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HELLAS VERONA / Flashback

FLASHBACK: CAMPIONATO 1977/78, VERONA - LR VICENZA 0 a 0

Hellastory: Flashback

FLASHBACK: CAMPIONATO 1977/78, VERONA - LR VICENZA 0 a 0
FLASHBACK: CAMPIONATO 1977/78, VERONA - LR VICENZA 0 a 0

«Continua la nostra Rubrica dei ricordi sulle vecchie partite dei gialloblu. Oggi tocca ovviamente a un Verona-Vicenza, visto l'attesissimo derby che è in programma domenica. L'incontro di cui ci parla Massimo risale al campionato 1977/78 e si concluse 0-0, ma non per questo fu privo di significato. Anzi. Per approfondire il racconto, vi presentiamo anche il tabellino di quella gara e la scheda del protagonista gialloblu, il mitico Antonio Logozzo ».

1977/78 HELLAS VERONA-L.R.VICENZA 0-0

Ci sono cose nella vita che, razionalmente, non sono facili da spiegare. E nemmeno da digerire. Il derby Verona - Vicenza, ad esempio: 95 o 96 anni di battaglie, di contese, di sfottò. Per dimostrare cosa? Non il primato comunale, neppure quello regionale, né l' estratto nobile di un pezzo di terra da condividere. Niente di niente, insomma. Se non il primato eterno, iracondo e misterioso del vicinato. Sul vicinato.

Io accetto che tutte le persone che conosco possano cambiare la loro auto prima di me. Tutti ma non lui, il mio vicino di casa. E perché poi, quella ragazza, anziché uscire con me esce proprio con lui? Cosa ci troverà? E infine, chi meno del mio vicino si meritava questa promozione? Raccomandato e falso come Giuda! Perché accade tutto questo a me, proprio a me? Perché ho un vicino del genere! Io quello lo maledico, in quanto vicino. A prescindere! Io, solo io, e nessun altro! A distanza d'occhio.

Il derby che voglio raccontare è il meno spettacolare, eppure il più affascinante; il meno emozionante, eppure il più avvincente di tutti. Forse di sempre. Nella sua pochezza di gioco e nella sua ricchezza di significati.

Siamo nella stagione 1977/78 del Campionato di serie A. Da una parte il miglior Verona conosciuto fino ad allora, quello di Valcareggi. Dall'altra il più forte Vicenza di sempre, quello di GB Fabbri e Paolo Rossi.

La prima giornata di Campionato, contando solo sul proprio orgoglio per sopperire le gambe imballate dalla preparazione estiva, mette beffardamente di fronte le due contendenti di sempre.

Valcareggi ha una squadra navigata ed esperta, con molti campioni alle loro ultime stagioni di guerra. E' capace di vincere a Bologna 3 a 0, di pareggiare a San Siro col Milan 1 a 1 e di fermare al Bentegodi la Juventus futura Campione d'Italia, l'Inter e il grande Torino di Sala Pulici e Graziani.

Il Vicenza, neopromosso in serie A, e che concluderà la stagione classificandosi addirittura secondo dopo una splendida galoppata, è una squadra praticamente perfetta: bella difesa, intorno a Carrera, Galli e Marangon; grande centrocampo diretto da Salvi, Guidetti, Filippi e Cerilli; e un attacco incredibile formato da un talento unico: Paolo Rossi. Chi ricorda il Pablito rapinatore d'area di rigore, ricorda un campione maturo e letale, reduce da mille pestoni, interventi al menisco, e una specializzazione da killer appresa nella Cattedra di professor Trapattoni. Io ricordo invece lo splendido attaccante di Vicenza, tutto guizzi, scatti e triangolazioni, imprevedibile e inarrestabile. Grande movimento e possesso palla. Quello, per intenderci, che firmò 24 reti in 30 partite. Un'altra storia, un altro giocatore.

Va bene, dicono i gialloblu, ma questo Cavaliere bianco, feroce e bello a vedersi, va pure fermato in qualche modo. Nonno Valcareggi, reduce da mille battaglie contro i vari Pelè, Cruijff e Muller, doveva trovare il Cavaliere Nero capace di contrastarlo. Passando in rassegna i suoi veterani, lo colpiscono gli occhi scuri e orgogliosi di Antonio Logozzo, uno dei pochi giovani a disposizione, un mastino calabrese che non ha paura nemmeno del diavolo; e anzi, se davvero esistesse il diavolo sarebbe lui ad aver paura dei suoi baffoni neri spioventi e di quella corazza scura che gli riempie i muscoli. Un guerriero tartaro a vederlo, soprannominato barbaramente da noi ragazzini «Lo sgoso» per esaltare, diciamo così, le sue capacità… temperamentali.

«Ti fa a fettine» gli mormora il vecchio Condottiero per metterlo alla prova. «Bisogna prima che mi vada via» risponde tra i baffi Totò. E sorride. Ma forse è una smorfia, un ghigno. Qualcuno ricorda Charles Bronson in «C'era una volta il West»? Forse ho reso l'idea.

Bentegodi pieno come un uovo. Vicentini felici e orgogliosi del loro paladino, il Cavaliere Bianco. Veronesi felici e orgogliosi, e basta. Comincia la partita e gli ospiti giocano a scacchi. Splendidamente. Passaggi di prima, sovrapposizioni, raddoppi e triangolazioni. Uno spettacolo. Tutto è finalizzato a lanciare Paolo Rossi verso la nostra porta. Centrocampo gialloblu in bambola, qualche fallo tattico di esperienza, ma sempre ad inseguire giocatori in strisce bianche e rosse.

Oddio che lancio! Eccolo lì, lo sparviero, fulmineo a lanciarsi verso la preda. Superchi, (il nostro portierone) pensaci tu! Se ce la fai… Ma chi lo marca quello lì ? Aiuto, aiuto! All'improvviso arriva da dietro una maglia blu, veloce come un razzo. Faccio appena in tempo a riconoscere il numero 2 sulle spalle e vedo la palla schizzare via, deviata di un soffio. Un respiro di sollievo. Sudore freddo, nel tiepido settembre veronese. Chi è quell'Angelo lì? Logozzo. Anzi, il nostro «Lo sgoso». «Manco mal! Butei, se lo ciapa ben, ghe ne catemo do de Paolo Rossi».

A questo punto, come per incanto, finisce la partita e comincia il duello. I venti giocatori che rimangono in campo si fermano, diventano comprimari, semplici comparse. Lo spettacolo è solo loro. Il Vicenza può batterci esclusivamente in questo modo. Noi possiamo salvarci unicamente in questo modo.

E qui succede una cosa stranissima, imprevedibile. Chi, sadicamente, pensava di vedere sangue e violenza, urla di dolore e rabbia, ammonizioni e soccorsi medici, rimane deluso. Alla tecnica, l'astuzia e la destrezza di Paolo Rossi, risponde la tecnica, l'astuzia e la destrezza di Totò Logozzo. Mai un fallo, mai un'ostruzione, mai una gomitata. Solo contrasti, anticipi, scatti. Non era un duello di spada, era una contesa d'amore.

E' già, perché i due contendenti sembravano davvero due innamorati. Il (nostro) appassionato Cavaliere Nero ad assalire con lusinghe e sguardi il talentuoso Cavaliere Bianco. Tutta l'arte della seduzione e del corteggiamento in quegli attacchi, in quei corpo a corpo delicati ma continui da una parte e quelle fughe, quel ritrarsi per poi cercarsi di nuovo, dall'altra. Sfuggire e rincorrersi, eludersi e ritrovarsi. Uno spettacolo, credetemi.

Il resto del campo era inutile, una commedia senza scena. I due portieri, imbarazzati testimoni di questa passione improvvisa - imbarazzati e inoperosi - aggiungo io, perché mai un tiro ha disturbato il loro interesse; e tutti gli altri a danzare e a piroettare intorno ai protagonisti, per esaltare la contesa, senza rompere l' incantesimo.

La partita, e il duello, finì alla pari, 0 a 0, senza vinti né vincitori, come era giusto che fosse. Non so se quel fidanzamento fu poi mai consumato negli spogliatoi ma è certo che durò poco. Forse solo un pomeriggio. Perché da allora, il nostro Totò, inorgoglito da tanta virilità e temperamento, fece strage di cuori tra gli attaccanti avversari e disputò il più bel campionato della sua carriera. Certo, in giro non avrebbe trovato più tanti Paolo Rossi, ma lui, che aveva imparato a combattere di spada e di fioretto, a tirare mazzate e a recitare «Romeo e Giulietta», ora sapeva perfettamente come domare gli avversari.

C'è la stessa dignità, nel mondo reale, in chi deve difendere e in chi deve attaccare. Ci vogliono Cavalieri Bianchi e Cavalieri Neri per vincere le partite difficili. E ci vorrà una grande difesa, domenica prossima, per avere ragione del nostro vicino di casa. Speriamo che il talento e la destrezza che resero protagonista indiscusso il nostro Totò allora, forgi il cuore dei nostri paladini che giocano dietro. E' da lì che si vincerà o si perderà la partita. Come molte volte nella vita.


Massimo

[Leggi la scheda di Antonio Logozzo]



Hellastory, 26/02/2004

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

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