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PROSSIMO IMPEGNO
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In questi giorni girano voci sulla possibilità che Setti venda il Verona. Trattandosi all'inizio di semplici sussurri non ci abbiamo dato molto peso. Se ne dicono di cose. Quando poi anche qualche giornalista, generalmente beneinformato, ci fa un post, il sussurro evolve in rumors. Del resto, per esperienza e metaforando il detto, dietro ogni fumo c'è sempre almeno un po' di arrosto. Andiamo con ordine. La FederCalcio, dovendosi barcamenare sull'imbarazzante caso Salernitana ha stabilito qualche mese fa che le multiproprietà sono vietate. Nessun presidente potrà avere più due squadre professionistiche. E chi le ha già, dovrà venderne una entro la stagione 2024/2025. De Laurentiis ha in ballo Napoli e Bari e Setti, che ci riguarda più da vicino, Hellas e Mantova. Il problema è che l'impegno di capitale nel Verona è di gran lunga superiore e, come facile immaginare, c'è anche maggiore appetibilità sul mercato. Senza dubbio, sia dal punto di vista patrimoniale che gestionale, la società sta vivendo una condizione ottimale e sportivamente si conferma in un dignitosissimo 9º - 10º posto sviluppando un calcio spettacolare e coinvolgente. Per non parlare delle prospettive di mercato della rosa, con alcuni giocatori di interesse internazionale (Barak e Simeone) e nazionale (Casale, Ilic e Tameze) che possono sostenere quel turnover capitale/liquidità che consente al club di mantenersi in autonomia.
Al contrario, il Mantova, che ha richiesto a Setti un impiego di capitale marginale, non ha risposto agli obiettivi originali. Non solo la squadra non emerge in Lega Pro, ma neppure riesce far maturare gli ex Primavera gialloblu dirottati. Mantova non è affatto il satellite calcistico di Verona, né a mio avviso potrà mai esserlo vista la storica rivalità. Per questo, in ottica al richiamo normativo, la sua cessione non gli porterebbe alcun vantaggio economico. A differenza di De Laurentiis che, nel frattempo, è riuscito a valorizzare il Bari portandolo in serie B. In definitiva, proprio perché è stata un'operazione infruttuosa finora, non avrebbe alcun senso smontarla.
Ma, al di là delle voci, quali sono gli indizi che aprono ad una possibile - e prossima - cessione del Verona?
Cominciamo con il renderci conto che la tradizionale sottocapitalizzazione delle società di calcio (intorno alle quali girano troppo nero e artifici contabili a sostegno) ha aperto l'interesse straniero. Inter, Milan, Roma, Fiorentina e Bologna ormai da tempo, Parma, Spezia, Genoa più recentemente, Atalanta da ultima sono la conferma del profondo cambiamento in atto. Questo non significa necessariamente che, se ci fosse una trattativa, la controparte debba essere per forza straniera. Americana, come ventilato. Ma ci sono poche cordate nazionali disposte a mettere sul piatto 90-120 milioni per comprare il Verona in questo periodo. Pandemia, rincaro energetico e ridotte prospettive economiche hanno cambiato lo scenario di fondo: oggi il capitale italiano sta uscendo dal calcio, non ci sta entrando.
Poi ci sono una serie di indizi. Francesco, esperto di Hellastory di questioni societarie, mi ha fatto notare che le recenti normative che sostituiscono il fairplay finanziario possono condizionare in qualche modo la logica della plusvalenza che per anni ha guidato la gestione di Setti, visto che ammortamenti e stipendi non potranno superare il 70% dei ricavi, costringendo le società a ridimensionare sia gli ingaggi che i costi dei cartellini. Kumbulla venduto contabilmente a 30 mln dopo solo una stagione da titolare in serie A è difficile da riproporre con le nuove regole. Per il Verona cambierebbe poco quando compra, moltissimo in sede di cessione di giocatori rivalutati.
E poi ci sono le questioni che riguardano da vicino lo staff di Setti. Pantaleo Longo, l'ex Direttore Operativo, dopo un anno e mezzo ha recentemente lasciato il Verona. L'uomo dei numeri, un ruolo delicatissimo è scoperto. Per non parlare delle voci che vedono anche D'Amico, pur sotto contratto, in uscita (Atalanta?). Anche Tudor glissa puntualmente sul suo futuro, nonostante pure lui sia sotto opzione. In parole povere, se è vero che non c'è niente di ufficiale, è altrettanto vero che Setti ha smentito categoricamente solo che non cederà il Mantova. Come previsto.
Dando per un attimo credito a tutto ciò, la mia preoccupazione è duplice. In primo luogo, la tempistica: il disorientamento che genera un passaggio di proprietà lascia all'inizio ovunque solo vittime. Vengono meno i punti di riferimento e si cercano nuovi equilibri. Non vorrei che la trattativa venga fatta in un momento cruciale del campionato rendendo tutto più difficile. Salvezza compresa (vedi Parma e Genoa). Se dovesse esserci il passaggio di proprietà, giugno è il momento migliore. In secondo luogo, la capacità professionale: Setti e D'Amico hanno dimostrato non solo competenza ma anche una grande intesa. Non sarà facile mettere insieme una collaborazione tanto produttiva, fatta più di idee che di risorse economiche. Ma chi arriva porta i suoi. Ama decidere in proprio. E il confronto si apre immediatamente.
E' curioso notare come, in questo periodo fortunato, gran parte dei tifosi che ne parlano vorrebbero che le cose restassero così, che non cambi nulla. Magari alcuni di loro sono gli stessi che alcuni anni fa auspicavano la cessione del Verona quando la squadra e Setti erano in grossa difficoltà. Il problema è che i tifosi sono proprietari del film, della storia che racconta e di tutto ciò che evoca l'Hellas, ma non degli attori, del regista e del produttore. Per questo, se Setti ha realmente intenzione di vendere forse è lui stesso che ci sta dicendo che considera finita quest'avventura e che le sue opportunità personali volgono altrove. Lato nostro, dobbiamo solo sperare che chi arriva consideri la continuità come un valore aggiunto e abbia rispetto per noi tifosi e per il valore che offre il Verona.
Massimo
Colonna sonora: Nel dubbio, balliamoci su: Don't leave me this way - Harold Melvin & the Blue notes
Lazio e Torino, che peraltro sono formazioni superiori, hanno evidenziato un tema già affrontato durante l'estate: la difesa. È innegabile che Sogliano abbia lavorato con maggiore attenzione alla scoperta prima e all'arrivo poi di giocatori di qualità a centrocampo e in attacco, in ottica plusvalenze. E si vede. Ogni partita scopriamo un gesto tecnico superiore alla media da parte di Harroui, Kastanos, Tengstedt, e perfino di Livramento e Mosquera. Altri ne arriveranno da nuovi giocatori che al momento non conosciamo bene perché si stanno ancora integrando. Per non parlare dell'evoluzione esponenziale di Belahyane che creerà non pochi, ma piacevoli, problemi di turnover al mister al rientro di Duda e Serdar. Sulla difesa invece non si è lavorato. O non abbastanza. Gli arrivi nel finale di Daniliuc e Bradaric non sembrano decisivi in un reparto dove Frese e Okou faticano ad adattarsi al livello del nostro campionato. E neppure i ritorni di Faraoni (bloccato a Verona solo a causa di un ingaggio pesante) e Ghilardi (mai veramente preso in considerazione) sembrano essere un valore aggiunto.
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