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HELLAS VERONA / Le Ultimissime

VERONA - VICENZA 2-1

Hellastory: Le Ultimissime

VERONA - VICENZA 2-1

dal nostro inviato chivers

C’è poco da fare, Verona – Vicenza non è e non potrà mai essere una partita come le altre; per me è «la partita».

La mia prima volta di Verona – Vicenza (campionato di serie A 68-69, prima noi eravamo in B e loro in A) è stata assai tribolata visto che il 26 gennaio (ultima giornata del girone di andata) c’era una nebbia ma una nebbia che si è reso necessario il rinvio e il recupero dopo un paio di settimane. L’attesa per il mio primo derby quindi aumentava spasmodicamente, e questa tensione provata nel gennaio ’69 rimane ancora invariata mentre scrivo queste righe, la domenica mattina del 25 marzo, in attesa di questo ennesimo scontro; credo che sia la prima volta in cui le tifoserie non potranno confrontarsi con le reciproche caratteristiche di calore ed incitamento nei confronti dei propri colori e sfottò nei confronti degli avversari. Ma i signori del calcio hanno deciso che tornelli e prefiltraggio sono più importanti della passione di due città con passioni e «palmarès» differenti.

Per la cronaca il recupero del 5 febbraio 1969 venne vinto dal Verona, dopo essere andato in svantaggio nei primi minuti con un gol su rigore - da quanto ricordo letteralmente inventato dall’allora tristemente celebre arbitro Gussoni di Tradate - trasformato da Vitali (centravanti che qualche anno dopo, dopo aver cambiato molte squadre, pensò bene di fermare la sua vita contro un platano). Ma la rimonta si concretizzò con una doppietta di Gianni Bui - «è lui! è lui! è Gianni Bui» - con un gol per tempo, anche se il secondo venne attribuito al difensore Volpato che toccò per ultimo il pallone nel tentativo di rinviarlo; allora funzionava così per gli autogol; giova ricordare che quel campionato dopo Gigi Riva con 21 nella classifica marcatori arrivò secondo Gianni Bui con 15 (16...). Due settimane di attesa, lo svantaggio per un torto arbitrale, la vittoria in rimonta con una doppietta del giocatore simbolo del Verona di quell’anno sono i presupposti affinché un ragazzo quindicenne che vede Verona – Vicenza per la prima volta la elegga coma «la partita», quella per la quale non c’è mai da tralasciare nulla per trovare la migliore concentrazione e viverla al meglio; e Vicenza – Verona di quel campionato (all’ultima giornata) fu anche la mia prima trasferta assoluta, in treno, tutto il viaggio con la bandiera (asta in legno, rigorosamente) fuori dal finestrino, per festeggiare la salvezza da neopromossa, con il Vicenza che se non vince retrocede. Poco importa che la partita probabilmente fosse accomodata, perdemmo 2-1 dopo essere passati in vantaggio con uno strepitoso gol al volo di Bui su imbeccata di Mazzanti, gol tanto bello quanto indesiderato al punto che si mise perfino le mani nei capelli; pareggio di Vitali e nel finale gol di Gallina, sotto la curva dove erano assiepati i mille e mille tifosi gialloblù comunque festanti; ricordo l’esultanza smodata e volgare del libero Calosi, che negli anni successivi sarebbe diventato (con Maraschi, centravanti che prese il posto di Vitali) il precursore di Schwoch nei rapporti con la tifoseria gialloblù, anche se allora si era fondamentalmente molto più buoni di adesso. L’ultimo ricordo di quella trasferte è che venne presentato per la prima volta l’inno del Verona che faceva più o meno così: «sventolate le bandiere / le bandiere gialloblù / i colori del Verona / che sempre in alto sventolerem / gialloblù gialloblù sempre in alto porterem / con Garonzi giocator ed i suoi trascinator» ne vennero distribuite decine di copie di dischi 45 giri. La musica non ricordo di chi fosse, le parole erano di Valente, l’anziano barbiere di B.go Venezia (il nome.... boh..., aveva il negozio in una tra Via Badile, Via Pisano o Viale Spolverini), figura storica del tifo gialloblù di quegli anni.

Oggi 25 marzo è una giornata di vento e acqua, la primavera che è arrivata in anticipo è stata scavalcata da un rigurgito invernale; a mezzogiorno sotto i portici di via Sottoriva c’è il «gala della bondola», occasione d’oro per stemperare la tensione mangiando un buon panino casereccio e bevendo «un goto de quel bon». Ma la partita ormai incombe, la tensione cresce, sicuramente Ventura farà qualche rotazione tra i giocatori del fronte offensivo dove abbiamo diverse soluzioni.

Ho già avvisato gli amici di Hellastory che se il risultato non dovesse arriderci non avrò alcuna voglia di fare il resoconto. Vedremo

Riprendo a scrivere verso le 19, la partita è finita da un paio d’ore e si è conclusa nella maniera migliore che più migliore non si poteva immaginare: vittoria nei minuti di recupero con gol dell’ex sconosciuto Akagunduz e biancorossi magnagati vicentini a rosicare mestamente.

Non sono in grado di fare una cronaca dettagliata, riporto solo gli episodi che ricordo meglio e le sensazioni che ancora caratterizzano la serata della domenica.

Le due squadre sembrano giocare in modo quasi speculare, un 4-4-1-1 ovviamente elastico; il Verona dimostra subito di essere in palla nonostante il terreno fradicio penalizzi maggiormente le nostre «alette» veloci e leggere (Ferrarese e Cossu), ma è a centrocampo che Pulzetti e Guarente fanno le cose migliori innescando Greco che giostra che è una meraviglia e mette in crisi i biancorossi; sembra cominciare bene anche il recuperato Sartor che però dopo un quarto d’ora deve uscire per un malanno ingiuinale. Nel primo tempo ricordo un bel tiro di sinistro di Greco che da l’illusione del gol, una girata di testa a lato di Ferrante che probabilmente anticipa Turati in posizione migliore, una splendida verticalizzazione di Pulzetti che lancia Ferrarese sul cui centro da destro stacca lo stesso Pulzetti che non trova l’impatto ottimale e non riesce a realizzare; poi altre occasioni non concretizzate per l’ultimo passaggio impreciso ma la squadra è davvero brillante; del Vicenza si ricorda solo un tiro dell’altoatesino, una semplice telefonata a Pegolo sceso in campo con la torta e 26 candeline accese nella porta.

C’è una mano in area di Sibilano che interrompe un’azione di Schwoch ma l’arbitro fischia per un fuorigioco precedente; il primo tempo si conclude con un nulla di fatto, ma il Verona è completamente padrone del campo, non riesco a capire se il Vicenza è solo compassato oppure in difficoltà; noi paghiamo un po’ la scarsa mobilità di Ferrante che non riesce a tradurre in concrete occasioni da gol il grande lavoro di preparazione della squadra anche se da sempre l’impressione di essere in agguato.

Il secondo tempo riparte esattamente come il primo, dopo pochi minuti uno svarione clamoroso dei difensori berici libera Ferrante davanti a Zancopè che riesce a deviare la conclusione apparsa però non impeccabile del vecchio bomber; vecchio bomber che capisce di aver fallito un’occasione unica e quindi batte magistralmente una punizione dalla sinistra sulla testa di Sibilano che insacca a fil di palo; gruppo festante sotto la curva ed abbonati in festa. Meritatissimo vantaggio!!!

Si riparte da centrocampo ma la prima palla il Vicenza la perde, la sensazione è che si possa chiudere alla svelta; Greco continua nei suoi numeri sulla tre quarti, Cossu e Ferrarese imperversano sulle fasce, Guarente e Pulzetti dominano a centrocampo, Comazzi e Sibilano non lasciano spazi alla prima linea magnagata, Turati e Teodorani (anche oggi tra i migliori) assicurano copertura e una certa spinta; la partita sembra incanalata su questa falsariga, con qualche fallo in più (terreno pesante e stanchezza cominciano a fare effetto), ed invece pochi minuti dopo un tiraccio della domenica da fuori di Nastos incoccia sul fianco di Sibilano spiazzando Pegolo, sbatte sotto la traversa e si insacca. Un tiro in porta un gol. Questo è solamente.... fattore «C».

Manca mezzora scarsa e il Vicenza, che finora ha forse giocato al risparmio, viene un po’ fuori e noi paghiamo un po’ di stanchezza; Cutolo per Cossu e Akagunduzz per Ferrante sono le scelte che Ventura fa per riequilibrare la squadra; si soffre un po’ anche se Pegolo potrebbe tranquillamente starsene in poltrona, mentre noi sembriamo comunque sempre pericolosi quando si parte in velocità.

Poi accade che ad una decina di minuti dalla fine si fa male Pulzetti, cadendo subendo un «ponte» da un avversario prende una botta che le cure non gli fanno passare; si piazza nel cerchio di centrocampo e cerca di non farsi prendere in velocità, Greco e Cutolo ripiegano a coprire la zona per aiutare Guarente; 4’ sono il recupero, sembra che la partita sia ormai finita; al 48’ Greco gestisce un pallone sulla tre quarti, caracolla alla ricerca del da farsi quando Ferrarese suggerisce il lancio sulla sinistra, Greco lo vede e lo serve con un passaggio col contagiri, cross in corsa, tra i difensori biancorossi spunta la testina di Akagunduz (giuro... ho ripensato al nanetto Mocellin.... i veci se lo ricordano bene!!!), colpo di testa secco e palla nel sacco.

Sugli spalti festa incredibile, le sciarpe roteano, le braccia si alzano, le ugole si esaltano, abbracci e lacrime: i tifosi chiamano la squadra risponde! E’ questo il Verona che vogliamo noi, pugnace e grintoso fino alla fine; i punti raccolti (meritatamente, non dimentichiamolo) nelle ultime giornate sono tutti frutto di continuità di prestazione nell’arco della partita, di cambi azzeccati e fortunati, di convinzione.

Della mezza rissa finale non voglio parlare, ho lasciato qualche messaggio sul guestbook, ma ora basta, non tocca a noi innescare polemiche, ce ne arriveranno già di non desiderate, prepariamoci.

E’ presto per dare meriti e per attribuire colpe per il passato, stiamo ancora prendendo il brodino da convalescenti, solo che ci stiamo accorgendo che non è brodo di dado, ma almeno di carne pollo; se poi invece c’è anche copertina e punta di petto, beh... non ci resta che preparare la pearà!!!!!



Hellastory, 26/03/2007

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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