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HELLAS VERONA / Flashback

QUEI REGALI DELL'INTER

Hellastory: Flashback

QUEI REGALI DELL'INTER
QUEI REGALI DELL'INTER

Prendendo in esame gli ultimi 50 anni della storia gialloblu, ci rendiamo conto che i rapporti tra Inter ed Hellas non sono mai stati molto intensi dal punto di vista dello scambio di giocatori. Ultimamente i movimenti di mercato si sono intensificati ma è presto per parlare di un'inversione di tendenza. Complessivamente, sono pochi gli ex nerazzurri venuti in riva all'Adige a mostrare le loro qualità. Una quindicina in tutto.

Se vogliamo, possiamo raggrupparli in tre grandi categorie.

Ci sono quelli che hanno lasciato Milano perchè lì non hanno sfondato. Usciti quasi tutti dal settore giovanile, non sono poi riusciti a ritagliarsi uno spazio e hanno provato a rilanciarsi a Verona. Per molti di loro qualcosa di buono ne è venuto fuori. Perlomeno, una carriera dignitosa da raccontare a figli e nipoti. Sto parlando di Tinazzi (1958), Bolchi (1964), Vanello e Bonfanti (1968), Catellani e Adelio Moro (1975), Orlandini (1996). L'Hellas è stato effettivamente il loro trampolino di lancio. Per altri invece, il grande palcoscenico della serie A è rimasto un sogno nel cassetto (Reif 1971, Puccio 2009, Natalino 2011).

Ci sono poi quelli che hanno considerato Verona come una sorta di decoroso prepensionamento dopo una lunga militanza nerazzurra. Complici la non eccessiva distanza tra le due città e il rapporto tribolato con piazze forse più comode (Bergamo, Brescia). Mi riferisco a Giubertoni (1976), Fedele (1979) e Ferron (2000). Si potrebbe aggiungere al breve elenco (tanto per far numero) il grande Pierino Fanna nel suo mesto ritorno di fine carriera dell'89.

Infine ci sono quei casi, dei quali andiamo così fieri, di giovani che sono esplosi da noi sino a diventare dei campioni apprezzati anche a livello internazionale. Sto parlando di Tricella (1979) e Mutu (2000). Quei regali che l'Inter si è perso per strada e che, a pensarci bene, avrebbero fatto così comodo.

Il fatto è che qui da noi hanno trovato l'ambiente giusto, sono cresciuti, sono riusciti a mettersi in mostra, hanno sfondato. La domanda che ci facciamo è come mai accade che tecnici esperti non si sono accorti di avere tra le mani simili potenzialità e se li sono fatti sfuggire con tanta leggerezza? E per quale motivo dirigenti avveduti non hanno inserito qualche impegno contrattuale che consentiva loro di riprendersi il campioncino se cresciuto in maniera inaspettata? Ad esempio come è accaduto con Sebastian Frey, gialloblu solo per un anno, ma quanto basta per comprenderne il valore.

Conosciamo bene la carriera di entrambi. Roberto Tricella è stato il capitano campione d'Italia e nazionale ai campionati del mondo del Messico (anche se il titolare era Scirea, da cui ereditò anche  la maglia della Juventus). Adrian Mutu, un paio di stagioni gialloblu, conquistò la nazionale romena e in Italia si è fatto apprezzare anche con Parma, Fiorentina, Juventus, Cesena e in Inghilterra con il Chelsea.

Forse le cose non stanno semplicemente così. Proviamo a modificare il percorso mentale e a porci una domanda differente: se non ci fosse stata Verona, Tricella e Mutu sarebbero mai emersi a tal punto? Non è forse che per loro la provincia, la tranquillità, l'assenza di oppressioni e concorrenza, hanno consentito una crescita solida e costante sia fisica che mentale? Se fossero rimasti a Milano sarebbero esplosi nello stesso modo? Dubito. Si dice che l'arte l'apprendi  in paese e la recita in città. Ora, è chiaro che Verona non è affatto un paese, ma è altrettanto vero che Milano è qualcosa più di una semplice città. Una volta, un dirigente mi spiegò che è fondamentale mandare i giovani a crescere lontano da dove vivono. Più si staccano dall'ambiente che bazzicano - compresi locali, famiglia e frequentazioni - più sono costretti a mettersi in gioco. A fare sacrifici e a recuperare umiltà. In questo modo affrontano qualche difficoltà in più e maturano.

Alcuni giorni fa Bianchetti, giovane nerazzurro che con Longo appartiene al nostro elenco più ambizioso, ebbe un'uscita poco felice:se mi chiamassi Luis Blanco sarei titolare. A parte l'inopportunità di questa battuta, prontamente stigmatizzata da Sogliano, soprattutto se riferita ad una società che in estate si è spesa la comproprietà del cartellino segno di indiscutibile interesse - il fatto in sé non risponde neppure a verità. Nel momento opportuno, mister Mandorlini non ha avuto alcun dubbio di schierare il difensore da titolare contro la Juventus nella difesa a 5 vista la buona prestazione fatta in precedenza contro il Sassuolo. E poi ha giocato un'ora abbondante contro il Livorno al posto di Moras infortunato.

Forse, il punto debole di questi campioncini in erba è la presunzione, il voler tutto e subito. Chi lo capisce in fretta abbinerà al talento la motivazione, chi non ci riesce si perderà per strada e farà la fine di uno dei tanti. Capitan Tricella e Mutu sono esempi rari, per questo insegnano ancora qualcosa.

Massimo

Hellastory, 24/10/2013

LA STRATEGIA DI PRESIDIO E UN MERCATO FATTO DI PRESTITI


Povero Verona ... Prima la fragilità (tecnica e mentale) dimostrata all'Olimpico che conferma che anche quest'anno dovremo soffrire. Poi i rifiuti di mercato (Baldanzi, Richardson, Faivre) che, per motivi diversi, hanno tutti snobbato il Verona. Verona è una piazza poco appetibile o offre troppo poco? Comunque sia, per i tifosi del Verona ogni stagione è un continuo succedersi di momenti di passione con alternati picchi depressivi (molti) ed esaltati (pochi): si parte in estate con l'allestimento di una squadra decente in grado di salvarsi e si finisce con il riscontro sul campo. Il problema è che questo stress si risolve sempre solo negli ultimi giorni di trattativa e nelle ultime partite di campionato. Se questa è una situazione alla quale non finiremo mai ad abituarci, anche vedendo come si muovono nel frattempo le nostre avversarie dirette, credo che debbano essere rivisti i criteri che guidano le linee guida societarie e delle quali subiamo ansiogene conseguenze. Il Verona fa di un vanto la propria gestione oculata in termini di ingaggi e contenimento di costi. Corretto. Aggiungo che l'autofinanziamento nel mercato (compro sulla base di quanto riesco a vendere) è una regola quasi decennale introdotta da Setti che aveva un capitale limitato e anzi sosteneva se stesso con il risultato economico positivo della società. L'alternativa è prendere a prestito, magari con l'opzione del riscatto. Il Verona ha una struttura fragile e non può permettersi di sbagliare mercato, per questo punta su giocatori potenzialmente interessanti, magari provenienti da stagioni sfortunate. Spendere 10 milioni per un potenziale talento che poi o si infortuna o non riesce ad esprimersi sarebbe deleterio per il bilancio. Riuscire invece a strappare un'opzione ad una cifra prefissata aiuta la gestione societaria nel valutare l'opportunità di un successivo riscatto. Un buon esempio è stato il Cagliari che quest'estate ha riscattato Piccoli, Gaetano e Caprile spendendo subito 26 milioni e successivamente ha ceduto Piccoli alla Fiorentina per 25 ripagandosi di fatto l'intera operazione con il vantaggio di aver acquisito 2 giocatori (per loro) importanti.

[continua]

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