
Dossier 2024/2025

La freddezza dei numeri a volte soddisfa, a volte no, e non dipende solo dal risultato che misurano, ma dalla cifra che rappresentano in termini di aspettative. Se 37 punti e il 14° posto sono numeri che hanno un significato preciso, ovvero quello della salvezza del Verona, soddisfacendo in termini di obiettivo raggiunto, lo stesso non si può dire rispetto a come, in termini di qualità, questa cifra sia stata conquistata. La freddezza dei numeri ha peraltro una forza persuasoria notevole, tanto che è bastata una partita, una vittoria, l'ultima, per trasformare i pesanti patemi della vigilia ("se ciapemo gol l'è finia, non recuperemo più, bisogna sperar nela Lazio e ne l'Atalanta") nella crassa soddisfazione del senno di poi ("ben dai, ala fine l'è ‘ndà come se savea, meritavene mia la serie B"). Infatti, abbiamo vinto ad Empoli e siamo salvi.
Il lieto fine, dopo un campionato difficile da decifrare al netto dei numeri e delle statistiche, è arrivato quantomeno con la dignità di averlo guadagnato sul campo, senza aiuti "esterni" legati alla cabala di fine stagione, quando ogni pronostico perde di affidabilità e può succedere di tutto, come difatti è stato. Del resto, pur considerando che anche un pareggio (numeri alla mano il risultato più difficile da ottenere per il Verona di Zanetti) sarebbe stato utile alla causa, in caso di sconfitta, proprio per l'inattendibilità dei pronostici di cui sopra, ci saremmo dovuti pappare un secondo spareggio in tre anni, francamente troppo anche per coronarie ben temprate come le nostre. Invece ad Empoli fila tutto liscio e ci portiamo a casa vittoria e salvezza. Per quanto mi riguarda, e mi riallaccio alla riflessione iniziale, sono sincero, le cose positive della stagione 2024-'25 finiscono qui, nel lieto fine di una domenica sera passata in autostrada ad ascoltare "tutto il calcio minuto per minuto" col sapore amarcord di tanti campi collegati insieme e quelle interruzioni di voci sovrastate dal boato degli stadi in occasione dei gol. E il mio boato in solitaria al gol di Bradaric. Per trovare qualche spunto di – moderata - serenità devo pensare al futuro, ché il prossimo sarà il settimo campionato di serie A consecutivo (roba che non si vedeva dai tempi di Bagnoli), il 35° di sempre che rinforza la quindicesima posizione del Verona nella classifica perpetua della massima serie a girone unico e che, in un'ottica spaventosamente azzardata, considerando che l'attuale età media del maschio italiano si attesta attorno agli 81 anni, potrei lasciare questo mondo sempre più triste e inospitale mentre il Verona disputerà il 61° torneo di serie A e, nel frattempo chissà, avremo messo in bacheca almeno una Coppa Italia e qualche trasferta europea. Ecco, sono ridotto così...
Il Verona 2024-'25 non mi è piaciuto. Niente di personale con Sogliano, ci mancherebbe altro, ha fatto la storia recente del Verona, merita stima e rispetto incondizionato, spesso è stato in odore di santità e pure ‘sto giro è riuscito ad imbandire una cena dignitosa con pochi spicci mettendo in tavola una rosa che, a mio avviso, non era malvagia e si poteva chiudere in anticipo il discorso salvezza con qualche punticino in più. Niente di personale nemmeno contro Paolo Zanetti, personaggio genuino che si incastra bene nell'ambiente veronese, ma che sotto il profilo della gestione tecnica e psicologica della squadra, non può essere esentato da critiche, per quanto, visto il lieto fine, più di tanto non si possa obiettare nemmeno al mister di fronte alla freddezza dei numeri. Da tifoso però non posso accontentarmi del risultato in una stagione in cui le partite ben giocate si contano sulle dita di una mano e parecchi punti sono arrivati grazie a situazioni particolarmente favorevoli e circostanze indipendenti dalla qualità del gioco, mentre le prestazioni inguardabili, senza gioco, senza mordente, senza un senso logico in campo si sono sprecate. Non ho il palato fine, tra le ostriche e lo sgombro con la cipolla mi prendo volentieri il secondo, tifo Verona da sempre e conosco il valore della sofferenza, il tanfo della serie C e tutto il resto del corollario triste che ben conosciamo. Quindi non credo proprio di essermi imborghesito, non pretendo il bel gioco, sennò tiferei altro, ma almeno quel livello minimo vitale di intensità ed impegno sotto al quale si fatica anche a calciare nei campi parrocchiali.
Per me uno dei più brutti Verona che ho visto in oltre 40 anni da tifoso. Poi tutto è soggettivo e ci sta che altri abbiano vissuto la stagione in modo diverso.
È stato un Verona privo di identità prima ancora che di gioco, una squadra caratterialmente forse non fragile, ma confusa e insicura, in grado di cambiare volto da partita a partita e anche nella stessa gara. Una squadra imprevedibile, più nel male che nel bene, con grosse difficoltà a creare occasioni da gol e, spesso, grosse difficoltà a contenere l'avversario, soprattutto nel girone di andata. Nella seconda parte di stagione, in qualche modo, grazie anche all'inserimento di Valentini, alla fiducia concessa a Ghilardi e alla crescita di Coppola tornato ai buoni livelli dello scorso campionato, la fase difensiva è stata un po' rettificata e siamo riusciti a gestire meglio il reparto. Il centrocampo ha fatto il bello e il cattivo tempo: quando Duda e compagni hanno preso in mano la situazione, contrastando, recuperando palloni e tenendo alta la tensione sui portatori di palla avversari, ce la siamo giocata, purtroppo però ci sono state gare in cui tutto il reparto è risultato in difficoltà, senza un assetto ordinato, saltato con facilità e impreciso nelle ripartenze e nel gestire la palla. In attacco gli schemi sono stati la palla lunga per gli attaccanti, smistata spesso da piedi poco avvezzi alla precisione, o il contropiede. Possesso palla nella metà campo avversaria ne abbiamo visto poco, imbucate palla a terra ancora meno. Lo schema più efficace alla fine si è rivelato il catenaccio con le ripartenze, anche se l'impressione è che le segnature talvolta siano state più un merito del gesto singolo che di veri e proprio schemi tattici. Oltre ad un possesso palla attestatosi mediamente attorno al 30%, un altro dato che emerge dalle statistiche finali è che abbiamo fatto più punti fuori che in casa. Non che il Bentegodi sia mai stato il fortino inespugnabile che tutti vorremmo, soprattutto negli ultimi anni, tuttavia, risulta chiaro che il Verona ha avuto grossi problemi quando si è trattato di fare la partita, e questo, a mio avviso, è stato più un problema di assetto e di carattere che di qualità tecnica della rosa a disposizione.
Nonostante tutto però sono arrivate 10 vittorie, alcune anche prestigiose contro Napoli, Roma e Bologna, a fronte di alcune imbarcate imbarazzanti e di tante gare anonime, tristi, con il finale già scritto dopo aver subito un gol. Dopo queste considerazioni che sicuramente qualcuno leggerà come troppo severe, ma che, ribadisco, mi riservo di esprimere con il beneficio della soggettività, andiamo con ordine a ripercorrere la stagione.
Dopo l'addio di Baroni, finalmente (per lui) chiamato a guidare una squadra di fascia alta, arriva Paolo Zanetti, un passato da centrocampista arcigno e un presente da allenatore in chiaroscuro con buoni risultati a Venezia ed Empoli dove però è finito in entrambi i casi esonerato. Vicentino di Valdagno, Zanetti non nasconde la soddisfazione di poter allenare il Verona. Genuino, sanguigno, di poche e semplici parole, alter ego del misurato e verboso Baroni, instaura subito un buon rapporto con la tifoseria. Sul fronte del mercato, Sogliano parte dalle conferme di Montipò, Coppola, Magnani, Dawidowicz, Duda, Suslov, Tchatcioiua, Serdar, Belahyane (che farà subito mercato da plusvalenza a gennaio) e Lazovic; dai prestiti tornano Faraoni (che verrà poi impiegato molto poco da Zanetti e non è chiaro se per problemi fisici o scelta tecnica) e il giovane Ghilardi che diventerà una pedina importante della difesa nella seconda parte della stagione. In gialloblu, a vario titolo, arrivano scommesse da mezzo mondo: per la difesa Bradaric, Frese, Daniliuc, Oyegoke; a centrocampo Kastanos e Harroui; gli attaccanti Livramento, Mosquera, Sarr e Tengstedt. Altri nomi rimangono buoni per gli annali ma in campo visti poco o niente.
L'inizio ufficiale di stagione è un pianto di stelle, e non solo perché è il 10 di agosto ed è dalla terza elementare che ad ogni 10 di agosto mi sovviene il pianto di stelle che inonda quest'atomo opaco del male di pascoliana memoria, ma perché i romagnoli del Cesena, modesta compagine di serie B, vengono a buttarci fuori dalla coppa Italia, facendo suonare tutti i campanelli d'allarme possibili circa lo stato di forma generale del nostro Verona. Dietro l'angolo, subito dopo ferragosto, arriva il Napoli di Antonio Conte e il risultato sembra già scritto. Invece il Verona inaugura il campionato con una sonora vittoria per 3-0. Dopo un primo tempo un po' in affanno, con gli ospiti a fare la partita, nella ripresa il Verona le azzecca tutte, complice un evidente calo psicofisico dei partenopei, e vince in surplace. Non è purtroppo la prova generale di un campionato di alta classifica, per quanto una certa dose di illusione, nemmeno troppo sottaciuta, in settimana inizi a serpeggiare tra i tifosi, bensì l'inizio di una serie di alti e bassi, anche clamorosi, che caratterizzeranno tutta la stagione. La settimana dopo arriva a Verona la Juventus e la regola del 3 inaugurata con il Napoli si conferma, solo che ad uscire con 3 pere al passivo stavolta è il Verona. Alla terza si va a Marassi dove giochiamo benino e siamo anche fortunati, tant'è che portiamo a casa un'ottima vittoria e la posizione in classifica, per quanto si commenti solo la terza giornata, rinvigorisce gli afflati illusori. Il piazzamento in zona Europa dura poco: arrivano infatti 3 sconfitte di fila, contro Lazio, Torino (che al Bentegodi continua a purgarci spesso e volentieri) e a Como. Il Verona mostra qualche buon guizzo, ma nel complesso la squadra risulta insicura, sfilacciata e troppo molle soprattutto in difesa. Alla vigilia del derby contro il Venezia, alla settima giornata, iniziano i primi rumors circa l'ultima spiaggia per Zanetti. Contro gli arancioneroverdi di Di Francesco giochiamo una gara modesta, ai punti gli ospiti sono più convincenti ma sbagliano troppo e dobbiamo pure ringraziare il loro portiere, tale Joronen, che si tira dentro un cross da calcio d'angolo e lo trasforma in gol. Zanetti è salvo. Il turno successivo ce lo giochiamo ancora in casa, contro un Monza in crisi societaria e di risultati, ultimo in classifica e con la casella delle vittorie in campionato ancora intonsa. Il Verona se la gioca bene, per larghi tratti è padrone del campo ma non punge, non riesce a sbloccarla e poi, come nella migliore tradizione del calcio, finisce col perderla, e anche male: alla fine il Monza vince per 3-0. Il calendario prevede poi una impegnativa trasferta a Bergamo dove il Verona non si presenta. La cronaca narra che a fare da sparring partner alla compagine di Gasperini andranno delle comparse che, alla fine, solo grazie alla poca sportività dei bergamaschi che ad un certo punto si fermano e si limitano a palleggiare fino al triplice fischio, torneranno a Verona con una sconfitta per 6-1 sul groppone. Certo, fa male perdere così, ma il divario e le ambizioni tra le due squadre sono così evidenti che alla fine, razionalmente, ci può anche stare. Non ci sta però l'arrendevolezza con cui ci si lascia prendere a pallonate senza riuscire a mettere in campo nemmeno un tentativo di reazione. Perdiamo poi anche a Lecce, dove giochiamo male, lottiamo poco, e una volta preso il gol si capisce che si torna ancora a casa a mani vuote. Stavolta i rumors sull'ultima spiaggia di Zanetti si fanno più insistenti e, anche se in società sembrano farli sottovoce, tra i tifosi, finita del tutto l'illusione dell'esordio e messa da parte la simpatia per la veracità del mister vicentino, si cominciano ad accostare al buon Paolo epiteti piuttosto pesanti. In un momento cruciale, pur non sovrastando un avversario in crisi ma ricco di talenti in grado di risolvere in ogni momento la gara, il Verona di Zanetti cambia ancora faccia e, senza strafare ma gestendo bene occasioni e gioco, porta a casa il quarto successo della stagione battendo la Roma per 3-2.
Torniamo in carreggiata? Ma neanche per sogno: le prendiamo a Firenze, dall'Inter (che a Verona ne fa 5), dal Cagliari e poi anche dall'Empoli che ci umilia al Bentegodi per 4-1. La classifica si fa preoccupante, ma ancora più preoccupante è l'assenza di gioco e di identità del Verona. La trasferta di Parma rappresenta la terza ultima spiaggia per Zanetti. È opinione diffusa che Sogliano abbia già sul taccuino il nome del sostituto. A Parma il Verona disputa una delle migliori partite del torneo e si torna con la quinta vittoria (3-2), si ossigena la classifica e si salva ancora la panchina di Zanetti. Giochiamo dignitosamente anche in casa con il Milan, ma basta poco per infilarci e davanti non riusciamo ad imbastire più di tanto, il risultato lascia comunque l'amaro in bocca perché il Verona sembra in crescita e un pareggio ci poteva anche stare. All'antivigilia di capodanno andiamo a vincere a Bologna. Come a Parma, ci imponiamo per 3-2 finalizzando al meglio le occasioni. Grazie all'imprecisione dell'attacco bolognese e alla vena di Montipò, teniamo botta e portiamo a casa 3 punti preziosi. Il successivo pari interno contro l'Udinese, all'ultima di andata, primo nullo della stagione, viene accolto positivamente: il Verona non segna ma tiene anche la porta inviolata, segno che la squadra si sta inquadrando e riesce a gestire meglio le gare. Il girone di andata si chiude con il Verona virtualmente salvo, al quindicesimo posto, con 19 punti (ben 5 in più del campionato precedente), situazione in linea con l'obiettivo. Da segnalare che l'attacco, pur non brillando, vede in Tengstedt, con 6 gol all'attivo, il suo miglior realizzatore: il giocatore danese si infortunerà a fine gennaio, contro il Venezia, non riuscendo poi a recuperare del tutto e, in pratica, a parte qualche sporadica presenza in evidente affanno, non sarà più titolare per il resto del campionato, la sua assenza peserà non poco in quanto nessuna delle punte che andranno a sostituirlo riuscirà a dare consistenza al reparto avanzato. Il girone di ritorno inizia comunque con dei buoni auspici visto il trend positivo delle ultime gare, con la speranza che col mercato di riparazione, la squadra si rinforzi, speranza alimentata dal fatto che, a metà gennaio, Setti lascia la presidenza del Verona a Italo Zanzi cedendo il pacchetto di maggioranza della società Hellas Verona al fondo di investimento texano "Presidio". Il passaggio di consegne è già stato ampiamente affrontato dalla stampa e anche sul nostro sito, in questa sede lo cito più per l'importanza storica (fine dell'era Setti ed inizio di un nuovo corso inedito sotto vari punti di vista) che per le conseguenze sul campionato in corso, considerato che in pratica la nuova proprietà è rimasta sobriamente dietro le quinte, limitandosi alla presenza, discreta, di Zanzi e a saltuarie comunicazioni di servizio. Il mercato di gennaio, condotto da Sogliano con le stesse modalità (e le stesse finanze) degli ultimi anni, porta a Verona il difensore argentino Valentini, che si rivelerà pedina importante per rafforzare le retrovie, e qualche giovane promessa che, a conti fatti, non troverà molto spazio, come Bernede e Niasse.
Il girone di ritorno inizia con due gare difficili: Napoli e Lazio. Le perdiamo entrambe come da copione. Risultano ben più importanti le trasferte di Venezia e di Monza, contro dirette concorrenti. Al Penzo finisce pari e patta, il Verona non sfigura ma non morde. In Brianza, contro una squadra già virtualmente in B, non bisogna sbagliare e, pur senza strafare, non sbagliamo portando a casa un'importante vittoria di misura. Con l'Atalanta in casa finisce in goleada, per i bergamaschi ovviamente, troppo il divario, mentre a San Siro, contro il Milan, perdiamo 1-0 uscendo con l'amaro in bocca. È un Verona pratico, ruvido, che, Atalanta a parte (da segnalare che 11 gol presi da una singola squadra in campionato sono un record negativo per il Verona, così come 6 gol da un singolo giocatore, Retegui, che vince la classifica cannonieri con il 25% di gol segnati al Verona...) si conferma più solido in difesa e porta a casa un'altra vittoria, per la verità sofferta, contro la Fiorentina, battuta 1-0 al Bentegodi. Arrivano poi altre 2 sconfitte: allo Stadium si lotta e sul finire del primo tempo ci godiamo pure uno spettacolare gol di Suslov viziato purtroppo da un precedente fuorigioco, per poi capitolare nella ripresa dopo i continui assalti della Juve; al Bentegodi contro il Bologna perdiamo invece 2-1. La classifica vede il Verona galleggiare sempre sopra il livello di guardia, tuttavia, la concorrenza in zona calda è piuttosto serrata, con il solo Monza staccato in fondo alla graduatoria e il Como che pian piano inizia a muoversi vero il centro-classifica. Oltre al Verona, si giocano la permanenza in A Empoli, Venezia, Parma, Cagliari e Lecce. La trasferta di Udine, con i bianconeri già salvi ma sempre pericolosi, si risolve con una vittoria di misura grazie ad una splendida punizione di Duda. L'obiettivo si avvicina, il calendario offre buone possibilità di fare punti, ma ne raccogliamo meno di quelli auspicabili, arrivano infatti 3 pareggi di fila: un deludente reti bianche contro il Parma in casa, un buon punto a Torino dove si poteva anche osare di più, e un altro deludente 0-0 al Bentegodi contro un Genoa già salvo. Mancano 6 gare alla fine e la salvezza è ancora tutta da conquistare. Perdiamo a Roma, e anche se termina solo 1-0 per i giallorossi, l'impressione è quella di averla già data per persa prima di scendere in campo, forse perché la testa è già alla successiva, contro il Cagliari, in casa. Con 3 punti il Verona staccherebbe i sardi e si porterebbe a 35 punti mettendo in cascina la salvezza, ma i gialloblu giocano una pessima gara mentre il Cagliari, messo in campo benissimo, tonico e preciso, coglie un successo meritato e ci sorpassa in classifica. Come a Roma, anche a San Siro contro l'Inter l'atteggiamento sembra quello della vittima predestinata e ai nerazzurri, certamente non brillanti, basta un gol per guadagnarsi la vittoria. Dopo il match point fallito contro il Cagliari, l'arrivo di un Lecce disperato al Bentegodi offre al Verona un'altra occasione per chiudere i conti. E il Verona fallisce anche questa, portando a casa uno striminzito pareggio dopo essere passato in svantaggio. Nel frattempo, Empoli, Venezia e Parma fanno punti e la situazione si ingarbuglia sempre di più. La difficoltà del Verona, che in difesa ha comunque trovato equilibrio, anche grazie alla copertura dei centrocampisti per un atteggiamento decisamente all'italiana, è la sterilità in attacco. Tolto Tengstedt, nessun altro giocatore riesce a creare spazi e ad arrivare con pericolosità alla conclusione, sia Sarr che Mosquera e Livramento (quest'ultimo più propenso ad agire di sponda), per quanto generosi, non riescono a pungere e spesso nemmeno a tenere la palla il tempo necessario per far salire la squadra.
Con il Como, che arriva da 6 vittorie consecutive ed è salito al decimo posto in classifica, soffriamo parecchio ma riusciamo a prendere un altro punto che ci permette di affrontare l'ultima di campionato a 34 punti ad una sola lunghezza dalla salvezza matematica, con il Lecce impegnato a Roma contro la Lazio, il Parma a Bergamo contro l'Atalanta e due risultati su tre disponibili ad Empoli dove andiamo a giocarci la permanenza in serie A. Com'è andata a finire è storia di ieri: Lecce e Parma vincono, ma vinciamo anche noi e rimaniamo in serie A a scapito dell'Empoli.
Così finisce il 34° torneo di serie A disputato dal Verona, 10 dei quali con Setti presidente. L'arrivo dei texani di Presidio ci mette nel gruppo, sempre più nutrito, dei club di proprietà di fondi di investimento esteri, vertici finanziari impalpabili che si avvalgono di figure di rappresentanza investite di ruoli storicamente appannaggio di presidenti che incarnavano, spesso in simbiosi con squadra, società e città, il ruolo di "capo", padrone unico e indiscusso della squadra e del suo destino. Setti è stato l'ultimo di una serie che ha visto in Garonzi, in Guidotti e, per passione e stravaganza, Arvedi, le figure più amate. Quel mondo, quel calcio, quei tempi sono finiti e l'unica certezza che abbiamo in questo momento è che qualcosa cambierà, in che modo e in che misura ancora non è chiaro: di certo finora non ci sono stati stravolgimenti evidenti, questi texani non sembrano avvezzi all'esuberanza dei rodei.
Non riesco a immaginarmi il Verona di domani. Se venisse confermato Sogliano sarei sollevato, lo conosciamo e ci fidiamo, ma sui risultati poi molto dipenderà da quanto riusciranno a investire i nuovi vertici, perché se la strategia sarà ancora quella di rifare ogni anno la squadra con prestiti e scommesse, puntare unicamente sulle plusvalenze per le disponibilità di cassa e affidarsi al fiuto di Sogliano, allora cambia nulla, anzi. Ma se a Sogliano concedono un dignitoso portafoglio possiamo bene sperare. Se venisse confermato Sogliano probabilmente resterebbe anche Zanetti che, lo ribadisco, non mi ha convinto nonostante abbia raggiunto l'obiettivo ma, di fronte ad una campagna acquisti condotta con più risorse e secondo un progetto strutturato, potrebbe sicuramente smentirmi. Se invece la nuova società cambierà tutto, possiamo solo aspettare e giudicarne sul campo le scelte. Nei prossimi giorni, sicuramente, avremo le prime risposte.
Nel frattempo, Forza Verona!
Davide
Hellastory, 04/06/2025


LA GUERRA DI TRINCEA HA FUNZIONATO
Il confronto diretto del Verona con l'Empoli è la sintesi di questo girone di ritorno. Una squadra rognosa la nostra, difficile da affrontare, disposta a concedere pochissimo all'avversario di turno. Sulla salvezza, onestamente, ero abbastanza sereno. Troppe combinazioni negative si sarebbero dovute verificare contemporaneamente. Ma vincere ad Empoli non l'avevo proprio messo in conto. Sogliano conquista la sua terza salvezza consecutiva. Era stato chiaro, durante la settimana: mentre altri fanno le celebrazioni per lo storico scudetto (che Dio benedica quegli eroi!), e altri ancora si lasciano andare a fantasie intorno ad un nuovo stadio (a questo punto, ipotizzo di proprietà), noi dobbiamo pensare unicamente alla salvezza. E non è affatto vero che tutto, nel mondo del calcio, sia scontato o già scritto in partenza: la Lazio, che aveva imposto il pareggio all'Inter in casa sua, non è riuscita a battere il Lecce all'Olimpico pur giocando un tempo intero in superiorità numerica. Perdendo, di conseguenza, anche l'opportunità di un piazzamento nelle coppe europee. Per non parlare del tracollo interno dell'Atalanta, evidentemente sazia, ad opera del Parma capace di fermare prima il Napoli campione d'Italia e di ribaltare il risultato a Bergamo nel secondo tempo. Ma anche il successo dei nostri ragazzi ha dell'incredibile vista la stanchezza emotiva con la quale sono arrivati a giocarsi la partita.
[continua]





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