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PROSSIMO IMPEGNO
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dal nostro inviato Massimo
Non ci è dato conoscere il disegno, ma ogni caduta e ogni gradino che saliamo ne producono un singolo tratto. Nulla è per caso, anche se non lo capiamo. Domenica strana, l'ultima del girone di Andata: in un modo o nell'altro tutte le grandi del campionato frenano contemporaneamente. Il Torino perde all'Olimpico, per merito di un gol del romanista Pruzzo; il Milan – ancora più clamorosamente - perde a San Siro col Como (Matteoli e Bruno); l'Inter infine non va oltre il pareggio ad Ascoli (Altobelli e Iachini) penultimo in classifica. Che sia un segno del destino? Il Verona, da parte sua, va a giocarsi il titolo di Campione d'inverno ad Avellino, in un campo davvero difficile e con una rosa molto incompleta. Anche questo è un passaggio obbligato per comporre «il disegno».
LE ALCHIMIE DELLA GARA. Le ferite lasciate dal terremoto del 23 novembre 1980 sono ancora aperte e le lacerazioni paesaggistiche e morali, poco dopo 4 anni, terribilmente visibili. Questa è un'area disastrata, in prossimità all'epicentro, che ha patito la privazione di 3000 vittime e 10000 feriti; circa 70 centri abitati non esistono più o sono stati ricostruiti daccapo; molte famiglie hanno perduto case, oggetti personali, valori, parte della propria memoria storica. Ma non il loro orgoglio, l'orgoglio dei lupi, animali affascinanti e selvaggi nei quali si identificano.
Avellino adesso è una città moderna e completamente ricostruita. Ha subito il bombardamento di una battaglia scatenata dalla natura e in più parti è stata rasa al suolo. Dal punto di vista calcistico, a parziale compensazione, vive invece le sue più belle pagine sportive: quelle della permanenza in pianta stabile in serie A (è al suo 7° campionato consecutivo) e del derby con il Napoli.
Padre padrone di questo miracolo è il vulcanico e chiacchierato Antonio Sibilia, anche se gli attuali presidenti di facciata sono gli sconosciuti Pelosi e Pecoriello. Sibilia, d'altro canto, si circonda solo di uomini fidati: l'ex bandiera biancoverde Salvatore Di Somma (direttore sportivo) e il talent scout Pierpaolo Marino, quello per intenderci che oggi che scrivo ha fatto grande l'Udinese e sta ricostruendo il Napoli dalla serie C. E la scoperta di giovani talenti economici, in questa terra povera e abbandonata da Dio, rappresenta l'unica possibilità che rimane per conquistare ogni anno con caparbietà un'onorevole salvezza.
Il peruviano Barbadillo, il monzese Colombo, il campano Amodio, il toscano Colomba sono i giocatori di maggiore spessore, ma i veri talenti da seguire anche in futuro sono il centravanti argentino Diaz e il giovane mediano De Napoli, un prodotto del vivaio locale, destinato a diventare una colonna del Napoli di Maradona e della Nazionale italiana.
Il Verona arriva ad Avellino «decimato»: Ferroni è in via di (lento) recupero ma ancora indisponibile, Elkjaer è sempre infortunato, Galderisi è squalificato e persino il giovane centrocampista Terracciano, da un paio di mesi costantemente aggregato alla prima squadra è inutilizzabile. Bagnoli ha davvero i giocatori contati: 14 uomini validi, 1 (Ferroni) a far numero in panchina e un nuovo giovane prelevato dalla Primavera, il difensore Residori.
La parola «decimato», che ho utilizzato poco fa, non è affatto corretta in questa circostanza, anche se molto spesso utilizzata. Viene dal latino decimatio, ed è abbinata ad una pratica di alto contenuto drammatico utilizzata dall'esercito romano quando questo subiva una sconfitta disonorevole. In pratica, tutti i superstiti della battaglia venivano raggruppati in piccoli gruppi di 10 soldati al cui interno se ne sorteggiava uno che subiva una triste sorte: lo sventurato veniva ucciso a bastonate dagli altri nove commilitoni, i suoi beni confiscati dallo Stato e i suoi familiari venduti come schiavi. A dire il vero, la decimatio è stata utilizzata molto raramente, non ce n'era proprio bisogno. L'occasione storicamente più famosa è stata quella della sconfitta dell'esercito romano a Modena ad opera di un esercito composto esclusivamente da schiavi e gladiatori, nell'anno 72 a.C., guidato dal famoso Spartaco. A decretarla fu Marco Crasso (quello del Triumvirato con Pompeo e Cesare) segnando ovviamente la voglia di riscatto dei soldati romani superstiti che porterà inevitabilmente alla fine dei rivoltosi, alla salvezza di Roma e al pagamento del pegno del disonore.
Dopo aver parlato tanto di terremoto e di battaglie cruente, torniamo a trattare argomenti più leggeri. Quelli che ci portano a seguire una semplice partita di calcio: tattica, rischi, gol e occasioni create, come al solito, nel prossimo capitolo.
MINUTO PER MINUTO. Campo pesante e Verona leggero davanti, con Turchetta e Fanna di punte. Vista l'aria che tira, un pareggio ci va benissimo.
L'Avellino, motivatissimo, parte subito forte. Dopo 3' minuti, scatta Colomba sulla fascia sinistra, crossa per Diaz, al centro dell'area gialloblu, bella girata e pallone fuori di un soffio. Dopo 2' minuti bis dell'azione precedente: ancora Colomba che crossa per Diaz che da due passi spedisce incredibilmente al lato. Andiamo bene!
Il Verona cerca di alleggerire la pressione: Tricella lancia in profondità Fanna che, in posizione di netto fuorigioco, segna. L'arbitro Redini di Pisa annulla giustamente.
Ancora Avellino: Colomba, scatenato, ci prova con una sventola da fuori area e grande parata di Garella. Poco dopo, Volpati libera in extremis su Diaz servito da Barbadillo. Siamo in netta difficoltà. E difatti, al 32', i padroni di casa passano meritatamente in vantaggio anche se per merito di una sfortunata deviazione di Volpati su tiro del solito Diaz che beffa l'incolpevole Garella.
Il Verona a questo punto si scuote: al 36' Sacchetti serve Di Gennaro, in posizione di centravanti ma la conclusione è sbilenca. Dopo 2 minuti, però, i gialloblu pareggiano: cross di Bruni, difesa biancoverde immobile, irrompe Marangon e segna. Alè!
E' fondamentale arrivare al riposo con questo risultato: quasi in chiusura ci aiuta il palo, amico di Garella, a respingere un tiro a botta sicura di Diaz.
Nella ripresa, l'allenatore Angelillo cambia Colomba, stremato, con il quasi omonimo Colombo molto meno tecnico ma molto più dinamico. Sostituzione che si rivelerà azzeccatissima.
L'Avellino è padrone assoluto del campo, sfiora più volte il gol del vantaggio e colpisce un nuovo palo con Diaz. Proprio quando pensavamo di uscire indenni, a 6' minuti dalla fine, subiamo la mazzata: i padroni di casa passano nuovamente in vantaggio con Colombo che dalla lunetta sferra un tiro micidiale che batte Garella e si infila all'incrocio.
Per gli uomini di Bagnoli, questa realizzazione è scioccante e la squadra non riesce più a reagire: mancano pochi minuti e non ci sono né la forza né il coraggio per recuperare. Siamo tutti sconcertati, e dopo aver resistito indenni per ben 14 partite, dobbiamo subire la sua prima sconfitta del campionato. Il Verona oggi è proprio a terra. E' la fine di un sogno: il suo risveglio.
IL SIGNIFICATO DELLA PARTITA. Numerosi, come al solito. Innanzitutto una considerazione di base: il Verona chiude il girone d'Andata con il titolo platonico ma pur sempre importante di Campione d'inverno: 22 punti conquistati - frutto di 8 vittorie, 6 pareggi e 1 sola sconfitta (quella di Avellino appunto) – 18 le reti fatte e 7 quelle subite. Il Verona non solo ha più punti di tutti, ma anche la migliore difesa del Campionato.
Adesso aggiungiamo un paio di riflessioni. La situazione attuale non è delle migliori: 2 punti conquistati nelle ultime 3 partite sono una media più adatta a una squadra che deve salvarsi che una che deve vincere il Campionato. Avellino ha sancito l'estrema limitatezza numerica della rosa di Bagnoli che non solo deve sopportare gli ovvi infortuni e squalifiche che accadono in ogni stagione, ma anche il calo atletico di giocatori importanti come Di Gennaro, Fanna, Fontolan e Volpati. Probabilmente, il calo di questo periodo potrà consentire nuova freschezza in Primavera, ma al momento i gialloblu sono destinati a soffrire.
Domenica prossima, ad esempio, i nostri ragazzi saranno impegnati nuovamente in trasferta, a Napoli contro Maradona e compagni, mentre l'Inter che segue ad 1 solo punto riceve la comoda Atalanta e il Torino va ad Ascoli. Noi abbiamo l'impegno decisamente più difficile e sarà molto difficile mantenere l'attuale vantaggio di classifica.
In tutto questo Bagnoli predica serenità: ai suoi ragazzi dice che «non è successo niente», che devono stare tranquilli, che è soddisfatto così. Ha ragione a volare basso, cosa dovrebbe chiedere di più a una squadra partita con altre prospettive e catapultata, con pieno merito, in testa al Campionato sin dalla prima giornata? Ha ragione lui e torto noi che adesso siamo in ansia. Ma oggi non ce ne rendiamo conto e temiamo per le ripercussioni psicologiche della prima sconfitta in assoluto. A Napoli recupereremo Galderisi ma avremo anche la consapevolezza di non essere più imbattibili. Oppure ci saremo liberati di questa oppressione, di un peso importante e insostenibile.
Il «disegno» è tracciato a metà: appare bello e armonioso a prima vista, ma ancora non riusciamo a cogliere il suo significato definitivo. Cosa rappresenta? Non lo so. Dove arriverà questo Verona? Non lo so. So solo che mi piacerebbe fotografarlo per non perderlo di vista e lasciarlo così intatto anche in futuro. Come sono bugiardi i tifosi con se stessi e con gli altri.
Lazio e Torino, che peraltro sono formazioni superiori, hanno evidenziato un tema già affrontato durante l'estate: la difesa. È innegabile che Sogliano abbia lavorato con maggiore attenzione alla scoperta prima e all'arrivo poi di giocatori di qualità a centrocampo e in attacco, in ottica plusvalenze. E si vede. Ogni partita scopriamo un gesto tecnico superiore alla media da parte di Harroui, Kastanos, Tengstedt, e perfino di Livramento e Mosquera. Altri ne arriveranno da nuovi giocatori che al momento non conosciamo bene perché si stanno ancora integrando. Per non parlare dell'evoluzione esponenziale di Belahyane che creerà non pochi, ma piacevoli, problemi di turnover al mister al rientro di Duda e Serdar. Sulla difesa invece non si è lavorato. O non abbastanza. Gli arrivi nel finale di Daniliuc e Bradaric non sembrano decisivi in un reparto dove Frese e Okou faticano ad adattarsi al livello del nostro campionato. E neppure i ritorni di Faraoni (bloccato a Verona solo a causa di un ingaggio pesante) e Ghilardi (mai veramente preso in considerazione) sembrano essere un valore aggiunto.
[continua]Qual è stato il miglior gialloblu in campo in
H.Verona-Venezia?
Riepilogo stagionale e classifica generale
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