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CINQUE «VERONESI» AL MUNDIAL


CINQUE «VERONESI» AL MUNDIAL
CINQUE «VERONESI» AL MUNDIAL

E' la primavera di vent'anni fa. Si chiude mestamente il Campionato di Serie A 1985/86 giocato dall'Hellas con lo scudo sul petto. Le crude statistiche lo piazzano al 10° posto, a soli cinque punti dalla zona retrocessione. Si paga, in questo modo, una campagna acquisti «sballata» a causa anche delle pressioni della Juventus, che riesce a scaricare Vignola in cambio di un robusto pacchetto di miliardi. Qualche responsabilità ce l'ha anche Bagnoli, cambiando il modulo di gioco (vuole applicare la zona), ma l'operazione si rivela subito infelice e si ritorna all'antico.

Sicuramente da ricordare, nell'annata, la partecipazione alla Coppa dei Campioni: l'aver espugnato Salonicco ed essere stati estromessi nella maniera che tutti sappiamo, non è assolutamente motivo di demerito.

Ma la stagione, per alcuni dei nostri giocatori più rappresentativi, non è finita. E' alle viste un'appendice di fatica, la più affascinante per un calciatore: la partecipazione alla fase finale dei Campionati del Mondo. Ci aspetta il Messico, sedici anni dopo la mitica estate del 1970.

Ed ecco rispondere presente, alla chiamata di Enzo Bearzot: Di Gennaro, Galderisi e Tricella, che già un anno prima, assieme a Fanna, freschi di scudetto, parteciparono a una tournée pre-mondiale, proprio in Messico.

Dal canto suo, Sepp Piontek, allenatore della Danimarca, non può rinunciare ai gol di Elkjaer e «Kaiser» Franz Beckenbauer, che all'epoca non possedeva nemmeno il patentino di allenatore, convoca Briegel.

E' la prima volta che un gialloblù passa direttamente dal Bentegodi alla vetrina iridata.

Nell'analizzare il comportamento dei magnifici cinque, non possiamo non partire dal Trice: lui è la riserva di Scirea, quindi fa il turista a tutto tondo, non gioca nemmeno un minuto, ma sarà di grande aiuto, con la sua saggezza, a rincuorare e sostenere i compagni in difficoltà.

Di ben altro tenore il mondiale del Nanu. Nelle intenzioni del mister, Galderisi corrisponde all'alter ego di Rossi, la sua alternativa più logica per analogia di gioco e qualità innate. Le condizioni di Pablito, piuttosto deficitarie, lo lanciano titolare e sarà lui a «incrociare» con Spillo Altobelli nelle quattro partite disputate. Non segnerà alcun gol e verrà sostituito da Vialli nei minuti finali contro la Corea del Sud e dopo il gol di Stopyra nell'ottavo di finale perso contro la Francia. Chiuderà qui la sua carriera in Nazionale.

Ed ecco il Dige. Dice di lui Bearzot: «Di Gennaro è cresciuto di pari passo con il suo Verona, acquistando maturità ed esperienza in un ruolo difficile, a dirigere il «traffico» del centrocampo. In Nazionale ha saputo inserirsi con autorità e in Messico, nella tournée del giugno scorso (n.d.r.: 1985), ha capito in fretta l'esigenza di far correre il pallone più delle gambe: come impone il «calcio in altura» che richiede molta misura nei passaggi e nel dosaggio delle forze per evitare recuperi affannosi che ti lasciano senza fiato».Parte anche lui titolare contro Bulgaria, Argentina e Corea del Sud, ma viene inopinatamente escluso contro la Francia per lasciar posto a Beppe Baresi che deve marcare Platini. E proprio da un errore dell'interista, che tenta un dribbling aereo su «le roi», nasce il primo gol dei galletti. Dige gli subentrerà all'inizio della ripresa, ma tutto sarà inutile, la partita è ormai compromessa e il gol di Stopyra (come detto sopra) sancirà la nostra eliminazione dai Mondiali. Anche per lui sarà l'ultimo gettone in maglia azzurra.

La stessa sorte tocca alla Danimarca di Preben, che non andrà oltre gli ottavi di finale, ma lascerà ben altro ricordo, rispetto agli azzurri, soprattutto per quanto fatto vedere nella prima fase del Mundial. E' la Nazionale anche di Michelino Laudrup «il Maradona bianco», di Berggreen, di Morten Olsen che oltre alle qualità dei singoli, ha un'ottima manovra collettiva e nessun punto debole. La prima partita è contro la Scozia ed Elkjaer la castiga (1-0), ne segna addirittura tre, contro l'Uruguay, in un 6-1 memorabile e contribuisce, senza gol, a metter sotto anche la Germania Ovest (2-0) in un incontro orfano di Briegel. Le prime pagine dei quotidiani messicani sono tutte per lui, in quel periodo, con la sua grinta e i suoi gol ha saputo ravvivare le prime fasi di una competizione partita un po' stancamente. Nel successivo incontro con la Spagna, dentro o fuori, i danesi aggrediscono subito in forcing e passano in vantaggio. Senza nessun calcolo continuano ad attaccare e vanno ad infilarsi sul micidiale contropiede spagnolo. E' il gran giorno di Butragueno, che firma quattro dei cinque gol con cui le furie rosse chiudono il conto. Il nostro fa soffrire e sbuffare il rude Goicoechea, che alla fine riuscirà a domarlo e andrà anche a segnare, sia pure dal dischetto. Preben chiude l'avventura con quattro gol in altrettante partite.

E chiudiamo col Panzer. Briegel è il vero trascinatore della Germania «sturm und drang» che riuscirà ad arrivare alla finalissima con l'Argentina di Maradona.

Dopo una prima fase letargica o quasi (fa eccezione solo la vittoria con la Scozia), c'è da affrontare negli ottavi la rivelazione Marocco. Finisce con un successo faticoso a pochi minuti dal novantesimo propiziato da Lothar Matthaus. Nei quarti se la vedono con i messicani, padroni di casa, e passano solo ai rigori. La semifinale con la Francia è partita drammatica. Subito in gol con Brehme, riescono a contenere il ritorno dei «coqs» e a beffarli al penultimo minuto, con Voeller.

E così, il 29 Giugno 1986, allo stadio Azteca di Città del Messico si arriva al grande scontro. Brown e Valdano portano sul 2-0 gli argentini, ma la Germania non si dà per vinta, sfodera tutta la sua grinta e in poco tempo va a segno due volte, con Rummenigge e Voeller. Ma bastano solo tre minuti ai biancocelesti per riprendere le redini della partita e farla sua: il gol vincente è del bravo Burruchaga. Il suggerimento, manco a dirlo, di Maradona.

L'Argentina è Campione del Mondo.

Non so se arriveranno altri gialloblù a questi livelli, questi erano sicuramente tosti, come lo era l'Hellas vent'anni fa.

Buon Mondiale a tutti.

CARLO



Hellastory, 01/06/2006

MASTER OF NONE


L'inizio del terribile calendario di febbraio offre un paio di impressioni a caldo: 1) che il Verona è vivo e combatte, 2) che però è stato indebolito in attacco dal mercato di gennaio perché giocatori come Ngonge e Djiuric non sono facili da sostituire. A bocce ferme, quindi con maggior consapevolezza, possiamo invece realizzare che nel corso di gennaio abbiamo assistito a 3 eventi importanti, 2 dei quali francamente inusuali. In primo luogo, l'importante cessione di talento finalizzata a sistemare i conti societari. In secondo luogo, una serie di operazioni di mercato volte essenzialmente a lasciar andare quei giocatori che non si sentivano più parte del progetto. In terzo luogo, la bocciatura del sequestro delle azioni del Verona in sede di appello. Se però i primi due li abbiamo metabolizzati dal punto di vista affettivo oltre che tecnico costringendo i tifosi ad affidarsi completamente alla bontà del lavoro di Sogliano e Baroni e alla speranza che i nostri avversari non si siano adeguatamente rinforzati nel frattempo, il terzo apre a scenari che non riusciamo a valutare nella sua complessità.

[continua]

Qual è stato il miglior gialloblu in campo in

Atalanta-H.Verona?



Atalanta    H.Verona


Bonazzoli F.

Cabal J.

Centonze F.

Coppola D.

Dawidowicz P.

Folorunsho M.

Lazovic D.

Magnani G.

Mitrovic S.

Montipò L.

Noslin T.

Silva D.

Suslov T.

Swiderski K.

Tchatchoua J.

Vinagre R.


 


Riepilogo stagionale e classifica generale




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