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HELLAS VERONA / Flashback

4 Ottobre 1987: VERONA - JUVENTUS 2-1


4 Ottobre 1987: VERONA - JUVENTUS 2-1

Campo minato il Bentegodi per la «vecchia signora» del calcio italiano, Madama Juve. Negli anni '80 i bianconeri ci lasciano le penne ben 6 volte su 9 incontri ufficiali (le sconfitte sono 7 se aggiungiamo un'amichevole estiva nel 1985 organizzata con tutti i crismi dell'evento). Chi scrive ha sempre detestato la Juve, più di qualsiasi altra squadra, ed ha sempre avuto un'antipatia viscerale per il prototipo dello juventino tipo, soprattutto se di origini veronesi. Vedere lo striscione «Verona Azzurra» dei tifosi napoletani non mi ha mai scosso più di tanto, perchè ovviamente si tratta di immigrati meridionali, ma «Verona Bianconera» e «Juventus Club Verona» mi hanno sempre fatto inviperire! Se il cosiddetto «stile Juve» ha fatto breccia e proseliti ovunque, per il sottoscritto, ben prima dell'avvento di «calciopoli», l'erre moscia dell'avvocato, la finta umiltà di Boniperti e l'arroganza di Trapattoni, riuscivano ad innervosirmi come solo l'ipocrisia di certi politici ha saputo fare in seguito.

Tra le varie vittorie gialloblu ho scelto di proporre questa (ma ci sarà tempo in seguito anche per le altre) perchè dimostra senza troppi giri di parole quanto la sudditanza nei confronti delle «grandi», e della Juve in particolare, non sia affatto un brevetto di Moggi & C ma sia componente essenziale del calcio nel nostro paese. Le immagini parlano da sole, e a fronte di due rigori sacrosanti negati al Verona (che a onor di cronaca va in vantaggio grazie ad un penalty discutibile) e di un gol regalato alla Juve dopo un minuto abbondante dalla presunta «segnatura», il telecronista ha anche il coraggio di dire che i bianconeri possono recriminare per l'arbitraggio! La scelta di questa partita è anche un omaggio al grande Preben che in quel periodo stava passando il momento migliore della sua carriera in gialloblu. Nell'anno solare 1987 «cavallo pazzo» segna la bellezza di 18 gol tra campionato e coppe! Idolo indiscusso dei tifosi, il grande Preben, all'inizio della stagione 1987-'88, riesce anche a convincere la dirigenza ad adottare una nuova maglia metà gialla e metà blu, sullo stile di quella della nazionale danese.

La partenza di Tricella (dopo la bellezza di 324 partite in gialloblu) e di De Agostini, entrambi destinati proprio alla Juve, permette di agire sul mercato con una certa disponibilità, e la campagna acquisti del Verona è di tutto rispetto: il tedesco Berthold (ricordato maggiormente per la «scappatella» notturna con una nota cantante dell'epoca, durante il ritiro precedente la partita a San Siro contro l'Inter, piuttosto che per le sue imprese sul campo), il folletto di centrocampo Beppe Iachini, il terzino di fascia Giuseppe Volpecina (neo-scudettato con il Napoli), e i difensori Dario Bonetti, Roberto Soldà e Stefano Pioli. Non tutti gli acquisti alla lunga si rivelano all'altezza della situazione, ma il Verona parte bene, come del resto aveva chiuso benissimo la stagione precedente (4° posto e qualificazione per la UEFA). Io all'epoca, nel 1987, avevo 17 anni e macinavo chilometri su chilometri con il mio PX 125 E che spesso mi portava anche allo stadio. Era però, soprattutto, il periodo in cui qualcuno della compagnia cominciava ad avere a disposizione l'auto, e di colpo alcuni limiti, non solo geografici, venivano superati. Per il sottoscritto sono stati gli anni delle trasferte al seguito del Verona. Già a metà agosto, fresco del rientro dalla consueta vacanza sulla costa romagnola, assieme a pochi intimi sono presente alla prima amichevole post-raduno del Verona. Si gioca a Reggio Emilia e perdiamo per 2-1 contro una Reggiana che giocarà in C1. La domenica successiva è la volta della prima ufficiale a Ferrara contro la Spal. Stavolta la curva si muove in massa e il Verona vince per 1-0. La trasferta successiva, sempre in Coppa Italia, è ancora una volta in Emilia: a Bologna perdiamo per 3-1 e rischio pure di prenderle da un celerino...La prima di campionato va in scena a Firenze, trasferta imperdibile per il gemellaggio con i viola, finisce 0-0 e non ricordo altro... Bei tempi insomma.

Tornando a bomba, all'ennesima scoppola rifilata ai bianconeri, quell'inizio di ottobre è molto simile a quello di quest'anno, con temperature miti e giornate quasi primaverili. Come sempre quando arriva la Juve, i giorni precedenti la gara sono monopolizzati da discussioni e pronostici. Complice anche il clima, ci si aspetta il tutto esaurito e lo scenario pre-partita vede un Bentegodi assolutamente stipato, compresa la nuova tribuna superiore ovest. Io sono in curva, in posizione centralissima, negli ultimi scalini, stretto come un'acciuga tra due inseparabili compagni di avventure dell'epoca. Sono in maniche corte ma sudo come un cammello. In auto, abbiamo diversa roba per cambiarci, il programma infatti, prevede che se riusciamo a evitare il traffico, uscendo qualche minuto prima, dovremmo riuscire a fare un salto all'Atrium di Villafranca, dove uno degli amici, in caso di vittoria, deve ritirare la vincita di una scommessa da una ragazza mantovana, ovviamente di fede bianconera. Preferisco non addentrarmi nei particolari di tale «vincita» ma posso garantire che lo scommettitore ci tiene molto... I cronisti d'epoca dicono che Roberto Tricella quando entra in campo si mette visibilmente a piangere, io questo non lo posso testimoniare, perchè sono sotto il bandierone che copre interamente la curva, con le mani alzate per sostenerlo, pronto a passarlo al collega dietro quando viene repentinamente ammainato. La partita è dura. L'impressione è che la Juve sia messa in campo meglio di un Verona che fatica ad arrivare alla tre quarti e si affida soprattutto al lancio lungo per Pacione e Preben. Pronostico all'amico scommettitore che secondo me finisce 0-0 e invece, verso la fine del primo tempo, ci fischiano un rigore a favore: atterramento di Pacione da parte di Tricella. Gli juventini protestano alla grande. Io esulto anche se dalla mia posizione il fallo devo dire di non averlo visto. Mentre Preben infila Tacconi penso che forse Tricella lo ha fatto apposta, come fece qualche anno prima Nico Penzo, anche lui passato alla Juve, deviando platealmente con la mano un pallone in area bianconera a Torino (era il novembre 1983 e il Verona perse per 3-1).

La partita, già piuttosto dura, diventa davvero cattiva, con falli pesanti da entrambe le parti. Alla fine dell'intervallo, quando le squadre rientrano in campo, io sono ancora ai bagni e riesco a guadagnare la scaletta per salire agli ultimi gradini solo nel momento in cui lo stadio scoppia in un boato tremendo: Preben ha raddoppiato! Il gol lo vedrò soltanto stasera in tv, ma l'importante è che stiamo ancora una volta battendo la Juventus. Raggiungo gli amici e lo scommettitore vorrebbe andarsene subito: non vede l'ora di raccogliere la «vincita». Naturalmente non se ne parla nemmeno. La Juve spinge, ma lo fa in modo disordinato e il Verona adesso può giocare di rimessa. Difficile pensare che gli ospiti possano recuperare due gol, anzi, sembra più probabile che sia il Verona a dover segnare ancora: Pacione se ne va, entra in area e viene steso di brutto! É un rigore grosso come una casa ma l'arbitro fa continuare. Stile Juve, come al solito, e allora non c'è da stare troppo allegri. Infatti, a metà della ripresa, succede una cosa straordinaria: c'è una mischia in area gialloblu, Brio schiaccia di testa superando Giuliani ma non Di Gennaro che respinge sulla riga. Gli juventini circondano l'arbitro che non fischia, mentre Galia parte palla al piede sulla sinistra, si fa tutto il campo e impegna seriamente Tacconi con un diagonale che finisce a lato. Si dovrebbe proseguire con un calcio d'angolo ma l'arbitro, sentito il guadalinee, mette la palla al centro assegnando il gol alla Juve! La partita prosegue con un altro rigore negato al Verona, stavolta per atterramento di Elkjaer, e con il fiato sospeso fino al triplice fischio. Altro che uscire in anticipo! Raggiungiamo l'auto dopo mezzora e ci vuole quasi un'ora per uscire dalla città. Arriviamo all'Atrium che sono le sei passate ed entra solo l'amico scommettitore, io e l'altro ci accomodiamo sugli sgabelli di un patataro ambulante e ci concediamo una porzione media di patatine bisunte con Ceres gelata. Non passa un quarto d'ora che l'amico scommettitore esce incazzatissimo dal locale: nessuna traccia della mantovana juventina...

Davide

[Leggi la scheda di Preben Larsen Elkjaer]

Hellastory, 19/10/2006



LA STRATEGIA DI PRESIDIO E UN MERCATO FATTO DI PRESTITI


Povero Verona ... Prima la fragilità (tecnica e mentale) dimostrata all'Olimpico che conferma che anche quest'anno dovremo soffrire. Poi i rifiuti di mercato (Baldanzi, Richardson, Faivre) che, per motivi diversi, hanno tutti snobbato il Verona. Verona è una piazza poco appetibile o offre troppo poco? Comunque sia, per i tifosi del Verona ogni stagione è un continuo succedersi di momenti di passione con alternati picchi depressivi (molti) ed esaltati (pochi): si parte in estate con l'allestimento di una squadra decente in grado di salvarsi e si finisce con il riscontro sul campo. Il problema è che questo stress si risolve sempre solo negli ultimi giorni di trattativa e nelle ultime partite di campionato. Se questa è una situazione alla quale non finiremo mai ad abituarci, anche vedendo come si muovono nel frattempo le nostre avversarie dirette, credo che debbano essere rivisti i criteri che guidano le linee guida societarie e delle quali subiamo ansiogene conseguenze. Il Verona fa di un vanto la propria gestione oculata in termini di ingaggi e contenimento di costi. Corretto. Aggiungo che l'autofinanziamento nel mercato (compro sulla base di quanto riesco a vendere) è una regola quasi decennale introdotta da Setti che aveva un capitale limitato e anzi sosteneva se stesso con il risultato economico positivo della società. L'alternativa è prendere a prestito, magari con l'opzione del riscatto. Il Verona ha una struttura fragile e non può permettersi di sbagliare mercato, per questo punta su giocatori potenzialmente interessanti, magari provenienti da stagioni sfortunate. Spendere 10 milioni per un potenziale talento che poi o si infortuna o non riesce ad esprimersi sarebbe deleterio per il bilancio. Riuscire invece a strappare un'opzione ad una cifra prefissata aiuta la gestione societaria nel valutare l'opportunità di un successivo riscatto. Un buon esempio è stato il Cagliari che quest'estate ha riscattato Piccoli, Gaetano e Caprile spendendo subito 26 milioni e successivamente ha ceduto Piccoli alla Fiorentina per 25 ripagandosi di fatto l'intera operazione con il vantaggio di aver acquisito 2 giocatori (per loro) importanti.

[continua]

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