ALLENARE I PORTIERI | |
Il portiere è un personaggio anomalo nel mondo del calcio. Veste in maniera differente dagli altri, esegue esercizi fisici personalizzati (che privilegiano anche la parte alta del corpo) e si allena a parte. Per l’allenatore non è prevedibile quanto e come verrà impiegato durante la partita per cui il suo stato di forma è condizionato più dalla condizione psicologica che da quella fisica. Anche per questo la personalità del portiere è completamente differente rispetto quella degli altri giocatori. Ma come si prepara un portiere? Cosa ci si deve attendere da lui? È sufficiente puntare sull’istinto e sulla sua efficacia oppure esiste anche una tecnica da seguire per migliorare le sue prestazioni? È buona norma assecondare tutte queste diversità, proprio a tutela del ruolo. Pertanto, l’ideale è farlo seguire da un preparatore specifico. Difficilmente infatti un allenatore ha il tempo e la competenza necessari per dedicarsi con la stessa cura come accade con il resto dei giocatori. Se ne è costretto, deve essere disponibile a lavorare usando parametri differenti. Lavorare sul portiere significa lavorare sugli aspetti caratteriali e su quelli tecnici dell’atleta. Un portiere fragile emotivamente, demotivato oppure in crisi è un elemento di disarmonia all’interno della squadra. Lui infonde naturalmente sicurezza al gruppo perché è l’ultimo baluardo, dà grinta, voglia di non mollare mai. Oltre lui, c’è il gol. Il portiere non può dunque permettersi di mollare al primo errore che commette o al primo gol che subisce perché, così facendo, aprirebbe uno squarcio incolmabile. Il suo modo di affrontare la sfida, lo porta ad esprimere tutta la personalità a servizio della squadra. E’ meglio dunque avere tra i pali un guerriero, anche se stilisticamente non perfetto (ricordate Garella?) piuttosto che un giocatore discontinuo e lunatico. Proprio per queste peculiarità, il portiere è oggetto di grande attenzione. In Argentina si dice che la squadra la fanno “il numero 1 e il numero 10, che sommati insieme diventano 11”, il numero dei giocatori in campo. Ecco perché prima e durante la partita riceve un mucchio di applausi incoraggianti da parte dei propri sostenitori. Pronti a trasformarsi in giubilo al primo miracolo, oppure in fischi al primo intervento sbagliato. Del resto, quando capisce che le cose non stanno girando nel modo giusto, lui allenta la tensione facendo parate plateali, spezzando la frenesia del gioco, incoraggiando i compagni applaudendoli con i guantoni, anticipando i propri difensori non piazzati, comandando l’intero reparto difensivo. Infatti, giocando in quella posizione privilegiata, ha sempre una visione d’insieme utilissima per i compagni. LA TECNICA In linea di principio, quando il portiere attacca il pallone con le mani, a forza dinamica contrappone altra forza dinamica. La sua. In questo caso, gli riesce più facile addomesticarlo ed ha un maggior controllo della situazione. Ecco perché il mio preparatore dei portieri continua a chiedere di attaccare la palla, attaccare lo spazio davanti, anticipare la giocata dell’avversario. È incredibile perché questi concetti li abbiamo visti applicati ai giocatori nelle situazioni di controllo della palla, pressing, UNO contro UNO. La logica è esattamente la stessa: il portiere (come qualunque altro giocatore) non può permettersi di attendere che la palla arrivi a lui perché concede all’avversario un vantaggio incolmabile, quello di decidere dove calciare il pallone. Tre sono gli aspetti peculiari che caratterizzano la tecnica e che devono essere sviluppati attentamente in sede di allenamento:
Primo. Il movimento corretto delle gambe deve essere sempre orientato in direzione del pallone. Non solo, nei tiri ravvicinati, è fondamentale che il portiere tagli in avanti per aumentare lo spazio di intercettazione della palla. In questo modo, le braccia distese in tuffo riescono a recuperare fino alla bellezza di 30/40 centimetri, spesso la differenza necessaria per fermare la palla o subire gol. Nel disegno si vede chiaramente come lo spazio tratteggiato, che deriva dal taglio del portiere, copre un’area maggiore rispetto al classico tuffo laterale. Nella foto vediamo il modo corretto di tagliare in tuffo: visto che il pallone giunge a sinistra, il portiere allunga la gamba sinistra e si protende in quel verso. Questa modalità è meno efficace – anzi, talvolta diventa persino controproducente –nelle conclusioni dalla media/lunga distanza perché il tiro calciato da lontano spesso cambia traiettoria, arriva a scavalco o a rientrare, e può risultare quindi fuori dalla portata del portiere. La filosofia del taglio è quella di anticipare, con il movimento delle gambe, il verso del tiro. Da lontano, conviene invece partire un attimo dopo, dopo aver compreso l’esatto orientamento e rotazione del pallone. Gli errori più comuni sono il tuffo di pancia, quello in plonger (dall’alto in basso), quello che fa seguire alla parata un arrotolamento su se stesso verso l’alto o verso il basso (in quanto si corre il rischio di farsi sfuggire il pallone). Tutti questi errori, da curare attraverso esercizi specifici, limitano lo spazio di intervento e aumentano il tempo di reazione, concedendo quindi un grosso vantaggio all’avversario che sta tirando. Ricordiamoci che ogni portiere ha un lato privilegiato. Questo lo sanno tutti. Fateci caso, gli stessi interventi che riescono con facilità in un verso, non riescono con altrettanta efficacia nel verso opposto. Questo può dipendere da vari motivi (traumi passati, psicologia, conformazione fisica etc). Pertanto si deve lavorare molto per ridurre lo squilibrio. In occasione di un calcio di rigore, non è dunque solo il portiere a sapere dove preferisce calciare l’avversario, ma anche chi batte cerca di individuare il lato dove il portiere fa più fatica ad arrivare. Nella foto si nota chiaramente come lo stesso portiere affronti con maggiore difficoltà un tiro calciato sul suo lato sinistro. Un trucco che insegnano i preparatori in allenamento è quello di effettuare il tuffo in 2 momenti: prima protende in avanti il ginocchio, quasi ad appoggiarsi; e poi affronta lo slancio. Terzo. La presa si articola in 2 movimenti distinti e consecutivi:
L’esercizio completo, in sede di riscaldamento, viene effettuato anche senza palla perché deve diventare un automatismo al quale il portiere non può prescindere. LA POSIZIONE Il senso della posizione è una delle doti innate nel portiere, insieme all’agilità e alla reattività. Si può lavorare per migliorarlo, ma è un’attitudine che si deve dare per scontata. Un portiere spesso spiazzato, che non riesce a definire la traiettoria e la lunghezza dei palloni che arrivano ha poi difficoltà a stabilire il tempo necessario per intercettarli. Le regole che possono aiutarlo sono semplici. Provo ad elencarne alcune:
Ricordo infine che, per logica, tutti i palloni che arrivano nell’area di porta (detta anche area del portiere) sono di sua pertinenza e, nelle percussioni laterali, deve coprire sempre il primo palo, ovvero quello più vicino all’attaccante che tira. L’ALLENAMENTO E’ frequente vedere a fianco dei 2 portieri, il preparatore specifico e quello atletico, un numero di palloni maggiore dei giocatori, paletti, coni, cinesini, strumenti vari. Perché tanta attenzione? Innanzitutto perché il portiere va preparato in tutto il suo fisico. Lui gioca anche con i piedi, usa le gambe per saltare e slanciarsi, le braccia per allungarsi e la schiena per distendersi o curvarsi. Questo comporta inevitabilmente che l’area esposta ai traumi è maggiore di chiunque altro e va difesa con l’addestramento. Per questo gli esercizi sono differenziati rispetto al resto della squadra. In secondo luogo, il portiere ha bisogno di sentire la presenza (e l’attenzione) di persone intorno a lui che lo stressino atleticamente e lo sostengano emotivamente. Il preparatore lo porterà all’estremo con tutta una serie di allenamenti sfiancanti tesi a migliorare la reattività, i riflessi, l’agilità, la sicurezza nell’intervento. Pertanto, è frequente assegnare una seduta settimanale al lavoro specifico, mentre le altre sono al servizio della squadra. Gli esercizi di riscaldamento prevedono il movimento delle gambe (in questo caso il portiere esegue esattamente gli esercizi del resto della squadra) che degli arti superiori. Le braccia si sciolgono con roteazioni della palla intorno al corpo, dietro le spalla, picchiando forte a terra la palla e prendendone il rimbalzo. La schiena, infine, si scalda raccogliendo a terra la palla più volte e in tutte le direzioni. Gli esercizi di rafforzamento delle braccia e della schiena sono effettuati per lo più a terra con l’allenatore che lo sollecita a bloccare e restituire palloni (spesso più pesanti del solito) dal basso in alto, con la schiena a terra, in un verso e poi nell’altro, cambiando la velocità. Gli esercizi che perfezionano la tecnica (gambe, tuffo, presa) devono prevedere entrambi i versi. È importante chiarire al proprio portiere che, in fase di allenamento, si anticipa la direzione del pallone e non si forza mai il tiro. Un conto è prepararlo al movimento tecnico, un altro è metterlo in difficoltà durante la partita. La simulazione ha l’obiettivo di immagazzinare tutte le informazioni necessarie per compiere successivamente il gesto in maniera corretta. Ecco alcuni esercizi ricorrenti.
Esercizio 1: il portiere salta la corda a piedi uniti e l’allenatore gli lancia il pallone dalla parte opposta (in pratica quello di origine) a mezza altezza da prendere in tuffo. Gli esercizi sulla posizione, infine, trovano spesso il coinvolgimento dei compagni di squadra che lo sollecitano sui cross alti, bassi, palloni spioventi, tiri angolati, pallonetti. Massimo |
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