numero di giocatori da collocare in area di rigore per vincere una partita, non avremmo più lasciato il METODO tradizionale inglese che schierava 3 centravanti e 2 ali contemporaneamente. Invece, ci sono squadre famose che si sono imposte nelle competizioni giocando con 1 sola punta, oppure (la maggior parte) con 2. Si può convenire con il fatto che non è importante il numero degli attaccanti a propria disposizione, quanto il valore degli stessi e la capacità della squadra di adeguarsi a loro, cambiando in corsa se necessario. Cioèaggiungendo o togliendo punte e rifornimenti a seconda delle necessità. La gran parte della storia del Verona, almeno dal dopoguerra in avanti, è piena di coppie famose di attaccanti: Bui-Traspedini, Luppi-Zigoni, Penzo-Gibellini, Iorio-Galderisi, Galderisi-Elkjaer, Cammarata-De vitis. Eppure noi ricordiamo sempre con altrettanto piacere i Campionati in cui i nostri giocatori sono stati schierati con un solo attaccante davanti, supportato da compagni di squadra molto offensivi. Cito ad esempio il Verona di Liedholm che nel 1967/68 conquistò la serie A con Bui unica punta e 2 ali del valore di Sega e Bonatti; oppure quello del 1971/72 che conquistò una difficilissima salvezza con il solo Mariani davanti ad Orazi; oppure il Verona di Bagnoli del 1982/83 che arrivò 4° in A con Penzo assistito largo da Fanna e Dirceu; oppure, infine, il girone di ritorno del 1999/00 nel quale Cammarata veniva lanciato da Morfeo e Melis piuttosto che da Adailton. Viceversa, ricordiamo con scarsa soddisfazione i rari tridenti gialloblu, espressione forse di squadre o poco prolifiche oppure troppo estreme. Ad esempio il Verona di Cadè del 1980/81 in B, e quelli più recenti di Malesani e Ficcadenti. Il fatto è che ogni intenzione offensiva, a seconda del numero di punte schierate, necessita di alcune regole di base ben precise. Ripassiamole insieme:
Nel calcio professionistico ha un senso giocare in questo modo, meno in quello dilettantistico perché il livello tecnico è inferiore e i meccanismi di collegamento tra i reparti possono essere recepiti con maggiore difficoltà.
Concetto fondamentale nella scelta - e mai sufficientemente sottolineato - è quello che entrambi gli attaccanti devono avere uguale dimestichezza con il gol: se uno solo ha buone doti realizzative, si penalizza tutta la squadra e conviene allora cambiare assetto offensivo. Difatti, tutte le coppie gialloblu più famose sono state formate da attaccanti che, nell’arco della stessa stagione, hanno realizzato un numero più o meno analogo di reti. Il punto di forza dell’attacco a due punte è che la coppia conta di più dei singoli attori.
Il problema è che occorre lavorare molto in allenamento per creare automatismi tali da evitare che i tre attaccanti si tolgano tra loro lo spazio, si ammassino al centro dell’area di rigore o - peggio - girino sempre al largo evitando di andare in profondità. Inoltre, si corre il rischio di impiegare un numero eccessivo di attaccanti per compensare la scarsa capacità realizzativa individuale. Come è accaduto alcune volte nell’esperienza storica del Verona. Complessivamente, nel Calcio Moderno assistiamo a un ritorno del centravanti boa (alla Bogdani), un po’ dimenticato negli anni 80 e 90 quando si preferiva un giocatore più opportunista, da area di rigore, scattante e veloce (alla Galderisi, Paolo Rossi, Cammarata). Questo dipende dal fatto che è in atto una semplificazione della fase offensiva fatta di meno combinazioni tra gli attaccanti in area e più tagli senza palla a entrare e uscire. Ciò implica la presenza, in ogni formazione importante, di un attaccante con particolari qualità in area di rigore (tipo Ronaldo, Trezeguet, Adriano, Toni, Henry, E’to). Come si giocherà a calcio nei prossimi anni? Come anticipato, un ottimo punto di osservazione sarà il prossimo Campionato del Mondo di Germania. La mia impressione è che sarà sempre più di moda il metodo misto, quello che riesce ad adottare schemi difensivi a seconda dell’avversario; che adegua il numero di attaccanti alle loro caratteristiche; che richiede ai centrocampisti di saper far girare la palla nella maniera più rapida possibile. Tutto, o quasi, è stato inventato in più di un secolo di confronti calcistici. Alla fine, sono riusciti a vincere più degli altri solo coloro che hanno saputo conformare il proprio bagaglio tecnico alle esigenze del campo e diversificare il numero di schemi da impiegare nel corso della partita. Sempre lì: potenza e ingegno insieme. Massimo |
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