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HELLAS VERONA

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PROSSIMO IMPEGNO
  domenica 5, h 15:00  

HELLAS VERONA

 
FIORENTINA 
Hellas Verona english presentation

1. PER FAVORE... PIETA'!

 

Salvi. Lo spareggio con lo Spezia stavolta arride al Verona. Non sono bastate 38 partite per definire quale tra le due compagini fosse più trista, mal assortita e di troppo in una serie A sempre più di manica larga per le squadre che ne bazzicano i bassifondi. Il Verona si salva con 31 punti, frutto di 7 vittorie, 10 pareggi e qualcosa come 21 sconfitte; si salva con una media di 0,8 punti a partita. Però si salva, e giustamente oggi, ancora in piena ebbrezza per il risultato, non sembra quasi il caso di indugiare troppo con la dentiera di un caval donato che certo non è Varenne ma fino a ieri sembrava un ronzino cariato. Quasi, perché il filo che ci ha tenuto in serie A era quanto di più flebile e logoro si possa immaginare: nel gioire per la sua tenuta e per l'epilogo di una gara epica, non possiamo dimenticare il disagio di un intero campionato. O, perlomeno, non riesco a dimenticarmene io.

Scrivevo un anno fa che la gioia del nono posto e dello spettacolo offerto dal Verona era già sporcata dall'incertezza di vivere alla giornata, di avere già messo sul bancone del mercato in bella vista i pezzi pregiati, di aver salutato Tudor, D'Amico e di prepararmi ad un futuro di totale incertezza. Eppure, non immaginavo una stagione così brutta. Mi aspettavo difficoltà, soprattutto legate ai nomi di un semi-esordiente come Cioffi (una manciata di panchine a Udine con la squadra già salva) e alle discutibili referenze di un Marroccu, nonché ad una rosa rinnovata che, peraltro, a prima vista, poteva anche sembrare competitiva (e forse con il manico giusto lo sarebbe stata), ma che dopo 15 partite, alla sosta del Mondiale, ci trovassimo in fondo alla classifica con soli 5 punti e un filotto di 10 sconfitte consecutive, beh, fino a questo punto no. Già in Coppa Italia la debacle interna con il Bari qualche campanello d'allarme lo aveva acceso, ma niente in confronto a quello che abbiamo dovuto sopportare nei primi mesi di campionato. Anche sfiga, sia chiaro, pali e traverse, gol presi a fine gara, ma sotto la punta affilata degli episodi sfavorevoli c'era il grosso di un iceberg di inadeguatezza e approssimazione.

Come un anno prima la scelta della guida tecnica si rivela sbagliata (chi l'avrebbe mai detto?) e dopo 9 giornate Cioffi va a fare compagnia a Difra tra gli esonerati a stipendio pieno. A questo punto, ci si aspetta un nome di peso, un allenatore che sappia far fronte alle emergenze, uno abituato a costruire sulle macerie, invece, passa la linea dell'autogestione e la squadra viene presa in mano dall'allenatore della Primavera, il volenteroso ma inesperto Bocchetti che lascia le macerie dove stanno e si mette a costruire castelli con la sabbia di quella che a ottobre sembra già l'ultima spiaggia, solidi a vedersi ma inconsistenti prede delle maree. I cattivi sostengono che la scelta di Bocchetti non sia stata una soluzione mediata con i giocatori, ma semplicemente quella meno onerosa. L'alternativa era un Diego Lopez sponsorizzato da Marroccu e i soliti cattivi dicono che “tra corir e scapar l'è sempre un sudar...” ma meglio che sia gratis.

Il Verona di Bocchetti comunque gioca meglio, più quadrato, sembra anche più determinato ma i risultati non cambiano, anzi: se Cioffi qualche punto lo aveva raccolto, Bocchetti non riesce ad imbroccare neppure un pareggio e la striscia negativa si allunga verso l'orizzonte dei record. L'inusuale sosta autunnale per il Mondiale più discusso e inutile della storia arriva quando il clima per il tifoso gialloblù è a metà strada tra un mix di rassegnazione e disperazione e l'incazzatura pesante: quale che sia l'altra metà della strada, porta inevitabilmente nel baratro della serie B. A questo punto Setti, che nel frattempo deve fare i conti con una situazione finanziaria difficile anche per le altre sue aziende (perché di fatto il Verona Hellas è una sua azienda come quelle del settore tessile), deve trovare il modo di dare una scossa forte all'ambiente per salvare quantomeno la faccia, ed è costretto a rimettere mano al tacuin: messo da parte Cioffi è la volta di mettere da parte anche Marroccu, autore di un mercato che non solo mette insieme una squadra discutibile, ma non porta nemmeno nella casse veronesi il valore attribuito in estate ai pezzi da '90. A novembre torna quindi a Verona una vecchia conoscenza: Sean Sogliano.

Le strade di Setti e Sogliano si erano divise nel 2015 perché Sean spendeva troppo (e non sempre bene secondo il Presidente) ed il suo modus operandi era incompatibile con le esigenze di bilancio del Verona.
La scelta di riportare Sogliano in riva all'Adige ha una doppia valenza: da una parte serve un soggetto scafato che sappia muoversi sul mercato in condizioni di emergenza, dall'altra un soggetto dotato di uno scroto sufficientemente consistente da farlo diventare il perno di un ambiente demoralizzato e privo di riferimenti. Inoltre, va risolto, quantomeno formalmente, il nodo allenatore, perché Bocchetti non ha il patentino e la deroga temporanea scade a dicembre. Arriva quindi il terzo allenatore in pochi mesi, il carneade Zaffaroni, una carriera da calciatore nelle serie minori, sosia di Michel Constantin, indimenticato interprete dello sfortunato Saratov del “clan dei marsigliesi”. Zaffaroni si prende il palcoscenico impersonando il vecchio saggio che tranquillizza l'ambiente, le sue conferenze stampa sono la quintessenza della moderazione, della misura, delle parole ponderate. Se il buon Ermanno Olmi fosse ancora tra noi si innamorerebbe dei suoi lineamenti aspri, ma rassicuranti, e ci costruirebbe su una sceneggiatura da oscar, facendogli interpretare lunghissimi primi piani con i monti orobici da sfondo, mentre declama, doppiato in bergamasco, perle di saggezza contadina. I soliti cattivi dicono che Zaffaroni ha la sola funzione di padre putativo per sanare la posizione di Bocchetti che continua, di fatto, a fare l'allenatore.

Per la salvezza però bisogna anche mettere mano, e pesantemente, alla rosa e Sogliano ridisegna la squadra. Rimando ad altra sezione i dettagli del mercato, in questa sede mi limito ad enunciare i nomi del belga Ngonge e dell'argentino Gaich, entrambi autori di gol pesanti nei momenti chiave della rincorsa alla salvezza.

Alla ripresa del campionato, quando mancano 4 giornate alla fine del girone di andata, il Verona si presenta rinnovato anche nella rosa e, di fatto, inizia un altro torneo, con la consapevolezza che serve una vera e propria impresa per mantenere la categoria. Un pareggio a Torino e le vittorie, convincenti, contro Cremonese e Lecce, intermezzate da una onorevole sconfitta in casa Inter, riportano fiducia nell'ambiente. Il Verona di Sogliano e Zaffaroni sembra davvero un'altra squadra, supera Sampdoria e Cremonese ma al giro di boa risulta terz'ultimo in classifica, con 12 punti, distanziato di 5 lunghezze dal Sassuolo e di 6 da Salernitana e Spezia: c'è ancora un abisso da colmare. L'entusiasmo della ripartenza però, pian piano si ridimensiona, partita dopo partita risulta chiaro che la rivoluzione invernale è servita a riportare il Verona negli standard della categoria, ma non è certo una squadra che può scalare la classifica e colmare in fretta il gap di dieci sconfitte consecutive. Si alternano buone prestazioni a gare anonime, si perdono punti importanti a Genova e Cremona, contro squadre già virtualmente retrocesse, si batte il Sassuolo grazie alle papere del portiere neroverde e al tiro della domenica di Gaich, si ha la meglio su un Bologna vacanziero, ci si impone a Lecce con un lampo di Ngonge, ma imbarchiamo vergognosamente contro l'Inter e con l'Empoli non riusciamo a portare a casa tre punti fondamentali. Pochi alti, qualche basso e tanta mediocrità che fa classifica nel brodo allungato di una seria A mediocre: la squadra di Bocchetti-Zaffaroni (e Sogliano) riesce a fare 19 punti, in perfetta media salvezza, ma pesano i disastri dell'andata e ci si ferma a 31 punti. Solo l'andamento pessimo dello Spezia ci permette di accedere ad uno spareggio come da nuovo regolamento, altrimenti saremmo retrocessi per lo svantaggio negli scontri diretti.

Lo spareggio è storia di ieri e mette il lieto fine ad una stagione avvilente, resa ancora più brutta dal confronto con la brillantezza di quella precedente. La mia impressione è che siamo stati più fortunati che bravi, e ci sta perché la buona sorte fa parte del gioco e il calcio, fondamentalmente, è un gioco. Altre volte la dea bendata ci ha girato le spalle, alla lunga i dossi pareggiano i fossi e si procede su un “gualivo”. Quello che mi preoccupa è che il riferimento a questo aspetto del gioco, ovvero la fortuna, il perno su cui fa leva l'azzardo, è un fattore su cui Setti non solo fa troppo affidamento, ma nei suoi confronti si presenta a credito e non può andare sempre bene. I conti in tasca non li faccio a nessuno e so cosa significa mantenere i bilanci in ordine, non metto bocca nel portafoglio altrui, ma se da una parte non si può pretendere che vengano spesi soldi che non ci sono, dall'altra si può invece chiedere che vengano spesi meglio quelli che ci sono, affidandosi a scelte pragmatiche e non ad azzardi che poi, alla lunga, vanno ad aumentare i costi oltre che compromettere i risultati sportivi. Mi auguro che si riparta da questa consapevolezza e rimanga Sogliano (che in questi anni è senz'altro anche maturato rispetto a qualche innegabile eccesso di qualche tempo fa), probabilmente l'unica scelta azzeccata da Setti in questa tribolata stagione; mentre per la panchina, con tutto il rispetto dovuto a Bocchetti, che per quanto impegno ci abbia messo non ha potuto supplire ad evidenti limiti di esperienza, e a Zaffaroni, che il suo l'ha fatto anche se non è ben chiaro quanto peso abbia avuto nella preparazione tecnica della squadra, serve un cambio: ci serve un allenatore che non sia una scommessa. Sui giocatori faccio fatica ad esprimermi, in troppi hanno vestito la nostra maglia nell'ultimo campionato, giuro che non saprei citarli tutti, di parecchi non sono riuscito a farmi un'idea e non sono in grado di giudicare nemmeno quelli che, per un motivo o l'altro, si sono maggiormente distinti. L'impressione generale è che troppo spesso, a più di qualcuno siano mancate le motivazioni necessarie, ed è semplicistico dare la colpa solo agli allenatori o alla società, non si spiega sennò il fatto che qualcuno a volte è sembrato un campione e altre volte un brocco da torneo amatoriale. Non si spiega nemmeno perché la cattiveria vista nello spareggio, con 3 ammoniti nel primo tempo, non si sia vista in altre occasioni, per non dire quasi mai. Al netto delle mie impressioni è chiaro che nelle prossime settimane assisteremo all'ennesima rivoluzione. Non ci resta che sperare in bene, pronti però a tutto.

Il campionato numero 32 in serie A del nostro Verona va in archivio con la salvezza. Tra qualche anno ricorderemo, ne sono sicuro, solo la doppietta di Ngonge, le parate di Montipò, la rimonta dopo dieci sconfitte, la vendetta nei confronti dello Spezia che sedici anni prima ci aveva mandati in serie C. Il tutto si coprirà di quel tessuto avvolgente misto tra storia e leggenda che diventa sempre più morbido con il tempo che passa, e come nei confronti di qualche caro estinto, ogni cosa brutta si cancella e si ricorda solo il buono, anche se è stato poco. Meglio così.

Davide




Hellastory, 14/06/2023

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

Qual è stato il miglior gialloblu in campo in

Lazio-H.Verona?



Lazio    H.Verona


Bonazzoli F.

Cabal J.

Centonze F.

Coppola D.

Duda O.

Folorunsho M.

Henry T.

Lazovic D.

Magnani G.

Mitrovic S.

Montipò L.

Noslin T.

Serdar S.

Suslov T.

Swiderski K.

Tchatchoua J.


 


Riepilogo stagionale e classifica generale




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