Devo essere sincero, venerdì scorso, in occasione di Catania-Verona, avevo pronosticato una sicura vittoria degli etnei, come parecchi di voi, mi pare. Sarebbe stata la quinta sconfitta consecutiva e il dato cominciava ad essere interessante ai fini statistici. Tempi di vacche magre, pensavo, e di record negativi. E ho cominciato a scartabellare almanacchi alla ricerca di sequenze altrettanto penose.
Non ho dovuto andare tanto indietro nel tempo: cinque anni fa, proprio in questo periodo, il Verona di Perotti, che si salverà nello spareggio di Reggio Calabria, aveva inanellato una cinquina niente male, buscandole nell'ordine da Roma, Juventus, Brescia, Reggina e Milan. Ad onor del vero, per trovare un filotto analogo bisogna risalire al 1964/65, serie B, ai tempi di Joan e Maschietto, quindi un considerevole salto a ritroso. Ma c'è un anno, l'ultimo di Garonzi, 1978/79, quello della retrocessione (7 partite di seguito, tutte perse, 0 gol all'attivo e 13 reti subite), che rappresenta la serie di sconfitte più lunga dal 1929/30 ad oggi.
Poi Pegolo ha parato tutto quello che c'era da parare e s'è pareggiato (meno male) e la mia ricerca, a quel punto, non aveva più gran senso, ma ormai l'avevo fatta e ve l'ho presentata.
Un dato importante però è emerso, e da qui il titolo. C'è stato un periodo, a cavallo dei due campionati di serie A 1971/72 e 1972/73 in cui il Bentegodi, per un intero anno, non ha applaudito una vittoria della squadra di casa.
Precisamente dal 26/03/1972 (3-2 con la Sampdoria) al 25/03/1973 (1-0 con la Ternana). In mezzo 12 incontri, con 10 pareggi e 2 sconfitte. Mi sembra un'astinenza abbastanza rimarchevole: 364 giorni. Consoliamoci, al momento siamo solo a 103.
Ho scovato, a tal proposito, una pubblicazione di quegli anni che commenta questa situazione. L'ha realizzata Giancarlo Ravazzin, autore cabarettista che ora vive a Milano, della famosa famiglia veronese legata particolarmente al mondo del teatro e della musica:
«Il capo d'imputazione è noto: il signor Bentegodi Marcantonio, di professione stadio comunale, è accusato di omissione di vittoria continuata con l'aggravante della recidività. Secondo gli atti dell'istruttoria risulta infatti che il suddetto stadio, dopo la vittoria del 26 marzo 1972 (3-2 con la Sampdoria), ha lasciato passare un anno, per l'esattezza 364 giorni, prima di decidersi ad imporre il suo diritto, anzi dovere, del fattore campo. In questo intervallo di tempo, assolutamente inconcepibile e decisamente disdicevole per il buon nome del suddetto Bentegodi, sono passate tranquillamente ben dodici squadre: alla tredicesima (la Ternana) ha fatto fortunatamente lo sgambetto Zigoni, mettendo fine a questo sconcio! Persino la signorina Giulietta, rigirandosi nella tomba, non riusciva a darsi pace e commentava: «Nello stadio di Romeo, fanno tutti… marameo!».
«Garonzi poi, se non fosse stato per via degli incassi (ottimi e abbondanti!), avrebbe fatto giocare tutte le partite in trasferta o in campo neutro, visto che le uniche vittorie arrivavano proprio fuori casa. E volendo avrebbe potuto benissimo far addirittura chiudere il Bentegodi diventato, a forza di concessioni e di compiacenze, autentica casa di… tolleranza! Ma don Saverio è buono, perdona e soprattutto si preoccupa dei suoi abbonati; magari sono gli abbonati che non si preoccupano di Garonzi e rispondono all'appello con la consueta tiepidezza. In ogni caso l'imputato Bentegodi, avendo dimostrato buona condotta (contro il Milan!), viene per questa volta assolto per insufficienza di prove (positive). Resta peraltro inteso che qualora il suddetto Bentegodi dovesse insistere nella sua politica anti-Verona verrebbe dato in pasto alle… Brigate Gialloblù!»
L'ho riportata testualmente, anche per far capire come sarebbe bello, anche oggi, parlare di calcio in maniera scanzonata, senza prendersi troppo sul serio… ma forse erano altri tempi.
CARLO