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HELLAS VERONA / Le Ultimissime

IL PRIMO VERONA IN SERIE A - FRA MITO E REALTA'

L'ANTEFATTO - CAMPIONATO SERIE B 1956 – 57

La prima promozione in serie A del nostro Verona ha qualcosa di unico per quanto è stata voluta, meritata e sofferta. I nostri nonni e genitori hanno vissuto una stagione indimenticabile che merita di essere ricordata. Riviviamola dunque insieme.

IL PRIMO VERONA IN SERIE A - FRA MITO E REALTA'

LA STORIA DEL CAMPIONATO.
Un paio di curiosità interessanti. Dal punto di vista geografico, il torneo è concentrato nel Nord Italia. Nel Sud, a parte le solite Bari, Taranto e Messina e le corazzate isolane Catania e Cagliari, mancano di fatto formazioni del Centro. Da Modena fino a Bari, l'unica tappa intermedia è San Benedetto del Tronto. Si passa quindi da trasferte molto ravvicinate a lunghe e faticose percorrenze senza via di mezzo. Il secondo aspetto è più tecnico: in un torneo così pieno di derby, manca di fatto una sicura pretendente alla promozione. Il giornalista de La Stampa Gianni Pignata, esperto della categoria, in sede di presentazione non si è sbilanciato in quanto «indovinare l'esito sarebbe come vincere al Totocalcio», indicando comunque le sue quattro potenziali candidate alla promozione: l'Alessandria, il Cagliari, il Catania e il Simmenthal-Monza. I gialloblù di mister Piccioli vengono considerati come outsider in quanto escono dall'ennesimo campionato anonimo di metà classifica, senza troppe speranze di fare il grande salto. Verona non è considerata una piazza ambiziosa. Ma non hanno fatto i conti con il presidente Mondadori.

A proposito del richiamo ai nostri amati colori, vale la pena ricordare un aspetto di costume: la stampa locale predilige chiamare i giocatori «blu-gialli» non solo per distinguerli da altre compagini (esempio il Modena, avversaria storica) ma anche per anteporre il colore dominante. La stampa nazionale, invece, è abituata a posticipare il colore blu per favorire la fluidità della dizione. Pertanto: Bologna, Cagliari e Genoa sono rossoblù indipendente alla predominanza cromatica del rosso o del blu; Pro Patria, Spal e Savona sono bianco-blu, strisce orizzontali o verticali presenti o tinta unita; e il Verona è quindi come il Modena la squadra «gialloblù». Vecchia scuola contro scuola moderna. Per completezza, con la promozione in A e l'uniformità nazionale di identificazione, anche la stampa locale sarà costretta ad adattarsi. Quanto meno nei titoli del quotidiano. Salvo mantenere qualche licenza (per mera dimenticanza o contrasto interno?) nel corso del precampionato successivo.

Pignata ritiene comunque che il Verona «possa combinare qualcosa di buono». Mondadori si è mosso bene anche se il Verona ha rinunciato, come spesso, ai pezzi pregiati. Sono arrivati infatti giocatori importanti come Cardano (Messina), Frasi (di ritorno dalla Pro Patria) e gli attaccanti Ghiandi (scuola Milan) e Bassetti (entrambi dal Catania). A loro il compito di non far rimpiangere i partenti, ovvero il cannoniere gialloblu Sebastiano Buzzin (autore di 14 gol nel campionato 1955-56), e i veronesi Loris Lonardi e Cesare Franchini, approdati in serie A rispettivamente alla corte di Palermo e Napoli. Di opinione più favorevole è il cronista del Corriere dello Sport Enzo Longo che si sbilancia ritenendo il Verona una squadra «equilibrata in ogni reparto, veloce ed estrosa, che ha il merito di giocare un football piano, facile, senza fronzoli ma pur sempre redditizio».

Pronti, via. Il campo, come spesso accade, chiarisce subito i valori in campo. Alla prima giornata, i ragazzi di Piccioli si impongono per 2-0 a Parma. Il termine «ragazzi» è quantomai appropriato: il Verona si schiera con una squadra dall'età media di appena 23 anni. La «chioccia» è il trentenne Cardano, che sul campo annulla il centravanti parmense Paolo Erba, uno che in futuro ci rispedirà in cadetteria.

Dopo Parma, il Verona continua la partenza a razzo e nelle prime 7 giornate conquista la testa della classifica con 12 punti (5 vittorie e 2 pareggi) segnando la bellezza di 13 reti senza subirne nessuna. Solo lo scontro diretto contro la quotata Alessandria (3 a 1 per i piemontesi) mette un attimo in discussione lo slancio iniziale. Tuttavia, il rendimento è impressionante e tale da chiudere in testa il girone d'andata in coabitazione con il Catania a 25 punti. Ezio De Cesari, grande firma del calcio nazionale, titola sul Corriere dello Sport: «Verona una promessa, Catania una conferma». Ricordo che sono 2 le formazioni destinate a salire in serie A e, al momento, solo l'Alessandria riesce a tenere il loro passo distanziata di 1 punto.

Secondo gli esperti (ho un debole per le opinioni altrui, mi fanno sentire così povero di certezze...) il Verona, pur apprezzato sul campo, ha comunque mezzi inferiori delle altre contendenti. Meglio non illudersi troppo. Non reggerà certamente la tensione nella fase culminante della stagione. Inoltre, c'è da registrare l'impetuoso ritorno del Brescia che scavalca posizioni su posizioni e agguanta il vertice della classifica. Il Verona resiste, grazie soprattutto alle vittorie in tutti gli scontri diretti dove l'uomo della provvidenza è quello che meno ti aspetti, il terzino Auro Basiliani, che diventa goleador. «Basilio» piega l'Alessandria il 24 marzo 1957 (suo il gol partita, 1-0) e successivamente mette addirittura a segno una doppietta nell'altra sfida al vertice con il Catania del 14 aprile 1957, vinta per 3-2 grazie anche alla rete di Gianluigi Stefanini.

Dopo il pareggio a reti inviolate di Venezia, i gialloblu si presentano all'ultima giornata in testa alla classifica con 43 punti. Seguono il Catania a 1 punto, Alessandria e Brescia a 2. Come si può comprendere nulla è ancora deciso. E difatti, alla fine del primo tempo accade l'inverosimile: per una straordinaria combinazione di risultati le quattro pretendenti alla promozione sono tutte appaiate a 43 punti. Il nostro Verona, infatti, è sciaguratamente sotto di un gol in casa con il Como; Alessandria e Brescia stanno facendo il loro dovere vincendo tranquillamente e infine il Catania pareggia in casa di un Modena ormai salvo. Si decide tutto nei rimanenti 45 minuti di gioco. In particolare, la sorte è nelle mani di Verona e Catania, che devono però ribaltare il risultato in essere. Ed è qui che, per nostra fortuna, l'ala Bassetti al 62' riesce a riequilibrare il gol lariano di Baldini permettendo ai gialloblù di staccare il gruppo a quota 44 e di raggiungere così la meritata promozione.

Che emozione! Per la cronaca, Alessandria e Brescia chiudono appaiate approfittando dell'inopinata sconfitta del Catania che spreca tutto nei minuti finali e perde contro un Modena addirittura in inferiorità numerica. La società rossazzurra arrivò a svolgere un'inchiesta interna sul comportamento dei propri calciatori nel corso della partita ed infliggendo loro una multa di ben 100.000 lire. Questo è il verdetto finale: in serie A vanno Verona e Alessandria, con i piemontesi vincitori dello spareggio contro il Brescia (2 a 1). Retrocedono Pro Patria e Legnano.

IL PRIMO VERONA IN SERIE A - FRA MITO E REALTA'

I PROTAGONISTI.
Prima di elencare gli eroi di questa incredibile avventura affrontiamo l'aspetto tattico. Come giocava all'epoca il Verona? Il calcio era completamente differente rispetto a quello attuale. Oltre al portiere esistevano essenzialmente 3 ruoli: i terzini, ovvero difensori arcigni che raramente superavano la metà campo; i mediani, che portavano avanti la palla e costituivano la prima linea difensiva in fase di non possesso; gli attaccanti, nella loro varietà movimenti e attitudini, che gli anni a venire avremmo conosciuto come mezze-ali, ali e centravanti, a seconda delle caratteristiche tecniche e della posizione in campo. Parlare di ruoli e posizioni è però un esercizio lessicale in quanto all'epoca tutto era piuttosto indeterminato. Gran parte, infatti, era lasciato al talento naturale e alle capacità atletiche dei singoli. Ricordo infatti che, all'epoca, non erano ancora previste sostituzioni in caso di infortunio (la regola fu introdotta nel 1958 e, in Italia, nel 1965 per il portiere e nel 1968 per un giocatore di movimento) pertanto fiato e gambe erano molto più determinanti rispetto ad oggi.

La rivoluzione tattica del «catenaccio», in arrivo in questo periodo, prima di essere considerata un modo prudenziale di affrontare l'avversario fondato sulla marcatura a uomo e sul contropiede, era soprattutto una nuova concezione tattica basata sulla rigidità dei ruoli (facendone nascere di nuovi) e sulla disciplina in campo. Il Verona di Piccioli non appartiene a questo modo di giocare, gioca in maniera aperta puntando tuttavia sulla solidità del reparto difensivo. A tal proposito, evito di trattare della disastrosa amichevole disputata il 4 novembre 1956 all'Olimpico contro la Roma in occasione della sosta del campionato. Il Verona, già in testa alla classifica di serie B, assaggia amaramente la differenza qualitativa rispetto una buona formazione di serie A e viene sommerso per 8 a 0. Questa è la conferma che certo modo di stare in campo non poteva essere riproposto a livello superiore. Per questo motivo, l'anno successivo in serie A, mister Piccioli sarà costretto ad introdurre elementi tattici di catenaccio grazie all'arrivo di nuovi giocatori in grado di interpretarlo dignitosamente (Cuttica, Rosetta, Tesconi, Amicarelli).

IL PRIMO VERONA IN SERIE A - FRA MITO E REALTA'

Come più volte accennato, il punto di forza di questo Verona è l'assetto difensivo. Non è un caso, infatti, se il giovanissimo e talentuoso portiere Ghizzardi, il terzino Begalli e l'esperto centromediano metodista (una sorta di regista arretrato posizionato davanti ai difensori) Cardano, sono presenti per tutte 34 le partite. Insieme a Frasi, classico mediano riferimento del centrocampo gialloblù. Davanti spiccano i due ex catanesi Ghiandi, (bomber con 10 reti su 30 gare) e Bassetti, autore della rete della promozione, oltre all'esterno Galassini e al centravanti Maccacaro. Ma ciò che mi piace sottolineare, una volta di più, è il ruolo fondamentale del vivaio veronese: Ghizzardi, Maccacaro e Bertucco sono tutti 19enni, mentre Begalli (25) è un po' la loro chioccia. Sono loro che in campo ci mettono qualcosa in più, gli ultimi a mollare. Orgoglio ed entusiasmo. Come sempre accade.

Leggiamo quello che dice del capitano veronese Il Nuovo Adige del 17 giugno 1957 nel servizio «Gli uomini della promozione»: «Il terzino Sante Begalli nacque a Verona il 21 agosto 1931; altezza 1,79; peso 78; celibe. Dalla stagione 45-46 a quella 48-49 fece parte dell'Olimpia di borgo Roma (ragazzi). Alla vigilia della stagione 49-50 fu definitivamente acquistato dall'A.C. Verona ed esordì in prima squadra, in maglia gialloblu, come mezz'ala sinistra, durante quel campionato, nella partita Vicenza – Verona. Begalli, dopo Frasi, è il giocatore che ha disputato più partite in maglia gialloblu. Per tale motivo e per il fatto ch'egli è nato nella città scaligera è il «capitano» della compagine di Mondadori.»

Massimo

Hellastory, 28/11/2022

LA STRATEGIA DI PRESIDIO E UN MERCATO FATTO DI PRESTITI


Povero Verona ... Prima la fragilità (tecnica e mentale) dimostrata all'Olimpico che conferma che anche quest'anno dovremo soffrire. Poi i rifiuti di mercato (Baldanzi, Richardson, Faivre) che, per motivi diversi, hanno tutti snobbato il Verona. Verona è una piazza poco appetibile o offre troppo poco? Comunque sia, per i tifosi del Verona ogni stagione è un continuo succedersi di momenti di passione con alternati picchi depressivi (molti) ed esaltati (pochi): si parte in estate con l'allestimento di una squadra decente in grado di salvarsi e si finisce con il riscontro sul campo. Il problema è che questo stress si risolve sempre solo negli ultimi giorni di trattativa e nelle ultime partite di campionato. Se questa è una situazione alla quale non finiremo mai ad abituarci, anche vedendo come si muovono nel frattempo le nostre avversarie dirette, credo che debbano essere rivisti i criteri che guidano le linee guida societarie e delle quali subiamo ansiogene conseguenze. Il Verona fa di un vanto la propria gestione oculata in termini di ingaggi e contenimento di costi. Corretto. Aggiungo che l'autofinanziamento nel mercato (compro sulla base di quanto riesco a vendere) è una regola quasi decennale introdotta da Setti che aveva un capitale limitato e anzi sosteneva se stesso con il risultato economico positivo della società. L'alternativa è prendere a prestito, magari con l'opzione del riscatto. Il Verona ha una struttura fragile e non può permettersi di sbagliare mercato, per questo punta su giocatori potenzialmente interessanti, magari provenienti da stagioni sfortunate. Spendere 10 milioni per un potenziale talento che poi o si infortuna o non riesce ad esprimersi sarebbe deleterio per il bilancio. Riuscire invece a strappare un'opzione ad una cifra prefissata aiuta la gestione societaria nel valutare l'opportunità di un successivo riscatto. Un buon esempio è stato il Cagliari che quest'estate ha riscattato Piccoli, Gaetano e Caprile spendendo subito 26 milioni e successivamente ha ceduto Piccoli alla Fiorentina per 25 ripagandosi di fatto l'intera operazione con il vantaggio di aver acquisito 2 giocatori (per loro) importanti.

[continua]

Qual è stato il miglior gialloblu in campo in

H.Verona-Juventus?



H.Verona    Juventus


Ajayi J.

Akpa-Akpro J.

Belghali R.

Bernède A.

Bradaric D.

Frese M.

Giovane S.

Kastanos G.

Montipò L.

Nelsson V.

Niasse C.

Nunez Gestoso U.

Orban G.

Sarr A.

Serdar S.

Yellu Santiago Perez J.


 


Riepilogo stagionale e classifica generale




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