Il calcio è una malattia che colpisce in varie forme. Non c'è da sorprendersi quindi se vi dico che i membri (mi scuserà Rocco Siffredi per l'abuso del termine) della redazione di Hellastory non hanno frequentato solo gli spalti nella gare del Verona, e le tastiere del sito, ma hanno anche calcato i polverosi campetti di periferia.
A onor del vero, non sempre i campi di periferia sono polverosi: ce ne sono anche alcuni per i quali l'aggettivo più adatto è «roventi». Tale era il campo sintetico di Cesena - Martorano dove il Brancon, formazione di calcio a 7 allenata dal webmaster Andrea, giocò nell'estate 2012 le finali nazionali UISP. Un sintetico di prima generazione con la caratteristica di surriscaldarsi con temperature al suolo di oltre 50°. Al seguito di Andrea, nelle vesti (piuttosto sbrindellate ed estive) di dirigenti branconiani, Davide e il sottoscritto. Il 28 giugno 2012 si affrontarono, nel girone eliminatorio, la squadra veneta del Brancon e la squadra ligure (di Bogliasco) degli Anni 50.
Al primo tiro in porta gli Anni 50 erano già in vantaggio, ma una gagliarda reazione del Brancon permetteva ai veneti di chiudere il primo tempo in svantaggio solo per 8-1.
Che sport è quello dove una gara delle finali è 8-1 a fine primo tempo? Se a qualcuno è capitato di giocare una finale nazionale di qualche campionato amatoriale, saprà che le squadre vengono spesso e volentieri imbottite di giocatori di altri campionati, magari di categorie superiori, che ne approfittano per farsi una gitarella gratuita in Romagna o in Toscana. Nel 2001, alle finali nazionali del campionato a 11 cui avevo partecipato con gli Amatori Nogara, alla gara conclusiva ci trovammo di fronte la rappresentativa riminese: dagli spogliatoi uscirono Pecci, Danova e De Rosa. Non esattamente dei ragazzini, ma quanto bastava per non veder palla: perdemmo 2-0.
Abbastanza logico che, di fronte ad una superiorità così imbarazzante sul campetto di calcio a 7 cesenate, ci chiedessimo da che serie calcistiche provenissero i nostri avversari. Ad un certo punto, nel secondo tempo, un calciatore ligure capita nei pressi della panchina del Brancon e Andrea ha la folgorazione: «Ma questo elo mia Minetti?». Cominciamo a fargli una radiografia e il tatuaggio del Genoa sul polpaccio fa propendere per il sì. La garanzia dell'identità ce la offre il mister degli Anni 50 che sostituisce il calciatore coda-dotato a pochi minuti dal termine: questi si dirige verso gli spogliatoi per la doccia anticipata e io lo fermo.
«Scusa, ma sei Minetti?»
«Sì».
«Beh, non ti vergogni a maltrattare così i tuoi ex tifosi? Siamo veronesi».
«Oh, i butei, dai!».
«Cosa ci fai a calcio a 7?»
Massimo Minetti spiega che ha chiuso abbastanza presto con il calcio che conta per dedicarsi al futuro, aprendo un'attività commerciale e continuando a giocare nei dilettanti, in prima categoria. Il fisico è un po' imborghesito, il passo non certo quello dei tempi migliori, ma la differenza nel trattare la palla a questi livelli è evidentissima, almeno nei confronti dei calciatori della bassa veronese, nessuno dei quali può vantare trascorsi nemmeno in categoria.
Minetti si spinge un po' oltre: «Mi dovete ringraziare che vi ho salvato dalla C2!». Io in particolare ho un'idea un po' differente: se proprio dovessi coniare uno spot, direi che ci ha salvato Zeytulaev, ma alla fine penso che il vero artefice della salvezza fu mister Pellegrini. Ciò non toglie che il suo gol al Foggia fu forse una delle svolte principali del campionato. Il Verona veniva da 5 sconfitte consecutive e la vittoria 1-0 con il Foggia fu l'inizio della rimonta. E poi, per una foto con Minetti sono ben disposto a concedergli anche di essere un eroe della salvezza.
A proposito di mister, detto che Pellegrini per me è santo subito, quello degli Anni 50 doveva essere un folle per sostituire Minetti con la gara ancora in bilico. Difatti, il Brancon ne approfittò per rifarsi sotto e solo la sfortuna e un paio di decisioni arbitrali sfavorevoli gli negarono un meritato pareggio. Dopo aver cullato a lungo il sogno della rimonta, il Brancon si dovette arrendere 14-2.
Per dovere di cronaca, e per risarcire moralmente i malcapitati giocatori della Bassa Veronese, va citato che la formazione degli Anni 50 schierava in quell'assolato pomeriggio romagnolo anche Bojan Simic, terzino sinistro serbo che con la maglia del FC Leotar (Bosnia - Herzegovina) era arrivato fino ai preliminari di Champions League.
Paolo