dal nostro inviato Massimo
La notte sembrava che non volesse finire più. Eppure anche lei, onesta, alla fine aveva lasciato il suo spazio ad un'alba che avrebbe dovuto essere tiepida e luminosa. Invece si preannunciava piovosa e umida. Il 18 giugno 1815, a Waterloo, la pioggia incessante e gli Inglesi e i Prussiani avevano sconfitto definitivamente Napoleone Bonaparte. Ma oggi il cielo non avrebbe avuto questo potere. Lui era lì, armato fino ai denti, sicuro della propria forza. La fatica della lunga guerra e la tensione accumulata avevano leggermente rallentato la sua andatura. Per questo procedeva lentamente dal mastio al torrione centrale, dove la vista era migliore. Da quando, nove mesi prima, aveva conquistato la cittadella con il suo esercito appendendo i colori della Scala accanto allo stemma del Regno, mai nessuno era più riuscito a cacciarlo da lì. Ma adesso, ogni giorno che passava stava diventando un nuovo tormento. Una nuova inquietudine. Raggiunta la vetta del torrione si affacciò nell'apertura di un merlo e guardò lontano verso l'orizzonte: sotto la cinta di mura erano ancora schierati tutti i quindici eserciti nemici, alleati tra loro e pronti per l'ultimo assalto. Quello finale.
Erano composti da soldati stremati, affaticati, senza più convinzioni e col morale a terra. Nemmeno le rampe, i trabucchi, i mangani e le altre armi di assedio erano riuscite a scalfire mura così ben difese. Oggi, ci sarebbe stato l'ultimo attacco con il poco che rimaneva, e poi se ne sarebbero andati tutti via per sempre, riconoscendo il valore e il merito di questi colori accanto a questo stemma. Finalmente gli uscì un sorriso. Era quasi giunta l'ora. Alzò in cielo la mano e fece uscire dalla gola un urlo feroce, quello che serviva per chiamare a raccolta i suoi compagni e spaventare per l'ultima volta i suoi nemici. Era l'urlo dell'ultima battaglia.
Il suo nome è Tricella e il suo grado quello di capitano. I suoi colori sono il giallo del sole e il blu del cielo più terso. Il suo stemma una scala che si arrampica verso l'alto. Il suo motto: Nec descendere nec morari
LE ALCHIMIE DELLA GARA Verona invade Bergamo per il penultimo atto della nostra storia, più di 10.000 tifosi sono al seguito della squadra. Non ci sono calcoli da fare, solo il tempo e la matematica devono rassegnarsi e convenire alle medesime conclusioni sancite da tempo dal campo.
Bagnoli non ha particolari problemi di formazione e pertanto manda in campo i giocatori che gli assicurano più tranquillità, quelli che stanno vivendo con maggiore equilibrio il particolare momento. Oggi è importante non perdere la testa e conquistare quel maledetto punto che serve per celebrare il trionfo al Bentegodi la prossima settimana. Poiché nessuno regala mai niente, non possiamo attenderci nemmeno un omaggio dall'Atalanta, squadra salva da tempo ma orgogliosa e tenace, tutt'altro che disposta ad essere una vittima sacrificale. Per scelte di nervi e di tenuta, Volpati arretra in difesa al posto di Ferroni e Sacchetti veste la sua maglia a centrocampo. Sostanza contro sostanza, carattere contro carattere. Ci sarà tempo per il resto, forse, durante la gara.
Il designatore estrae dall'urna il signor Boschi di Parma, un arbitro mediocre e anonimo che entra però di diritto nella nostra storia. La sua bravura sarà quella di non apparire mai nel corso di tutta la partita.
Il cerchio si sta per chiudere intorno al Verona e sta per trasformarsi in una corona. Quella dello scudetto. Viviamolo insieme.
MINUTO PER MINUTO Hellas in completo giallo per obblighi di ospitalità. L'Atalanta, che vuole congedarsi con onore, parte subito sparata: dopo pochi secondi, Magrin (futuro gialloblù) spara una bordata delle sue poco oltre la traversa. Ma il Verona è reattivo e nella azione successiva risponde brutalmente spaventando gli orobici: Fanna su punizione chiama Piotti ad una difficile deviazione in calcio d'angolo. C'è molta concentrazione in campo.
Dopo il fremito iniziale, le due contendenti frenano le schermaglie. I gialloblù prendono possesso del centrocampo e nessuno si avventura più dalle parti di Garella.
Alla mezzora Elkjaer è deciso a risolvere da solo la faccenda, a lui il pareggio non interessa. Conquista la palla sulla trequarti, si scatena all'assalto della porta nerazzurra con grande impeto, fa fuori un paio di avversari ma poi è costretto alla resa dal ritorno di 3 o 4 difensori che lo circondano e lo disarmano. Applausi per lui.
Al 43', Donadoni sfugge a Sacchetti e crossa al centro per Perico, futuro responsabile del settore giovanile bergamasco: il mediano è incredibilmente solo e batte di testa senza difficoltà Garella disperato. Atalanta 1 Verona 0. Nessun commento, ma lo stadio ammutolisce. Non ricordo esultanza nemmeno da parte bergamasca. Lo sgarbo è profondo.
La nostra difesa, chiamata in causa in occasione del gol subito, cerca subito di rimediare all'errore: passa 1 solo minuto e davanti a Piotti si scatena una mischia incredibile. Ci provano tutti, da Tricella a Fontolan a Marangon ,a salvare la faccia, ma la palla proprio non vuole entrare.
Così finisce il primo tempo. E adesso tutti nello spogliatoio a sentire Bagnoli, le sue prediche di buon senso e i suoi inviti alla calma.
Passano 6 minuti dal rientro in campo e il Verona finalmente reagisce. Ma lo fa alla grande: triangolazione fantastica Fanna – Galderisi – Elkjaer tutta di prima; il danese prende la mira e fa secco Piotti nell'angolo giusto. Che gol, ragazzi! Solo dal coraggio del danese poteva arrivare il gol del pareggio. Il Verona si riprende così il punto più importante dell'intera stagione e spegne la partita.
Nel finale, come giusto che sia, Bagnoli concede la passerella a Ferroni che entra al posto di Volpati e a Spuri, eterno numero 12, al posto di Garella. Ma sono certo che, se avesse potuto, avrebbe messo in campo tutti i ragazzi che erano con lui in panchina.
Al fischio finale si scatena la bolgia: è un'invasione di colori gialli e blu a coprire il campo di gioco. Il mister viene alzato in trionfo e tutti corriamo impazziti a urlare la nostra gioia al mondo intero. E' il senso di liberazione per una stagione infinita terminata trionfalmente. E' la felicità che nessuno di noi ha mai provato prima nella propria vita. E' la riconoscenza più grande che la tua squadra del cuore ti possa mai regalare.
IL SIGNIFICATO DELLA PARTITA. Uno solo: amici miei, il nostro Verona è CAMPIONE D'ITALIA!
E qui finiscono anche le mie parole perchè lasciano il posto alle lacrime di gioia.