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HELLAS VERONA / Le Ultimissime

IL «MOSTRO PER CASO» DI TREVISO

Hellastory: Le Ultimissime

Venerdì scorso la vittoriosa gara del Verona contro il Treviso è balzata agli onori (si fa per dire) della cronaca nazionale per il lancio da parte di un sostenitore trevigiano di un petardo esploso a pochi metri dal portiere Gillet. Per fare chiarezza su quell'episodio, prima di archiviarlo definitivamente, vi riportiamo un bell'articolo apparso sul «Corriere della Sera».



Il capobranco l'ha puntato fuori dallo stadio. Gli si è avvicinato, l'ha annusato, ha deciso che sì, per novanta minuti, poteva fare credere all'elettricista mite di Silea di essere un duro, un ultrà.

Il capobranco ha fatto un gesto. E il branco l'ha arruolato e scaricato nel giro di due ore. Questa è la storia di Enrico Donati, 25 anni, l'operaio che per una sera è diventato il mostro di Treviso.

Venerdì scorso, al 36' di un nebbiosissimo Treviso-Verona di serie B, ha lanciato il petardo che ha stordito François Gillet, portiere belga dei biancocelesti, l'ha travolto con la sua onda d'urto, gli ha fatto ingoiare la lingua e perdere conoscenza.

Mentre Gillet, che è rimasto in campo, era all'ospedale per accertamenti, il mostro confessava in lacrime al capo della Digos di Treviso: «Sono stato io, sono pentito, non lo farò mai più». Troppo arrendevole per essere un boss di Forza Nuova o un capetto del Veneto Fronte Skinheads, i due gruppi di destra che compongono lo zoccolo duro degli ultras trevigiani e che la polizia monitora periodicamente. Una fotocopiatrice sotto la curva e una cartuccia di toner bruciata in un'ora: così, prima di Treviso-Palermo, due mesi fa la Digos ha acquisito i documenti dei sospetti. Enrico, l'elettricista che ha rischiato di fulminare Gillet, non c'era: mai comparso negli elenchi dei tipi a rischio. Enrico è un mostro per caso.

Tifa Juve («Da bambino mio padre mi portò a Torino a vedere Platini»), ha un passato da centrocampista nella squadretta amatoriale di Silea stroncato da un incidente di moto («Gamba rotta, carriera finita»), venerdì era al Tenni per la terza volta in vita sua («Una di troppo»), i nomi dei giocatori del Treviso nemmeno li conosce tutti. Sguardo a terra e mani in grembo. Felpa grigia e pantaloni della tuta. Il pizzetto per sembrare più grande. «Io quella sera allo stadio non ci dovevo essere. Ho finito di lavorare presto, non sapevo cosa fare, un amico mi chiama e mi dice: dài, andiamo alla partita». Non ha tessera né abbonamenti. Una birretta e dentro, a fare un po' di casino. «Ero in mezzo a ragazzi che conoscevo di vista, qualcuno non l'avevo mai visto. A un certo punto uno mi dice: vuoi lanciare? E mi mette in mano un petardo acceso». In realtà alla Digos risulta che quel petardo sia entrato al Tenni nelle tasche di Enrico. «Mi trovo 'sta cosa in mano che fuma, e lancio». Mai pensato per un secondo di spegnerla o rispedirla al mittente? «No».

Dice che credeva fosse un fumogeno, che a Capodanno lui è l'unico della compagnia che non partecipa ai fuochi, che è stato Mauro Bonato, il suo avvocato, a spiegargli la differenza tra un petardo che può far male e un coso che fuma, puzza e al massimo fa lacrimare gli occhi. «Sento il botto, vedo Gillet cadere per terra, mi volto e dico: ma che cavolo mi hai dato in mano?». Non fa in tempo a finire la frase. Il branco lo disconosce, gli è già contro. Enrico non è un ultrà. Non ha il patentino per lanciare petardi in campo. Gli altri gli sono addosso, cominciano a menarlo. «Non dovevi, non dovevi...». I più anziani intervengono e lo consegnano alla polizia: tenetevelo, non è uno di noi.

Il mostro di Treviso è un'anima semplice e un po' immatura, l'uomo sbagliato nel posto giusto. «Ho passato due notti d'inferno, senza chiudere occhio, roso dall'angoscia. Non sono un violento, non avevo mai fatto qualcosa del genere. Quando ho visto le immagini alla tv mi sono sentito male: potevo rovinare la vita a Gillet». Il padre gli ha fatto una lavata di capo biblica: «Ma cosa diavolo hai combinato, disgraziato?». Un'amica l'ha fatto riflettere: «Renditi conto che ti è andata ancora bene...».

Gli hanno fatto il processo per direttissima: ha patteggiato sei mesi di reclusione con i benefici di legge e l'interdizione dallo stadio per un anno con obbligo di firma. Il Tenni non gli mancherà: «La domenica continuerò ad andare in montagna con gli amici o al cinema». Cosa ti ha insegnato questa storia? «A non fidarmi più di chi non conosco». Hai qualcosa da dire a chi ti ha fregato? «La prossima volta che andate allo stadio guardate la partita e tenetevi le mani in tasca». Come definiresti quello che hai fatto? «La più grande cazzata della mia vita».

Vorrebbe incontrare in privato Gillet per scusarsi di persona ma i tempi non sono maturi («Per il perdono è troppo presto» ha fatto sapere il portiere), forse gli scriverà una lettera. Biscardi sogna di averlo ospite. Signore e signori, un grande sgub del Processo: il mostro di Treviso in diretta dai nostri studi. Non ci andrà perché non è un mostro. È solo un elettricista che è andato in corto circuito.

Hellastory, 11/02/2004

BRAVO ZANETTI!


Quanto di buono avevamo visto a partire da metà febbraio (l'Atalanta ha dato evidentemente la scossa decisiva) si conferma in queste ultime partite con una difesa finalmente compatta e autoritaria e un centrocampo duttile. Fateci caso, ora tutti i gialloblù si sentono molto più a loro agio. Sanno cosa fare, non mollano mai. E il tutti di cui sopra va riferito davvero alla rosa allargata perché in questo momento il Verona fa punti e prestazioni pesanti anche senza Serdar, Tengstedt, Suslov che sono poi i giocatori più rappresentativi.

[continua]

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