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6. Di nuovo in A, con la forza del dubbio

 

Il Verona è riuscito nell’impresa, non facile, di evitare le paludi della serie B. Sempre più il campionato cadetto si propone come una sorte di stagno immobile e insidioso dove riescono ad emergere o le formazioni appena retrocesse in cerca di riscatto immediato (magari finanziato dal paracadute), o le neo promosse (Spal e Benevento dirette in A e Cittadella ai playoff) forti di una gestione patrimoniale rigidamente impostata dalle regole fissate in Lega Pro, da imprenditori ambiziosi e da una mentalità vincente. Perugia a parte, squadra peraltro ringiovanita e condotta da un tecnico esordiente, non abbiamo visto altra resistenza. Del resto, l’obiettivo stagionale di Spezia, Novara, Salernitana, Virtus Entella e Cesena è stato più partecipare ai playoff che puntare realmente sulla promozione, la sorpresa dell’anno scorso, il Trapani, è miseramente retrocessa, solo il Bari ha alzato un po’ la cresta investendo in giocatori e tecnici, risultando alla fine la vera delusione stagionale.

Nel momento difficile, tra gennaio e febbraio, quando eravamo in crisi di risultati e gioco, abbiamo creduto di non farcela. Molti di noi hanno temuto un nuovo fallimento stagionale e hanno avuto terreno fertile i complottisti, che offrono sempre una visione manipolata della realtà, ma si insinuano facilmente tra le insicurezze collettive. Per fortuna non è successo niente di tutto ciò, la squadra ha reagito ritrovando se stessa e conquistato una meritata promozione diretta. Tuttavia, se non ci fosse riuscita, non c’è dubbio che la permanenza in B avrebbe costretto il Verona a un cambiamento radicale dell’area tecnica e a un ringiovanimento della squadra (Pazzini e Romulo sarebbero rimasti un altro anno in B?), entrambi veicolati da un pesante ridimensionamento economico. Che poi è quello che sta succedendo a Frosinone e Carpi con l’arrivo di tecnici giovani (Longo e Calabro) e una prevedibile rivoluzione della rosa. Con tutti i rischi che conseguono. Del resto, tutto quello che si poteva chiedere a chi c’era prima è stato chiesto, con risultati negativi. Non c’è dubbio che l’invischiamento nelle sabbie mobili dei cadetti sarebbe stato davvero molto opprimente e incerto per noi, tenendo conto anche che l’anno prossimo chiunque si dovrà confrontare con la volontà di riscatto delle retrocesse e con neopromosse di grande prospettiva (Parma, Venezia e Foggia in primis).

Setti è stato bravo a tenere fermo il timone in mezzo alla burrasca, confidando sulla rabbia e la qualità tecnica del gruppo e sul potenziale di Pecchia. Compatti e uniti si sale. E così è stato.

Forte della seconda promozione consecutiva, risultato riuscito finora solo a Garonzi (non considero i successi conseguiti dalla famiglia Mazzi che contava su una compagine aziendale più articolata), ora il presidente si avvia alla nuova avventura arricchito. Dal punto di vista manageriale ha imparato a fidarsi di meno, a non concedere cambiali in bianco sulla base del sentiment diffuso (come accaduto con Sogliano prima e Mandorlini poi), riuscendo a porsi in maniera più libera e meno coinvolta di fronte alle decisioni da intraprendere: ad esempio, difendendo Pecchia quando la squadra andava male ha dato un messaggio inequivocabile sia ai tifosi che ai giocatori. Abbiamo tutto quello che serve per arrivare fino in fondo, cominciamo noi a crederci per primi. La decisione, non so se dovuta dalla mancanza di alternative, ha avuto il merito di responsabilizzare i giocatori e togliere gli alibi. Guarda caso, sono tornati i risultati e la fiducia. Per questo, oggi ritengo Setti molto più efficace nel prendere decisioni a beneficio della squadra. Una sicurezza in più, anche in ottica delle difficoltà che dovremo affrontare l’anno prossimo. E non saranno poche.

Infatti, l’esperienza insegna purtroppo che il campionato di serie A non è altrettanto generoso con le neopromosse. Se è vero che possono contare sul loro entusiasmo e sulla predisposizione mentale a non mollare mai, si scontrano inevitabilmente con un differenziale tecnico pauroso. La salvezza di Cagliari e soprattutto quella del Crotone sono state conquistate sul declino inesorabile del Palermo e sul crollo finale dell’Empoli, esattamente come l’anno precedente il Bologna ha tratto beneficio dalla crisi del Verona. Hellas e Palermo hanno vissuto storie differenti tra loro, è vero, ma in comune hanno il fatto che non si sono fatte trovare preparate a soffrire per difendere la categoria. Ogni anno ne salta una. D’altra parte però, – limitato agli ultimi due campionati – Carpi, Frosinone e Pescara sono state penalizzate dalla mancata compensazione del gap qualitativo. L’impegno e la determinazione possono dunque non bastare.

Occorre prepararsi adeguatamente quindi al salto di qualità. E sperare sempre nel declino altrui.

Ho l’impressione che, in un momento di mercato ancora chiuso e alimentato solo da voci, il Verona sia destinato a un profondo cambiamento. Ci sono giovani di prospettiva da lanciare (Zaccagni e Valoti), altri da far crescere altrove (Fares e Cappelluzzo), giocatori che saranno di sicuro affidamento anche in serie A (Pazzini, Romulo, Bessa, Fossati), altri da sperare di poter confermare (Ferrari e Bruno Zuculini), altri ancora da valutare attentamente dal punto di vista tecnico (Nicolas, Caracciolo, Souprayen, Bianchetti, Siligardi, Luppi sono adatti alla serie A?) e altri infine da quello puramente fisico (Juanito, Cherubin e Franco Zuculini). Pisano non dovrebbe prolungare il contratto e credo che abbia dato al Verona tutto quello che poteva dare.

Di massima, la priorità riguarda a mio avviso l’affidabilità dell’impianto difensivo, punto debole del Verona degli ultimi 3 o 4 anni, in grado di limitare pesantemente il potenziale complessivo della squadra sin dai tempi di Mandorlini. Se a centrocampo e in avanti abbiamo necessità di completare i reparti intorno a punti fermi già consolidati, il portiere e tutti gli attuali difensori gialloblu (Pisano, Bianchetti e Souprayen sono poi reduci dalla disastrosa retrocessione) lasciano più di una perplessità. Anche quest’anno, con la tolleranza di giudizio che porta con sé la promozione, questo è stato il reparto che ha mostrato maggiori carenze tecniche individuali e collettive (oltre che di concentrazione), ampiamente compensate dai gol di Pazzini e dalle giocate di Bessa e Romulo. Fragilità arcinote, che non possono essere assolutamente riproposte in serie A.

Complessivamente il Verona approccia la nuova avventura più maturo e consapevole dei propri limiti. Fusco ha conclamati obiettivi da risolvere in sede di mercato. Non stiamo più vivendo l’euforia conseguente alla meravigliosa cavalcata guidata da Mandorlini dalla Lega Pro alla serie A. Quello era un periodo nel quale tutto ci sembrava possibile, era solo questione di tempo. Da Berrettoni a Iturbe. Da Ferrari a Toni, il Verona aveva riconquistato la sua massima dimensione dopo anni e anni di depressione e sfinimento. Oggi ci affidiamo ad un tecnico esordiente e ad una squadra che non ha certo brillato per continuità. Abbiamo meno certezze e sappiamo che dovremo lottare duro per difendere la categoria. Pazzini a parte non abbiamo fenomeni ma è certo che, se manterremo lo spirito degli ultimi due mesi di campionato, non molleremo gratis niente a nessuno. A pensarci bene, sarà proprio questa la nostra forza.

Massimo




Hellastory, 23/06/2017

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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