L’album delle foto è finito, in tre ore abbiamo cercato, per quanto possibile, di condensare i ricordi e le emozioni della famiglia Nosè. Ma le sorprese non sono ancora finite: Elena mi vuole mostrare anche una foto del marito Mafaldo, scomparso diversi anni fa. Me la indica: “Anche lui ha giocato a calcio da giovane, nel Nogara”.
Guardo la foto e con grande sorpresa riconosco fra i compagni di squadra la sagoma inconfondibile di Guido Tavellin e il baffo di Pellicari.
“Un momento:” chiedo “che squadra è questa?”
“Dev’essere il Nogara”.
Poi mi ricordo che nel citato libro sul calcio nogarese di Giordano Padovani si narrano le vicende del Nogara in tempo di guerra, allorquando – siamo nel 1944 – alcuni giocatori del Verona, dopo l’interruzione del campionato dell’Alta Italia per motivi bellici, vanno a giocare in provincia, non essendoci più vincoli di tesseramento. Per i giocatori era un modo di esorcizzare le paure della guerra e rimanere in allenamento, ma anche di guadagnarsi generi di prima necessità che scarseggiavano in città. I giocatori venivano “pagati”, in estrema sintesi, con derrate alimentari, con ospitalità presso le famiglie locali e con qualche allegra, per quanto il periodo poteva permettere, risottata.
Nella foto, tratta dal libro di Giordano Padovani, del Nogara 1944, si possono riconoscere, nella fila in alto, Trevisani (terzo giocatore da sinistra a parte il portiere), Tavellin e Carton (quinto e sesto da sinistra); accosciati, Bellesini, secondo da sinistra, e Pellicari, ultimo da sinistra. Mafaldo Nosè è in piedi al centro, vicino a Trevisani.
Unico nogarese fra i tanti volti gialloblu e fra altri giocatori provenienti da formazioni, proprio Mafaldo Nosè, papà di Fausto. Gli scherzi del destino, a quanto pare. Guido Tavellin fu prima compagno di squadra di Mafaldo Nosè, nei difficili anni della guerra, e poi si trovò ad allenarne il figlio nella De Martino del Verona, circa 25 anni dopo.
E’ arrivato davvero il momento di andare. Fausto Nosè mi saluta con un affettuoso abbraccio e, nonostante i diversi centimetri in più, stavolta sono io a sentirmi “piccolo” di fronte alla disarmante forza e dignità di quest’uomo che, ogni giorno, affronta il silenzio della sua malattia. Attraverso questo “speciale” abbiamo cercato di dare voce ai suoi racconti, con l’aiuto dei famigliari e di diverse altre persone, contattate dopo l’incontro, che hanno conosciuto Fausto Nosè per motivi calcistici e non solo. Tutti hanno speso belle parole per lui. Forse mi sbagliavo in principio di articolo: non è vero che Fausto Nosè è ricordato solo per la curiosità di una figurina Panini. Allo stesso modo in cui non sono 5 centimetri in più o in meno sull’altezza a decidere della “statura” di un uomo.
Paolo
Ringraziamenti.
E’ doveroso a questo punto fare i ringraziamenti: in primis a Fausto Nosè e familiari che mi ha fatto entrare con grande ospitalità non solo nella loro casa ma anche nei loro ricordi personali.
Ringraziamenti vanno poi a Pino Lazzaro, Carlo Perusi, Giordano Padovani, e a tutta la redazione di Hellastory.