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Hellas Verona english presentation

7. QUELLO CHE NON MI UCCIDE...

 

Siamo tutti invecchiati quest'anno. Le emozioni di questa lunghissima stagione tra sconcerto, inquietudine, rabbia, sconforto, attesa, agitazione, ansia, calcolo frenetico, fantasia, disperazione e infine ... gioia ci hanno spremuto come non mai negli ultimi anni. Forse, dobbiamo andare indietro all'epoca dei disastri combinati da Grosso in panchina e la strepitosa resurrezione con Aglietti per accumulare tanta passione negativa prima e positiva poi. Mi prendo una (doverosa ma breve) divagazione prima di sviluppare le riflessioni che seguiranno, per salutare un signore che abbiamo avuto il piacere di apprezzare tutti: mister Zaffaroni. Ecco, lui sempre così discreto e posato, è stato uno di quegli eroi silenziosi che a Verona hanno compiuto l'impresa più importante della loro carriera e, una volta finita, hanno chiuso e salutato con un inchino. Gli saremo sempre grati, non solo per quello che ha ottenuto, ma per il modo con il quale ci ha accompagnato fuori dal guado partita dopo partita. Non so se avrebbe avuto senso o meno proseguire ancora qui con il Verona, a lui che era stato chiesto l'impossibile. E l'ha ottenuto. Ne esce vincitore, forte di un successo professionale incredibile e della nostra gratitudine. Lui, come Aglietti e Maddè prima di lui, oltre ad essere riuscito a difendere vittoriosamente la nostra bandiera è davvero una persona per bene. Nello stile e nella competenza. In bocca al lupo, mister.

E veniamo a noi. Setti, vittima della sua presunzione, ha pensato di essere così illuminato da poter vendere tutto quello che poteva campando di scommesse (un milestone per lui: Cioffi prima, Bocchetti poi a Verona; Corrent a Mantova) riuscendo a farla franca. Poi qualcuno, visti i disastri combinati, deve aver scosso il suo super-ego e sbattuti in faccia gli errori fatti. Appena in tempo, almeno a Verona. Perché il Mantova affidato a Mandorlini (nonostante Mandorlini) non è riuscito invece a salvarsi nel playout con l'Albinoleffe. Un presidente che retrocede con due squadre diverse sarebbe stato un primato davvero vergognoso. Magari i virgiliani proveranno a chiedere la riammissione a scapito di qualche società in crisi, ma lo sputtanamento è stato compiuto anche lì.

Ora però la situazione ha preso una strada differente. Si sta normalizzando. Innanzitutto, a Natale è arrivato Sogliano, il quale ha racimolato in giro per l'Europa qualche disperato in cerca di fortuna, alcuni dei quali (Ngonge, Gaich e Duda) in grado di dare un contributo fondamentale e dato una scossa al vuoto cosmico estivo e autunnale. Non solo, Sogliano si è posto subito come leader carismatico verso la proprietà, eclissandola mediaticamente, e verso la direzione tecnica. Bocchetti, forte di un inusuale contratto poliennale e debole di 6 sconfitte consecutive, col suo arrivo ha perso potere (se mai ne abbia avuto in precedenza) limitandosi a fare la comparsata a bordo campo; e poi è arrivato quel gentiluomo di Zaffaroni per offrire un'immagine credibile. Sono convinto però che tutte le decisioni più importanti vengano da Sogliano. Come, ad esempio, il recupero di Verdi, fino a marzo un peso inutile sia per le casse del Verona che per la squadra; o gli accantonamenti di Ceccherini e Veloso, nei momenti decisivi stabilmente riserve di Cabal e Sulemane; o il riposo forzato di Faraoni, alle prese di un recupero fisico difficile, che però ci ha consentito di avere il capitano in piena efficienza nel finale di stagione. Persino l'evoluzione tattica difensiva con 2 centrali (Hien e Magnani) e il conseguente arretramento di un esterno non credo possa arrivare da Bocchetti, abituato a difendere con un centrale e due braccetti e neppure da Zaffaroni che non si è mai addentrato in questioni tattiche.

Sogliano oggi ha, di fatto, chiuso il ciclo Juric – Tudor. Forte di un curriculum impressionante che lo affianca a quello di D'Amico (per entrambi: 1 promozione in A e 3 salvezze conquistate) può permettersi di iniziarne uno nuovo con il vantaggio di aver valutato i giocatori a sua disposizione sotto pressione. A questo punto è in grado di stabilire chi può partire senza squilibrare troppo la rosa (questo è stato il vero fallimento professionale di Marroccu, oltre alle note difficoltà relazionali). Non solo, può identificare chi dovrebbe restare per portare energia positiva, e chi invece ha concluso il suo percorso a Verona.

Interessante notare come, lo stesso gruppo che ha fatto fuori Di Francesco dopo sole 3 giornate, non è poi riuscito ad autogestirsi con Bocchetti primus inter pares. Le evoluzioni delle evoluzioni della versione originale hanno di fatto marcito il valore reale del gruppo. Tuttavia, grazie a Sogliano, questo Verona ha trovato la forza di reagire non solo nella qualità di Montipò, Hien e Djiuric, ma anche nell'intelligenza tattica di Lazovic e nell'inserimento costante dei suoi giovani (Sulemane e Terracciano su tutti).

C'è poi un altro aspetto che rafforza la mia fiducia sul prossimo futuro. Sogliano conosce Setti. I momenti d'oro della coppia con Mandorlini hanno lasciato un segno indelebile nel cuore dei tifosi. La tensione successiva con la proprietà, con conti difficili da quadrare e le retrocessioni quasi facilitate tese a recuperare la liquidità del paracadute, hanno fatto credere al presidente che fosse il direttore sportivo la fonte di tutti i problemi finanziari del Verona. Aspetto questo mestamente smentito in conferenza stampa (tanto non ci ha creduto nessuno). Mi sarebbe invece piaciuto assistere all'incontro a Canossa, con Setti umiliato dai risultati suoi e dell'inconsistente Marroccu a chiedere aiuto. Ancora tu? Ma come, non dovevamo non vederci più? Ora, più che mai, il presidente ha un debito di riconoscenza verso Sogliano che merita, nuovamente, carta bianca. E qualcosa già si comincia a vedere: contratto triennale per lui e scelta tecnica giudiziosa. Basta predestinati, ora abbiamo bisogno di certezze.

Setti, lo sappiamo bene, ha bisogno di interlocutori forti, in grado di opporsi alle sue smanie di liquidare tutto il plusvalore in fretta e affidarsi al suo intuito per proporre, il più delle volte, personaggi improbabili. D'Amico, nel salutare il Verona, ha ricordato la faticosa guerra di trincea quotidiana fatta per conservare qualità. E D'Amico ha ottenuto risultati importanti. Quando invece sono arrivati direttori sportivi accomodanti (Fusco, Bigon, Marroccu) il Verona ha perso la sua identità combattiva e offerto il peggio di sé.

Cosa dobbiamo aspettarci dunque dalla nuova stagione? Innanzitutto, è impossibile una nuova svendita indiscriminata di talento. Un po' perché i vari Simeone, Caprari, Barak e Casale non ci sono più - è un Verona più povero questo - un po' perché la filosofia che il gruppo sia in grado di cavarsela in ogni caso è stata definitivamente smentita. Se parte un giocatore importante (nomi a caso: Hien, Tameze, Montipò ...) occorre trovarne uno nuovo che, sulla carta, possa rimpiazzarlo.

L'importante è che arrivi gente in grado di dare un contributo serio, magari stimolata dal fatto di trovarsi in una piazza importante e che non molla mai. Ed è anche importante che ci si affidi ad un tecnico preparato e in fiducia come Baroni (ha lavorato molto bene a Lecce), e iniziare con lui un ciclo destinato a durare. L'espiazione dei peccati gialloblù ora è completa. Bisogna salvaguardare il valore positivo che ha consentito a questa squadra di recuperare prima e salvarsi poi e affrontare con rinnovata fiducia le sfide che ci aspettano nel prossimo campionato. L'improvvisazione e il dilettantismo, alla fine, hanno creato meno danni del previsto. Questo, oggi, ci fa davvero più forti.

Massimo

Colonna sonora: On the river, Whiskey Myers


Hellastory, 28/06/2023

LA STRATEGIA DI PRESIDIO E UN MERCATO FATTO DI PRESTITI


Povero Verona ... Prima la fragilità (tecnica e mentale) dimostrata all'Olimpico che conferma che anche quest'anno dovremo soffrire. Poi i rifiuti di mercato (Baldanzi, Richardson, Faivre) che, per motivi diversi, hanno tutti snobbato il Verona. Verona è una piazza poco appetibile o offre troppo poco? Comunque sia, per i tifosi del Verona ogni stagione è un continuo succedersi di momenti di passione con alternati picchi depressivi (molti) ed esaltati (pochi): si parte in estate con l'allestimento di una squadra decente in grado di salvarsi e si finisce con il riscontro sul campo. Il problema è che questo stress si risolve sempre solo negli ultimi giorni di trattativa e nelle ultime partite di campionato. Se questa è una situazione alla quale non finiremo mai ad abituarci, anche vedendo come si muovono nel frattempo le nostre avversarie dirette, credo che debbano essere rivisti i criteri che guidano le linee guida societarie e delle quali subiamo ansiogene conseguenze. Il Verona fa di un vanto la propria gestione oculata in termini di ingaggi e contenimento di costi. Corretto. Aggiungo che l'autofinanziamento nel mercato (compro sulla base di quanto riesco a vendere) è una regola quasi decennale introdotta da Setti che aveva un capitale limitato e anzi sosteneva se stesso con il risultato economico positivo della società. L'alternativa è prendere a prestito, magari con l'opzione del riscatto. Il Verona ha una struttura fragile e non può permettersi di sbagliare mercato, per questo punta su giocatori potenzialmente interessanti, magari provenienti da stagioni sfortunate. Spendere 10 milioni per un potenziale talento che poi o si infortuna o non riesce ad esprimersi sarebbe deleterio per il bilancio. Riuscire invece a strappare un'opzione ad una cifra prefissata aiuta la gestione societaria nel valutare l'opportunità di un successivo riscatto. Un buon esempio è stato il Cagliari che quest'estate ha riscattato Piccoli, Gaetano e Caprile spendendo subito 26 milioni e successivamente ha ceduto Piccoli alla Fiorentina per 25 ripagandosi di fatto l'intera operazione con il vantaggio di aver acquisito 2 giocatori (per loro) importanti.

[continua]

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