Il pareggio di Bergamo introduce alla stagione dei complimenti e dei rimpianti. Una stagione che si concluderà probabilmente non prima dell'inizio del prossimo mercato estivo. Tutti applaudiamo l'esemplare campionato gialloblu, il coraggio dimostrato partita dopo partita in campo, la gioia di alcune prestazioni incredibili, da incorniciare. Ma lo facciamo con il sorriso un po' tirato, con il groppo al cuore, perché ci rendiamo conto che - proprio nel finale - è mancata la scintilla finale. Quella che avrebbe tenuto aperta la speranza della promozione diretta ancora per qualche giorno e che consegna invece il Verona mestamente alla lotteria dei playoff e in condizioni precarie. La frustrazione dei tifosi (e molto probabilmente anche di giocatori e tecnici) è tutta qui: o si andava su diretti, oppure si va ai playoff senza poter contare sulla forza della Sampdoria, la compattezza del Sassuolo (o del Torino), la freschezza Varese. Noi adesso siamo una squadra
stanca e stressata, incapace di trovare continuità e persino di battere l'ultima in classifica in un normale posticipo serale, giocando con il supporto del pubblico a favore. Siamo in continua emergenza fisica e mentale.
Del resto, questo è il Verona. La nostra squadra non è stata costruita per competere per la serie A. L'organico a disposizione vale più o meno quello del Brescia e della Reggina, con alcuni giocatori di categoria superiore, qualche talento futuro, ma piena di gente a fine carriera logorati dagli infortuni o dell'età. I 15/20 punti di differenza in più stanno tutti nelle capacità eccezionali di Mandorlini. Ma i valori non si possono mascherare all'infinito.
Poi, è anche vero che quest'anno ci poteva andare meglio. Al di là di qualche arbitraggio, sono mancati i cambi di gennaio a centrocampo e in attacco. Gomez da mesi è solo là davanti, l'unica alternativa è un terzo di Berrettoni (gli altri due terzi lo tengono bloccato in panchina); dietro Hallfredsson e Tachtisids sono stanchi morti. Si è rotto persino Rafael, il portiere più forte della categoria, nel momento critico della stagione.
Nel finale in salita sta andando tutto esattamente all'opposto dell'anno scorso, quando il Verona di questi tempi galoppava bello, forte e soprattutto sereno. A differenza dell'Alessandria che combatteva al suo interno con un passaggio di proprietà che poi non c'è stato; del Sorrento che si è vista mutilare di Paulinho, praticamente come togliere Messi al Barcellona; della Salernitana stressata dal dover giocare ogni partita con la pistola puntata alla tempia del vinci o fallisci.
Oggi a te, domani a me.
Ma qui si chiude anche il mio rammarico. Ho deciso che, a partire da questo momento, prenderò ogni partita che viene senza illusioni, ansie, fantasticherie, preoccupazioni. Voglio divertirmi per quello che potrà mai venir fuori e compiacermi per quanto mi sono divertito. Voglio vivere il finale di stagione per la bellezza che offre e non per quello che avrebbe potuto essere. Voglio sentirmi sazio e appagato e non più bulimico e tormentato. Qualunque cosa accadrà, saranno solo applausi compiaciuti.
Massimo
Colonna sonora: One, degli U2. Cosa altro se no?