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PROSSIMO IMPEGNO
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Era una cosa che capitava sempre agli altri, alle altre squadre e agli altri tifosi. Questa volta invece è capitato a noi. La prova che "Miracles Happen" e teniamocelo anche ben stretto, dato che di solito per noi è più abituale "Shit Happens". Il nono posto dei Pirati di Juric, per dirla alla Massimo, è qualcosa che resterà scritto nella storia di questa società. E' il quinto risultato in assoluto, a pari merito con quello raggiunto esattamente 20 anni fa da Prandelli ma questa volta con 20 squadre anziché 18 e con una media punti più alta. Bisogna rendersi conto bene della sensazionalità dell'accaduto perché generalmente il tifoso tende ad abituarsi alle situazioni favorevoli e ad adagiarsi nella zona di comfort molto velocemente. Vediamo di ripercorrere assieme questa stagione per capire bene da dove siamo venuti e cosa siamo diventati.
"Perché dovremmo prendere un perdente come Ivan Juric invece che confermare Alfredo Aglietti che ha fatto così tanto bene?". A giugno 2019 eravamo incagliati su questo ragionamento. Un po' per riconoscenza, un po' per la paura dell'ennesimo salto nel vuoto e un altro po' perché il fantasma di Grosso era ancora lì ad angosciarci prima di prendere sonno. In effetti l'azzardo era evidente dato che Juric veniva dall'esonero col Genoa e avrebbe firmato col Verona indipendentemente dall'esito dei play off, quindi era pronto anche per una serie B. Da questa scelta è nato più o meno tutto. Poi il calciomercato, quando facevamo la conta di chi avrebbe potuto rimanere di quel Verona e pensavamo che di Gustafsson non avremmo potuto farne a meno e forse anche di Laribi mentre invece si ridacchiava sui riscatti obbligati di Di Gaudio, Marrone e Ragusa sorvolando con sufficienza su quello di Faraoni. Sul fronte arrivi, i nomi sembravano pescati a caso tra le gli ultimi scarti del fantacalcio. Amir Rrahmani primo acquisto non se l'è calcolato nessuno e nemmeno Juric sapeva chi fosse. Poi Gunter e Lazovic, detti "residuati del Genoa" con Veloso che almeno godeva di un nome di tutto rispetto ma "è lento e macchinoso" (come invece fossimo abituati a giocatori di chissà che livello). Poi Bocchetti e Badu, che tutti ricordavano forti ma mentre il primo resta fisso in infermeria, il secondo si ammala a fine agosto e allora arriva la macchietta per i tifosi, Ambarabà Cicì Cocò, preso dalla lista dei giocatori che volevano venire in Italia a tutti i costi spinti dai procuratori, anche fosse all'ultimo minuto di mercato nell'ultima squadra della categoria. Sempre alla fine del mercato arriva anche il tanto atteso colpo in attacco, Mariusz Stepinski, pagato una cifra monstre, non una prima scelta ma ci si doveva accontentare visto che da un po' era fortunatamente tramontata la "suggestione Balotelli". A completare la rosa altri giocatori di lignaggio ancora inferiore ai citati, come Verre, Pessina, Tutino e Salcedo e la conferma di Pazzini, Di Carmine, Davidowicz, Empereur, Vitale, Tupta, Henderson...
Dove voleva andare il Verona con quella rosa e quell'allenatore? I bookmakers davano Juric primo esonerato della stagione. Gli esperti giornalisti sportivi ci davano ultimi con distacco rispetto alle ben più attrezzate Brescia (che aveva Balotelli!) e Lecce (che aveva Babacar, Lapadula e Lamantia!). Insomma, siamo partiti veramente con più di un piede nella fossa. Entusiasmo ridotto, tutti pronti sul piede di guerra a fustigarci al primo risultato negativo. Come al solito, come due anni prima con Pecchia.
Pronti via, arriva l'incanto. Juric schiera fin da subito una difesa a tre con Kumbulla (finora una sola presenza in B) al centro e Rrahmani a destra pedine inamovibili per poi giostrare il terzo difensore tra quelli a disposizione. Qui, su questo particolare Juric si gioca gran parte delle sue chance di successo. Una fase difensiva che si mostra subito dalle prime apparizioni della squadra di una solidità mai vista negli anni a Verona. Davanti ai tre di difesa giocano Veloso e Amrabat, entrambi con compiti difensivi, con il portoghese più regista e il marocchino con ruolo da mediano di rottura ma con ampi spazi di ripartenza palla al piede mentre, quando serve, Faraoni ripiega senza problemi.
Per ora anche i pochi gol arrivano su calcio piazzato o dalla difesa. In attacco per vedere cose buone dovremo aspettare qualche partita in più. Lazovic è in ritardo con la preparazione, Zaccagni non è un attaccante e non si trova benissimo a giocare davanti, Verre e Pessina non si capisce bene cosa facciano,
Tutino non adeguato alla categoria, Di Carmine è all'esordio e inizialmente si scontra con Juric, Stepinski incorre in una espulsione sciagurata all'esordio contro il Milan, Pazzini poco sfruttato, Tupta impalpabile.
Si creano occasioni in attacco ma si concretizza poco, pochi tiri e meno ancora reti. Qui entra in campo il secondo capolavoro di Juric: una squadra che gioca a tutto campo. Ben sapendo di non poter contare su una punta centrale importante (come dirà lui in conferenza stampa questi costano 50 milioni e noi non li abbiamo), Juric fa partecipare tutta la squadra alla manovra offensiva. I tre davanti non devono dare riferimenti agli avversari e si scambiano spesso di posto correndo qua e là per la trequarti avversaria. Faraoni e Lazovic arrivano dagli esterni in sovrapposizione con gli attaccanti e mentre i due centrocampisti avanzano limitatamente, dalle retrovie arriva sempre uno dei tre difensori ad inserirsi fin dentro l'area di rigore avversaria. Spesso il compito tocca a Rrahmani ma poi toccherà anche a Kumbulla e a Gunter. L'impressione generale è che la squadra difenda in 10 e attacchi in 10. Si ripiega in difesa ma sempre molto elegantemente senza fare catenaccio e poi si riparte in modo molto fluido, coralmente.
Come dicevamo le prime prestazioni si presentano già discrete e confortanti. Contro Bologna, Lecce e Milan il raccolto di quattro punti è molto positivo e l'impressione che tutti hanno è di una squadra che per lo meno venderà cara la pelle. Il carattere vero arriva poi in casa della Juventus dove i nostri per buona parte della partita insegnano calcio a casa di Sarri per cedere solo di fronte all'evidente differenza tecnica. Successivamente la squadra continua a crescere e conquista punti pesanti in ottica salvezza, facendo fuori tutte le dirette concorrenti e anche qualche squadra più blasonata ma quello che impressione di più è che questi ragazzi se la giocano ad armi pari contro tutti, compreso il Napoli al San Paolo.
E' proprio questo aspetto che fa scattare la scintilla e che fa innamorare il tifoso di Juric: non si molla mai di un millimetro, si esce sempre a testa alta, si lotta su tutti i palloni. Poi, puoi anche perdere o farti raggiungere all'ultimo minuto, puoi sbagliare gol perché sei più scarso e può succedere qualsiasi cosa. A questo si aggiunge che il mister si dimostra schietto e diretto, tutto d'un pezzo. Il profilo ideale per la nostra piazza. Siamo lontani anni luce dai profili ingessati e perfettini di Pecchia e Grosso. Persino le conferenze stampa del mister croato sono uno spasso. Al giorno d'oggi divertirsi anche ascoltando un'intervista è diventato un lusso.
La squadra gioca bene ed è solida, i punti arrivano e il fatto di non avere un attacco florido non è nemmeno più un problema. Tanto più che quando tra fine novembre e inizio dicembre arriva la maturazione definitiva della squadra con azioni ben finalizzate e gol a raffica si inizia a volare davvero. Poco prima del giro di boa la squadra è diventata fortissima e sembra la sorella minore dell'Atalanta in tutto e per tutto. Recuperiamo tre reti al Toro, facciamo fuori agevolmente Spal, Genoa e Lecce assicurandoci praticamente una salvezza tranquilla, per un pelo non ci riesce il miracolo di vincere a San Siro contro il Milan e riusciamo a piantare sullo 0-0 la schiacciasassi Lazio all'olimpico. Il trionfo massimo arriva però contro la Juventus in casa rimontando il gol di svantaggio e vincendo con rigore di Pazzini.
Nel frattempo arrivano ottime notizie anche lato economico-societario con le cessioni repentine dei due "fenomeni" di stagione Rrahmani e Amrabat, rispettivamente a Napoli e Fiorentina. Le cessioni garantiscono ossigeno immediato e una tranquillità economica in prospettiva futura che il Verona non ha mai avuto nella sua storia. Pazienza se sono stati ceduti prima del tempo ad una cifra che potrebbe sembrare bassa (che in realtà bassa non è) ma a ragion veduta sono state due operazioni sensate. Il "pochi, maledetti ma subito" per chi è abituato a farei conti coi centesimi è un mantra difficilmente eludibile.
All'indomani della pandemia-covid19, il Verona è settimo, virtualmente qualificato per i preliminari di Europa League.
Passano mesi, il mondo ci cambia davanti agli occhi, il campionato riparte, poi si ferma, poi riparte in qualche maniera. Stadi chiusi, partite estive a temperature tropicali, una gara ogni tre giorni. Squadre che prima erano in crisi rinascono, altre crollano definitivamente. Il Verona riprende il campionato abbastanza bene ma la magia che avevamo lasciato a febbraio non torna più. Restiamo una squadra battagliera e che non cede mai il passo però l'attenzione e la cura difensiva non è più quella di qualche mese prima. A salvezza acquisita le motivazioni naturalmente scemano così come le speranze di trattenere il settimo posto. Juric propone qualche turn-over e, onore a lui, gioca tutte le partite per i tre punti. Di conseguenza qualcuna la vinciamo, qualche altra la pareggiamo, qualcuna in più del solito la perdiamo. In fondo va bene così, il campionato è evidentemente falsato dallo stop forzato e la ripresa è stata necessaria solo per salvare il baraccone calcistico che economicamente sta in piedi per miracolo.
La classifica finale vede il Verona al nono posto, a due punti dal Sassuolo ottavo. L'ottavo posto si poteva raggiungere ma non può essere certo un rimpianto. Il settimo posto invece alla fine si è allontanato di 13 punti e la cosa ci fa capire che l'Europa non era obbiettivo alla nostra portata e presumibilmente non lo sarà nemmeno l'anno prossimo, manco nelle più rosee aspettative. Alla fine questo Verona ha ceduto nel gioco solo alla Roma (andata e ritorno) e all'andata contro l'Inter. In sole tre occasioni, con Sampdoria, Brescia e Genoa, tutte e tre nella seconda parte del torneo, abbiamo completamente sbagliato la partita. In tutte le altre partite i ragazzi sono stati veramente encomiabili. Abbiamo messo dietro squadre con rose incredibili come Fiorentina, Torino, Bologna, Parma, Cagliari, Genoa, tutte con budget di spesa enorme. Per un tratto siamo stati davanti a Milan e Napoli. Con le retrocesse abbiamo fin da subito messo le cose in chiaro. Abbiamo giocato meglio della Juventus due volte su due e ci siamo scontrati alla pari con l'Atalanta che segnava valanghe di gol a tutti ma non a noi.
Finiamo la stagione con un po' di malinconia, ben sapendo che una stagione così sarà quasi irripetibile, anche solo per il fatto che è stata una sorpresa completamente inattesa e per questo ancora più speciale.
Poi pensiamo che Ivan Juric rimarrà anche nei prossimi anni e che potrà lavorare ancora a stretto contatto con il ds D'Amico e il presidente Setti, come un team rodato, come hanno fatto in questa stagione, contribuendo ognuno per la propria parte, magari ora con qualche soldino in più. Allora la malinconia ci passa e pensiamo che magari il futuro ci potrà riservare un campionato di Serie A numero 30 ancora positivo, con una squadra che non si arrende di fronte a nessuno.
Valeriano
Lazio e Torino, che peraltro sono formazioni superiori, hanno evidenziato un tema già affrontato durante l'estate: la difesa. È innegabile che Sogliano abbia lavorato con maggiore attenzione alla scoperta prima e all'arrivo poi di giocatori di qualità a centrocampo e in attacco, in ottica plusvalenze. E si vede. Ogni partita scopriamo un gesto tecnico superiore alla media da parte di Harroui, Kastanos, Tengstedt, e perfino di Livramento e Mosquera. Altri ne arriveranno da nuovi giocatori che al momento non conosciamo bene perché si stanno ancora integrando. Per non parlare dell'evoluzione esponenziale di Belahyane che creerà non pochi, ma piacevoli, problemi di turnover al mister al rientro di Duda e Serdar. Sulla difesa invece non si è lavorato. O non abbastanza. Gli arrivi nel finale di Daniliuc e Bradaric non sembrano decisivi in un reparto dove Frese e Okou faticano ad adattarsi al livello del nostro campionato. E neppure i ritorni di Faraoni (bloccato a Verona solo a causa di un ingaggio pesante) e Ghilardi (mai veramente preso in considerazione) sembrano essere un valore aggiunto.
[continua]Qual è stato il miglior gialloblu in campo in
H.Verona-Venezia?
Riepilogo stagionale e classifica generale
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