Verona – Perugia ci riporta brutalmente alla realtà. Quella secondo la quale il Verona attuale non è assolutamente pronto per fare il grande salto, irretito prima e abbattuto poi dall'esperienza e dalla qualità nettamente superiore degli umbri che hanno giocato contro di noi come fa il gatto (cioè come fanno le grandi) con il topo (cioè come fanno i piccoli che si sbattono inutilmente). E l'espulsione di Biasi nei minuti finali della partita, emblematica sintesi della nostra impotenza, si riassume amaramente con il detto famoso: «Cresci, stupido!»
Ma per crescere occorrono tempo, volontà e carattere. Il tempo è un elemento imponderabile perché non sollecita mai nessuno ma sfugge via e non torna più indietro; la volontà è figlia dei mezzi finanziari di Pastorello che, dopo aver omologato tutti o quasi i mezzi di comunicazione veronese (stampa, televisioni e parte dei tifosi) deve rispondere presto con fatti concreti, prima che l'ipnosi finisca; il carattere è una dote che o si ha in dono dalla natura o non si avrà mai. Come il carisma da una parte e la paura di non farcela mai dall'altra.
A differenza di molti tifosi, provati e delusi dopo la batosta di venerdì scorso, io al contrario sono molto sereno. Perché questo è il valore del Verona attuale. Illudersi di conquistare i playoff per puntare subito alla serie A e aspettare di conseguenza i miracoli di una ricostruzione che Pastorello non può garantire nemmeno in serie B, appartiene sicuramente allo spirito entusiasta di ogni tifoso che si rispetti. Ma lì rimane, purtroppo. La mia serenità nasce invece dalla consapevolezza che l'attuale formazione viaggia con 15 punti in più di quella dello scorso anno e 9 rispetto a quella di Malesani; che ci ha fatto divertire e persino sognare per un Girone intero e che ha combattuto, finché ha potuto, alla pari con avversari molto più dotati di lei. Per questo, la conquista dei playoff sarebbe un meritevole riconoscimento di quanto finora espresso. Ma basta.
Questo Verona ha tracciato una strada, un percorso valido da tenere comunque in considerazione. E da non sprecare. Pertanto, se Verona – Perugia rappresenta la fine di una proiezione e forse anche di un sogno, conserva molti altri significati che non dobbiamo assolutamente dimenticare. Non è la fine del mondo (ci mancherebbe…) è la sua presa di coscienza.
Partiamo dalla squadra attuale e di quanto abbiamo visto finora in campo. Iunco, Rosina e Behrami sono giovani molto promettenti ma alla loro prima esperienza assoluta con un ruolo da titolare; per questo hanno bisogno dei loro tempi e dei loro spazi per poter maturare. Behrami, purtroppo, crescerà altrove. Cassani,Cossu, Dossena, Comazzi e Biasi stanno concludendo una stagione senz'altro positiva, probabilmente la migliore tra le ultime sin qui giocate, ma proprio questo conferma definitivamente il loro limite potenziale: più di tanto non possono dare. Sono giocatori importanti per il Verona, ma non tali da fargli fare il salto di qualità di cui ha effettivamente bisogno. Dubito perfino che possano essere giocatori adeguati per la serie A (eccetto Cassani). Waigo, Gervasoni, De Simone, Mancinelli e Turati sono tecnicamente di un gradino inferiore, buoni comprimari e niente più. Però sono giocatori che potrebbero anche servire nel corso di una lunga stagione, purché non si chieda loro né di assumersi troppe responsabilità né di diventare dei campioni. Forse per Waigo però è arrivato il tempo di crescere altrove. Pegolo non è mai stato un portiere decisivo, una certezza assoluta. Fa quello che può, come può. Ha bisogno di maturare ancora, di vestire nuove maglie, di conoscere altri ambienti. Adailton, da tempo immemorabile non riesce più a portare a termine un campionato, finendo inevitabilmente per condizionare al suo talento (superiore alla media in serie B) e alla sua fragilità fisica tutti gli allenatori che si sono succeduti e il resto della squadra. Obiettivamente è un «lusso» ingiustificabile, un' ambizione che non possiamo permetterci ancora se vogliamo crescere definitivamente. Che senso ha costruire una squadra su lui se poi lui stesso non riesce a garantire più di 6 partite su 10 a stagione? E, soprattutto, come si sostituisce un giocatore così nelle restanti 4? Bogdani, infine, non sa se preferire per sé la Spagna o la Francia.
E' importante prendere atto di tutto ciò perché questo è il valore effettivo degli uomini con i quali stiamo concludendo una stagione davvero importante, ma solo di transizione. Se vogliamo crescere il nostro peso specifico, dobbiamo dirci le cose come stanno, senza troppe remore o sentimentalismi.
Da queste considerazioni, Pastorello deciderà il futuro prossimo che vuole assegnare alla sua società. Ripeto quanto scritto in passato: il passaggio verso un Verona superiore all'attuale e accreditato a puntare seriamente alla serie A passa per forza attraverso l'arrivo di almeno 3 giocatori importanti, con spiccata personalità: uno in difesa (portiere o difensore centrale che sia) e due a metà campo. Più un bomber che sostituisca Bogdani, ma con un cartellino totalmente gialloblu. Questi arrivi consentiranno il graduale passaggio di consegne dalle attuali bandiere gialloblu a nuove bandiere che possono dare motivazioni e consapevolezze diverse. Oltre che risultati, speriamo. Perché, con tutto il dolore che ho nel doverlo ammettere a me stesso prima di tutto e agli altri poi, certi giocatori per noi irrinunciabili oggi non sono riusciti – loro malgrado - a farci ottenere i risultati che noi e loro auspicavamo insieme. E adesso che l'età (Mazzola), il logorio fisico (Adailton) e la mancanza di sicurezza difensiva (Comazzi, Biasi e Pegolo) sono delle certezze con le quali facciamo inevitabilmente i conti dopo ogni partita, dobbiamo tutti prenderne atto per poter puntare ad un futuro migliore. Se Pastorello aveva dei dubbi (non solo di natura finanziaria…) su Italiano e Myrtaj, non può non averne anche nei riguardi di chi non è riuscito a farci crescere abbastanza in queste 3 stagioni di serie B. Vedremo presto con i fatti.
D'altra parte, anche l'ottimo Ficcadenti sta crescendo e facendo la sua esperienza. Johnson scrisse che «l'esperienza è quella facoltà attraverso la quale siamo in grado di riconoscere i nostri errori». Appunto. Ad esempio, non mi è piaciuto affatto il modo in cui il tecnico ha preparato la sfida con il Perugia. Ma perché, mi domando, ha deciso di spedire il povero Verona al massacro proprio contro gli umbri? Giocando per vincere la partita, ha finito inevitabilmente per perdere. Eppure lo sapeva bene che gli ospiti hanno fatto più punti in trasferta che al Curi; che sono in uno stato di condizione psico-fisico nettamente superiore alla nostra, così che mentre noi correvamo a vuoto da tutte le parti sprecando le nostre energie, loro correvano solo il giusto e necessario; che hanno una difesa nettamente superiore al nostro attacco con Waigo in campo (sempre inspiegabilmente preferito a Cossu e a Iunco), un centrocampo coriaceo e un attacco velocissimo. Così mentre noi tentavamo inutili assalti che si concludevano in caotiche situazioni al limite dell'area di rigore, i nostri avversari - con 3 passaggi 3 - arrivavano sempre davanti a Pegolo. Ma questa era proprio la classica partita da giocare male, in modo sporco e chiuso come abbiamo fatto contro il Treviso: puntando al pareggio contro avversari più esperti e smaliziati forse saremmo riusciti addirittura a vincere! Invece no: una serie di ingenuità collettive sulla base dell'inesperienza e dell'euforia per il ricorso storico dello scudetto. Voi pensate che Bagnoli avrebbe mai giocato così contro la Juventus, l'Inter o la Roma?
Non importa. Tutto questo fa parte della stagione in corso, è l'evoluzione naturale di questo campionato. Inoltre, anche se «i playoff come passaggio diretto per la serie A» sono sfumati dopo venerdì sera, «quelli come premio meritato» non sono ancora perduti. Il Piacenza ha perso a Bari, il Modena non è andato oltre il pareggio contro mezzo Vicenza e l'Ascoli ha battuto a fatica il Pescara. Ora il Verona, da preda deve diventare predatore. Ma 1 punto di svantaggio è poca cosa e le prossime 4 partite alleggeriranno la tensione nervosa di questa difficile gara e forse riusciremo a concludere con il sorriso questo interminabile cammino. Ne vale del futuro in gialloblu di molti giocatori.
Se abbiamo bisogno di crescere per diventare adulti nel calcio che conta, dobbiamo passare anche davanti a queste sconfitte e imparare dal Perugia come si fa a vincere con la testa, con le gambe e con i programmi societari seri. Una lezione utilissima per tutti quindi, tifosi compresi.
Massimo