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Una volta non si andava troppo per il sottile, si davano e basta. Ora invece tra pedagoghi ed educatori il dibattito si è fatto molto vivace: gli schiaffi possono essere "educativi" ? C'è chi dice che la punizione corporale forgia il carattere e fa riflettere, altri dicono che non bisogna mai alzare le mani e in ogni caso al massimo si da uno sculaccione "simbolico". Per quel che riguarda i figli, che ognuno scelga il proprio metodo educativo, nel frattempo noi torniamo a parlare di calcio.
Scorrendo un po' l'album dei ricordi (e l'almanacco) ci ritorna in mente l'inizio della stagione 1998-99, quando Prandelli prende in mano il Verona con l'intento di riportarlo nella massima serie. Già durante l'estate l'aria che si respira è quella di un gran campionato e le prime due partite confermano questa attesa. La prima è una sontuosa vittoria in casa contro il Pescara per 4-1, la successiva è una vittoria, un po' risicata ma in fondo meritata, per 2-1 in casa della Lucchese. All'alba della terza giornata l'entusiasmo è già salito alle stelle e tutti attendono al Bentegodi l'arrivo della Reggiana per sacrificarla sull'altare del trionfo gialloblù. Sarebbe la terza vittoria in tre partite.
Questa la scarna cronaca del "trionfo": nel primo tempo segna subito Cimarelli, raddoppia Guidoni e poi arriva il terzo gol con Sullo dopo un suicidio difensivo di Gonnella. Nel secondo tempo un doppio Guidoni fa cinquina. C'è spazio per i due gol della bandiera di De Vitis e Manetti e anche per dare gloria nel finale a Battistini che con un intervento da esperto karateka abbatte fuori dall'area un avversario che avanza in contropiede. Espulso.
Finisce 2-5 ed è una catastrofe totale. Soprattutto perché smonta le attese e le speranze di tutta la tifoseria. Il risultato roboante e le pesanti critiche sono come uno schiaffone dato a man rovescia in faccia alla squadra e al suo allenatore. Mai schiaffone però fu più educativo di quello. Il Verona tronfio e vanaglorioso delle prime gare cambia radicalmente atteggiamento trovando umiltà e serietà e da li in avanti non deluse più il proprio pubblico. Da quel 2-5 iniziò la vera cavalcata verso la promozione - trionfale - in serie A.
Si sa, i ricorsi storici valgono quel che valgono e lungi da noi voler fare troppi paragoni con quella stagione anche perché di appigli sinceramente non ne troviamo altri.
Fatto sta che il pareggio risicato che domenica il nostro Verona ha "grattato" nei confronti della Cavese non è certo uno schiaffo in faccia, piuttosto lo possiamo definire uno "sculaccione simbolico" dato ad un ragazzino che pensava di essere troppo furbo e troppo bravo. Un ragazzino che credeva di potersi comportare già da adulto ma che alla prima difficoltà si è trovato a reagire come un bambino in età prescolare.
I fischi e le critiche in questo momento, seppur a qualcuno sembrino immeritati e prematuri, non possono che aver fatto bene a questo Verona. I giocatori in rosa e l'allenatore non sono certo dei giovani alle prime armi. Sono dei professionisti scafati e che in carriera hanno superato momenti ben più difficili di questo quindi ben vengano gli sculaccioni se questi riescono a scuotere la squadra.
Domenica a Cosenza l'occasione è d'oro per far vedere che si è fatto tesoro dei propri errori. Attenzione, non è necessario per forza vincere come si è fatto a Lanciano. Piuttosto servirà una prestazione convincente e di carattere e ancora di più questa servirà in casa la settimana successiva contro la Ternana.
Sapete qual è la paura più grande?
Che per far ragionare alcuni ragazzini di schiaffi o di sculaccioni ne occorrono solo uno o due.
Per altri invece, irrecuperabili, non ne bastano dieci.
Valeriano
Hellastory, 10/09/2009