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PROSSIMO IMPEGNO
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PESCARA AMARA - 13 GIUGNO 2010
Dieci anni fa esatti, ce lo ricorda l'Almanacco di Hellastory, l'Hellas Verona si giocava, sul campo di Pescara, la promozione in serie B al termine di uno dei campionati più assurdi dell'intera storia gialloblù. Al terzo anno consecutivo di Lega Pro (o serie C che dir si voglia), la squadra di Remondina era riuscita a dilapidare nel volgere di poche settimane un vantaggio di 7 punti sulla seconda, fino a cedere di schianto in dirittura di arrivo. Il carneade Portogruaro aveva espugnato il Bentegodi, in un autentico spareggio all'ultima di campionato, guadagnandosi la promozione ad un'effimera serie B. A distanza di 10 anni, la formazione granata, che arrivò al Bentegodi con il pazzesco seguito di circa 50 tifosi, milita in un più consono campionato di Eccellenza. Nonostante ciò, Riccardo Bocalon, giustiziere dell'Hellas in quella dannata partita, ancora aleggia spettrale negli incubi di tanti tifosi del Verona.
Silurato Remondina, passato alla storia più che altro per la multa inflitta alla società gialloblù in seguito alle pesantissime offese a lui rivolte dalla curva (tòsete scaveiòn), Vavassori era riuscito a tirar fuori da un gruppo ormai sbracato sul piano fisico le energie sufficienti e necessarie a superare il Rimini. Ben poca cosa, si potrebbe pensare, ma in realtà una grande impresa se si pensa che solo qualche settimana prima proprio a Rimini il Verona aveva abbandonato la vetta della classifica uscendo sconfitto per 3-2.
Col Pescara, nella finale dei playoff, occorreva vincere, dato che gli abruzzesi erano finiti secondi, davanti al Verona. Il 6 giugno, al Bentegodi, la gara di andata fra Verona e Pescara era terminata 2-2. Serviva quindi la vittoria a Pescara, per poter andare in serie B. Praticamente un miracolo, ma il gol di Dalla Bona a Rimini nell'andata delle semifinali aveva insegnato che si poteva anche vincere con il minimo sforzo.
Così, sabato 12 giugno 2010, con il webmaster Andrea partiamo per un lungo weekend. Sosta in Umbria il sabato, partenza per Pescara la domenica mattina, e in caso di vittoria il viaggio di ritorno è sub-iudice.
Tanto per ammazzare il tempo, il sabato sera lo trascorriamo alla Giostra della Quintana a Foligno. Tempo di sedersi e guardarsi attorno, e non possiamo che parteggiare per il rione Contrastanga dai colori gialloblù, che espone un agguerritissimo striscione “Dai Gianlù, cazzo!” . Capiamo ben presto che lo striscione, più che un incoraggiamento, era una pietra tombale sulle performance del fantino Gianluca, che esce di scena al primo turno dopo aver mancato 2 anelli su 2 ed avere infilato la corsia dei box contromano con il cavallo imbirrito da una folata di vento afrodisiaca. Andrea mi guarda sconsolato: “Cominciamo bene!”
Dovevamo capirlo da lì che non era weekend per i colori gialloblù. La domenica, dopo aver pranzato sul porto di Pescara, ci rechiamo allo stadio in versione agenti segreti, sgattaiolando in mezzo alla curva pescarese con l'aria di quelli a cui del calcio non gliene frega una Eva. In realtà non ce ne frega niente del Pescara, ma non ci preme sottolinearlo proprio sotto la Nord. Nella manovra di aggiramento dello stadio veniamo più volte approcciati dalle finestre dei palazzi vicini, qualcuno vuole comprare il nostro biglietto scambiandolo con un cucciolo di delfino ammaestrato. Rifiutiamo sdegnati.
Una volta mescolati finalmente ai butei, possiamo aprire le camicie e sciorinare i colori gialloblu insieme all'afrore della pelle sudata dopo la lunga passeggiata post prandiale. Tuttavia, non può essere che emaniamo tutto questo odore, manco non ci lavassimo da 3 mesi. No, in effetti il tanfo viene direttamente dalle gradinate dove, si fa presto a saperlo, gli ospitali pescaresi hanno pensato bene di riversare pesce marcio e di spalmare topicida sulle ringhiere. Un atto di benvenuto che finirà addirittura sul tavolo del Parlamento, oggetto di un'interpellanza.
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Lo stadio Adriatico è stracolmo di gente e di colori biancazzurri, ma in curva del Verona i 2mila circa danno battaglia e spettacolo. Però non c'è la stessa aria scanzonata della trasferta di Rimini: la posta in palio è troppo importante, non c'è appello, e bastano pochi minuti per capire anche che non c'è fiato in campo.
Il più pericoloso del Verona è Berrettoni, mal sorretto dagli evanescenti Ciotola e Colombo in avanti, e poco protetto da un centrocampo macchinoso, e non poteva essere altrimenti dato che le caratteristiche dei vari Esposito, Garzon e Russo non sono esattamente la corsa e la velocità.
Il primo tempo finisce con uno scialbo 0-0; nella ripresa, Massimo Ganci infila il pallone alle spalle di Rafael con un tiro da 25 metri, quello che Bruno Pizzul avrebbe chiamato tiro della domenica ma che, anche a distanza di 10 anni, ricordo come una mezza dormita di Rafael, partito chiaramente in ritardo.
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L'ultima mezzora di gioco è una lenta agonia, buona solo per registrare l'unico tiro degno di tal nome da parte del Verona, ad opera del subentrante Rantier che rileva l'ectoplasma di Ciotola. Palla alta e tutti a casa con il morale sotto i tacchi.
Andrea ed io ritorniamo alla macchina con una deviazione in spiaggia, dove dribbliamo le provocazioni di un bimbetto con la maglia di Ganci che cerca di farci il tunnel tra gli ombrelloni. Non servirà molto a tirar su il morale nemmeno la sosta ad Amatrice sulla strada di rientro in Umbria. Dieci anni dopo, quello spareggio perso assomiglia però molto al rito di propiziazione di una nuova stagione.
Da lì a qualche giorno, il toto-allenatore fra Scienza e Calori portò in riva all'Adige l'ex principe Giannini. Per vedere Mandorlini sedersi in panchina dovemmo invece attendere il mese di novembre, ma valse la pena di attendere, eccome.
Paolo
Alla fine, non è partito nessuno. O meglio, sono andati via quelli che a giudizio di Sogliano (e nella percezione di gran parte dei tifosi) avevano concluso il loro percorso sia tecnico che motivazionale con il Verona: Veloso, Ceccherini, Lasagna, Verdi, Tameze. Forse, l'unica rinuncia importante è stata Depaoli, ma il riscatto a 2,5 mln era eccessivo. Tanto vale allora puntare su un Tchatchoua qualunque e vedere come va. Di conseguenza, l'unica plusvalenza è stata Sulemana, in ottica restyling di bilancio al 30 giugno. Indubbiamente qualcosa è cambiato gli ultimi giorni. Il direttore sportivo, già contro la Roma giustificava la mancata rivoluzione di rosa promessa a Baroni, per «le difficoltà in uscita». Difficoltà che evidentemente sono venute a mancare a causa della fallita triangolazione Berardi > Juventus e Ngonge > Sassuolo e per la volontà, piuttosto evidente, di non rinunciare a Hien.
[continua]Qual è stato il miglior gialloblu in campo in
H.Verona-Bologna?
Riepilogo stagionale e classifica generale
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