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PROSSIMO IMPEGNO
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dal nostro inviato Massimo
Ricomincia il Campionato più bello del mondo a campi invertiti: la Storia vuole che il percorso si ripeta al contrario per decretare chi è davvero meritevole a raggiungere il successo finale. Un giro solo non basta. Come nella vita i colpi di fortuna. Il Verona scende nuovamente in Campania, ma si ferma a Napoli contro Maradona per la rivincita: questa è la difficilissima partita che seguiremo oggi. Nel frattempo l'Inter regola di misura l'Atalanta (Sabato) e arriva a quota 23; il Torino non va oltre il pareggio contro il generoso Ascoli (Cantarutti, Schachner, Dirceu e Sclosa) e viene raggiunto a 21 punti dalla Roma che supera di rigore l'Avellino (Pruzzo). Solo la Sampdoria un punto dietro, pareggiando a Cremona, si tiene ancora in corsa. A Udine esordisce un certo Paolo Maldini, esempio di bravura e virtù anche oggi. La classifica è spezzata in 3 tronconi: il vertice con le squadre sin qui citate, il fondo con Lazio, Ascoli e Cremonese in triste solitudine e poi tutte le altre raggruppate e frenate tra loro. Riuscirà il Verona a mantenere stasera ancora la vetta della classifica?
UN PERCORSO E DUE EMOZIONI. In tutte le puntate precedenti, ho cercato di dare sempre una certa attenzione all'avversario che il Verona andava ad affrontare spiegandone il valore e i contenuti tecnici. Inoltre, ho sempre fatto qualche riflessione ulteriore sul luogo dove si sarebbe svolta la gara ricercandone la dignità e le bellezze naturali. Questo modo di comportarmi è parte naturale di me e privilegia il riguardo e le capacità dell'antagonista rispetto alla superficialità e alla noncuranza (o peggio al comportamento violento/razzista) che può accompagnare talvolta una semplice partita di pallone.
Sarà dovuto al fatto che, per necessità di vita prima e di lavoro poi, ho dovuto girare l'Italia in lungo e in largo e ho potuto con i fatti smentire alcuni luoghi comuni e piccolezze provinciali riuscendo poco a poco a conquistarmi la fiducia delle persone e delle località che mi hanno ospitato. Mio e loro malgrado.
E così ho imparato anche che, riconoscendo il valore e la dignità di chi è estraneo a me, riesco di conseguenza a cogliere significati ancora più alti per l'impresa che settimanalmente riviviamo.
In particolare oggi, con un certo disagio, mi trovo ad affrontare la trasferta di Napoli, città dove ho vissuto (molto sofferto e anche gioito) per anni, madre dei miei due figli e di tanto affetto ricevuto e lasciato. E poi c'è Maradona, il più grande giocatore del mondo e il più piccolo uomo che sta in Terra.
Se dovessi dedicare ad entrambi lo stesso spazio e la stessa quantità di episodi che ho raccolto durante la mia permanenza laggiù, non basterebbe lo spazio a mia disposizione e credo, temo, neppure la disponibilità di chi adesso legge perché interessato esclusivamente all'evocazione di un racconto bellissimo nel quale Napoli e Maradona non hanno altro significato che il contenuto di una semplice partita.
Mi limiterò pertanto a trasmettere solo un paio di emozioni, rigorosamente ed esclusivamente (ahimè!) di carattere sportivo che spiegano almeno in parte cosa rappresenta il calcio da quelle parti. Abbiate pazienza.
Comincio con il tifo del San Paolo. 80.000 persone colorate di azzurro, della stessa tonalità del cielo e del mare che a Napoli hanno entrambi un significato particolare, a cantare «Oi vita, oi vita mia!» e a saltare come un'onda imbizzarrita che cresce e poi sale e poi si ricompone. Un terremoto umano. E' festa, è sempre festa allo stadio. Ma questa intensità, la vivi solo qui e all'Anfield Road di Liverpool quando senti «You'll never walk alone!» oppure «Liverpool in the world» intinto nel colore più rosso che possa mai esistere. E in entrambi gli stadi, perdi la tua dimensione singola e ti confondi in questi colori intensi. A meno che – come me - non sei orgogliosamente e tenacemente legato a un'altra storia e ad altre tinte.
Concludo con Diego. Sulle sue magie, sul suo carisma in campo e nello spogliatoio tanto si è scritto e filmato. Racconti talvolta stupefacenti (scusate il gioco di parole…) e talvolta incredibili. Tutto vero! Assolutamente. Ma lo spettacolo più alto che sono riuscito a vedere e del quale non potrò mai dimenticare un solo istante è una semplice seduta di allenamento al centro sportivo di Soccavo, senza la tensione della gara e dell'avversario. Maradona fu l'ultimo a entrare in campo e l'ultimo ad uscirne, eccezionale nel lavoro in palestra e annoiato e pigro in quello atletico sul campo. Ma quando sono entrati sul terreno di gioco una trentina di palloni, il suo sorriso infantile gli ha illuminato il viso. E così il nostro. Quello che è accaduto a partire da quel momento non può essere descritto: immaginate una palla come prolungamento di voi stessi, un nuovo piede, accoccolata tra le gambe, affettuosa, insaziabile di voi. Immaginate anche un piccolo gigante che la lancia proprio dove vuole veloce o lenta, d'effetto o morbida, e lei sempre ubbidiente e ruffiana a servizio del suo padrone e signore assoluto. Se qualcuno ha un po' di fantasia per ipotizzare queste cose, è ancora troppo lontano dalla realtà. Purtroppo per lui e per noi che non lo possiamo vedere più.
LE ALCHIMIE DELLA GARA. Torniamo senza rimpianti ai nostri doveri e alle motivazioni per le quali oggi ci troviamo qui. Tutta la settimana è stata caratterizzata dalle pressioni della grande stampa del nord che finalmente vedeva quello che ha sempre voluto vedere. Il Verona sta rallentando la sua corsa, gli uomini di Bagnoli sono cotti e noi tutti li ringraziamo per lo spettacolo offerto finora. Ma adesso debbono farsi da parte. C'è l'Inter di Rumenigge e di mezza nazionale italiana, pronta a spiccare il volo. Del resto, l'abilità nerazzurra è stata quella di girare sempre in prossimità dei primi posti di classifica nascondendosi con accortezza e facendo eliminare tutte le altre pretendenti tra di loro. Intorno a lei adesso ci sono solo formazioni simpatiche come Verona, Torino e Sampdoria del tutto prive di esperienza e di spessore per poter vincere il Campionato.
Il gioco dell'Inter, come quello del gatto con il topo, ha avuto ragione anche grazie alla serie di fallimenti delle altre big. Dove sono finite la Juventus, Campione d'Italia; il Milan rifondato da Liedholm; la Fiorentina di Passerella e Socrates e il Napoli di Maradona? Può un giocatore da solo vincere tutto? No, assolutamente, lo abbiamo visto tutti! E allora rimane solo la Roma, molto forte e compatta a contrastare il suo cammino, ma è guidata da un tecnico giovane e sconosciuto in Italia (Eriksson) anche se è ancora in una buona posizione di classifica.
Il Campionato 1984/85 se lo giocheranno a questo punto l'Inter in rappresentanza del nord e la Roma in rappresentanza del Centro-Sud. Con grandi favori di pronostico per la prima che si è rinforzata molto e ha pianificato tutto, perfino…. lo scudetto. Quello che avete visto finora è solo un lungo, noioso e complicato processo di eliminazione diretta delle pretendenti al titolo. Lo spettacolo, per chi si intende davvero di calcio, comincia solo ora!
Il Verona arriva a Napoli tra mille difficoltà: i risultati non arrivano più come prima e il gioco fatica; le assenze di Ferroni dietro e soprattutto di Elkjaer davanti limitano molto le prestazioni in campo; l'eccesso di alta quota sta facendo mancare l'ossigeno ai giocatori.
Oggi Bagnoli recupera Galderisi al centro dell'attacco e convoca anche i convalescenti Elkjaer e Ferroni in panchina. Ma c'è da affrontare il pericolo Maradona e non si può contare esclusivamente in una grande partita di Briegel per fermare il fenomeno argentino.
Tutta la carriera calcistica di Maradona sarà caratterizzata da un continuo confronto tra lui e i giocatori tedeschi, alcuni bravissimi a trattenerlo (come Briegel e Matthaus) altri meno capaci. Organizzazione e metodo contro talento puro e improvvisazione. Il lungo rincorrersi di risultati sportivi (1 Campionato del Mondo a testa, e 1 Coppa Uefa per il Napoli che ha sconfitto Bayer Monaco e Stoccarda in finale) alla fine arride al genio e alla classe pura, come e giusto che sia. Il gioco del pallone è arte, lo sappiamo bene.
Ma oggi il Verona, pur in difficoltà, ha il vantaggio di non affrontare il grande Napoli di Maradona che sarà tale solo a partire dalla prossima stagione: in campo ci sono giocatori alla fine della loro carriera (Castellini, De Vecchi, Penzo, Boldini) e altri di scarsissimo valore (De Simone, Marino, Caffarelli). Dopo la rivoluzione estiva di Ferlaino, la rosa verrà rinforzata in modo tale da dare dignità e valore alla squadra che in seguito conquisterà 2 Campionati e una Coppa Uefa: Renica, Pecci, Giordano, Buriani e il nostro Garella approderanno a luglio a Mergellina guidati da Ottavio Bianchi per imporre qui un nuovo centro di potere nel Campionato Italiano.
MINUTO PER MINUTO. Il Napoli attuale è modesto e il Verona in affanno. I primi 20' minuti sono giocati a centrocampo con la paura di entrambi di sbagliare e di compromettere così il risultato finale. Entrambe le squadre hanno molti motivi di apprensione e nessuno può permettersi di perdere terreno in classifica.
Al 21' Fanna crossa per Galderisi che batte Castellini da pochi passi: l'arbitro Pairetto annulla per fuorigioco. Giusto?
Replica immediatamente il Napoli con una azione analoga: Bertoni lancia Caffarelli che batte Garella. Ancora fuorigioco e ancora un gol annullato.
Il tempo si chiude con una legnata di De Vecchi che sfiora il palo. E' parità in tutto, nel brutto gioco espresso in campo e nella paura di perdere.
Bagnoli incita i suoi: Maradona si vede poco nuovamente annullato da Briegel e Tricella, i suoi compagni pure: proviamo a vincere. Fanna ubbidisce e si trova subito un pallone d'oro a pochi passi dalla linea di porta ma non riesce a coordinarsi. Peccato!
A questo punto, però i padroni di casa si svegliano e chiudono il Verona in difesa chiamando in causa il nostro portiere autentico protagonista dell'incontro. Al 59' Maradona chiama Garella al miracolo su calcio di punizione. 2 minuti dopo Dal Fiume ci prova da lontano ma lui c'è ancora! Al 79' nuova punizione di Maradona e nuovo miracolo di Garellik. Infine, all'ultimo minuto grande respinta su Bertoni lanciato in rete.
Risultato finale: Napoli 0 – Garella 0. Ci volevano altre prove perché qualcuno lo volesse l'anno prossimo qui a Napoli? Però il mister gialloblu non ci sta (grande furbizia questa) e manda a quel paese il telecronista Enrico Ameri durante «Novantesimo minuto».
Nota finale ma fondamentale. Per cercare di rompere l'assedio azzurro, Bagnoli al 64' fa entrare in campo Elkjaer al posto di Di Gennaro, in scarsa condizione. L'ariete danese prende il suo posto in attacco in compagnia di Galderisi, lasciando a Bruni il ruolo di regia ma è come se non ci fosse, troppo fresco l'infortunio e troppo blanda la preparazione. La mossa del mister ha un valore psicologico e basta: il ruggito di Preben, da solo, mette sempre apprensione agli avversari e dà coraggio ai compagni. Anche con una gamba sola.
Nel finale, Donà fa rifiatare anche Nanu. Dopo due partite nelle quali abbiamo preso gol negli ultimissimi minuti non è proprio il caso di rischiare.
IL SIGNIFICATO DELLA PARTITA. Due buone notizie e una cattiva: il Verona ritrova se stesso e resiste al Napoli di Maradona e ritrova anche Elkjaer. Ma oggi non è più solo in testa alla classifica.
La prima buona notizia è la migliore. Forse Avellino è stato il momento peggiore, il fondo della crisi e da lì siamo ripartiti. Forse i giocatori stanno ritrovando loro stessi. Forse il timore dell'Inter ha fatto il resto.
La seconda notizia invece è un falso clamoroso: Elkjaer, come Ferroni, non è assolutamente recuperato. Anzi ci vorranno ancora 15/20 giorni per vederlo regolarmente in campo: mezzora con qualche scatto e qualche urlo. Tutto qui. Ma il trucco di Bagnoli è bastato a raddoppiare gli sforzi dei giocatori in difesa e la loro concentrazione: ora sono stremati, preoccupati e arroccati intorno al loro grande capitano Tricella e all'incredibile Garella ma adesso sanno anche che possono farcela. Elkjaer è come l'eroe spagnolo El Cid che incuteva terrore ai Mori (i saraceni) anche da morto, un mito vivente insomma.
Dell'Inter, a pari punti in testa alla classifica, non ce ne frega proprio niente. Il Verona doveva affrontare due difficili trasferte in Campania e così è stato. La prossima settimana tornerà finalmente al Bentegodi contro l'Ascoli, un avversario non impossibile, mentre i nerazzurri verificheranno cosa significa giocare ad Avellino. E poi, parliamoci chiaro, il Verona non vincerà mai questo scudetto, non ne ha la capacità. Questo lo sanno tutti.
Sono felice oggi, ho ritrovato una squadra unita e questo è davvero un risultato importante. I ragazzi di Bagnoli, sorridenti, prendono l'aereo da Capodichino e se ne tornano sereni a casa.
Io invece rimango qui ancora per un pò. Roberto e Vania, Susy e Katty, Gegè e Franco, Mike, Montella e Pasquale reclamano la mia presenza. E io la loro. Non parlate male di Napoli, se non sapete cosa significa.
Lazio e Torino, che peraltro sono formazioni superiori, hanno evidenziato un tema già affrontato durante l'estate: la difesa. È innegabile che Sogliano abbia lavorato con maggiore attenzione alla scoperta prima e all'arrivo poi di giocatori di qualità a centrocampo e in attacco, in ottica plusvalenze. E si vede. Ogni partita scopriamo un gesto tecnico superiore alla media da parte di Harroui, Kastanos, Tengstedt, e perfino di Livramento e Mosquera. Altri ne arriveranno da nuovi giocatori che al momento non conosciamo bene perché si stanno ancora integrando. Per non parlare dell'evoluzione esponenziale di Belahyane che creerà non pochi, ma piacevoli, problemi di turnover al mister al rientro di Duda e Serdar. Sulla difesa invece non si è lavorato. O non abbastanza. Gli arrivi nel finale di Daniliuc e Bradaric non sembrano decisivi in un reparto dove Frese e Okou faticano ad adattarsi al livello del nostro campionato. E neppure i ritorni di Faraoni (bloccato a Verona solo a causa di un ingaggio pesante) e Ghilardi (mai veramente preso in considerazione) sembrano essere un valore aggiunto.
[continua]Qual è stato il miglior gialloblu in campo in
H.Verona-Venezia?
Riepilogo stagionale e classifica generale
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